“Giorgia Meloni può essere l’elemento che unisce, anche da un punto di vista umano e personale, differenti posizioni politiche che spesso ci sono in Europa”, dice Andrea Carteny, professore di Storia internazionale presso la Sapienza Università di Roma dopo la visita a Palazzo Chigi del premier ungherese
Ucraina, Medio Oriente, migranti e Ue sono i quattro macro temi al centro del vertice a Palazzo Chigi tra il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il primo ministro ungherese, Viktor Orbán. Non solo hanno discusso delle future prospettive delle relazioni bilaterali ma hanno anche avuto uno scambio di vedute sui principali temi dell’attualità internazionale, compresa una gestione efficace e innovativa dei flussi migratori. In agenda anche la novità finanziaria rappresentata dallo strumento europeo Safe, valutando possibili sinergie tra Italia e Ungheria a sostegno delle rispettive capacità industriali e tecnologiche.
MELONI TRAIT D’UNION
“Giorgia Meloni può essere l’elemento che unisce, anche da un punto di vista umano e personale, differenti posizioni politiche che spesso ci sono in Europa”, dice a Formiche.net Andrea Carteny, professore di Storia internazionale presso la Sapienza Università di Roma dopo la visita a Palazzo Chigi del premier ungherese. “Meloni – osserva – si è affermata come un punto di riferimento euroatlantico, come premier donna, come una personalità che, proveniente da uno schieramento conservatore, è stata aperta al dialogo e alla collaborazione anche su ambiti dove ci sono differenti sensibilità e posizioni politiche. Il tutto indubbiamente alla luce di un rapporto privilegiato con Trump.
Quindi possiamo dire che Meloni, sulla crisi internazionale e conflitto in Ucraina, tra Trump e Putin è sicuramente vicina alla Casa Bianca, mentre Orban vorrebbe svolgere un analogo ruolo di mediazione nella vicinanza a Putin, come ha scritto sui suoi profili social arrivando a Roma. Meloni si è staccata da questo tipo di terzietà perché fin da subito si è schierata decisamente con l’Unione europea e con la Nato, su delle posizioni nate anche dall’elaborazione politica di cui è stata capace a livello comunitario e atlantico. Mi riferisco all’elaborazione delle garanzie da articolo cinque senza l’adesione dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica. Ora siamo nella situazione in cui Trump ha alzato il tono nei confronti della Russia – che tende ad aprire tavoli di dialogo con gli Stati Uniti più per prender tempo che per adire a concreti cessate-il-fuoco – proponendo posizioni di embargo economico-commerciale ostativi alla Russia di Putin e sospendendo l’incontro di Budapest. L’annuncio di quest’ultimo aveva naturalmente suscitato un grande entusiasmo in Ungheria ma la sua sospensione adesso ha allarmato la leadership di Orban, che in questo momento ha come obiettivo di riportare il negoziato a Budapest anche attraverso un intervento di mediazione nei confronti dell’embargo sulla vendita di energia e di risorse russe, di cui l’Ungheria è tra l’altro un fruitore (e per questo è criticato da Washington)”.
IL RUOLO DI ORBAN
“Orban è da tempo un ‘maverick’ della politica internazionale: adesso è diventato un ‘outsider’ che rischia, di fronte alle ultime posizioni americane, di trovarsi a giocare fuori dal campo di gioco. Il leader Fidész continua ad avere un importante consenso in patria, anche se cresce l’insofferenza all’isolamento internazionale e a posizioni più ‘reazionarie’ che conservatrici, più vicine a Russia e Cina che ai partner (anche conservatori) europei. In questo quadro arriva agli incontri con il pontefice romano, ora Papa Leone ma anche con il predecessore Papa Francesco, con posizioni politiche nei confronti del fenomeno migratorio antitetiche rispetto a quelle della Chiesa cattolica, restando pur sempre in grado di portare a casa pragmaticamente il risultato di una visita di Stato a Roma”.
MELONI E IRAN
Qualora la nomina di Meloni a mediatrice con l’Iran sul dossier nucleare si concretizzasse, quale sarebbe il dividendo politico anche per l’Europa? “Ho sempre apprezzato – risponde – le posizioni di mediazione e l’Italia è sempre stato un Paese dedito ai tentativi di mediazione con l’obiettivo primo della difesa dei diritti umani prima di tutto in Iran, ma senza chiudere la porta ad un commercio che negli anni è stato importante, anche per molti altri Paesi europei. Nella marginalizzazione di Tehran e con l’imposizione dell’embargo, si è verificato un ulteriore isolamento del regime degli Ayatollah che ha portato a un’ulteriore recrudescenza a livello di diritti umani e civili. In questo senso una leader donna come Giorgia Meloni, nel suo presentarsi con un’identità e una posizione politica forte e ben definita, potrebbe giocare un ruolo ancor più convincente per portare a casa risultati incoraggianti per l’Europa, sia per la stabilità internazionale che per la riapertura del dialogo sulle politiche nucleari”.
















