Nel conflitto che attraversa l’Indo-Mediterraneo le prime vittime sono donne e bambini, colpiti da violenze, indottrinamento e privazione di diritti. Da Ginevra l’appello a difendere i più deboli come priorità morale e politica per l’Europa
L’Indo-Mediterraneo è volatile e attraversato da conflitti, con guerre che si estendono dallo Yemen alla Somalia, dalla Siria al Pakistan. Questa instabilità geopolitica colpisce i più deboli e vulnerabili, in particolare donne e bambini. Ma il mondo è connesso, e gli effetti della radicalizzazione si fanno sentire anche in Europa e in Asia meridionale, con estremismo, antisemitismo e terrorismo, oltre a una crescente opera di indottrinamento dei giovani. Per discutere di questo tema si è tenuto un evento collaterale durante la 60ª sessione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.
Himanshu Gulati, membro dello Storting norvegese, ha delineato l’ampiezza della minaccia: “Il crescente estremismo islamico è una tendenza preoccupante, sia in Asia meridionale che in Europa”, ha avvertito. “Oggi vediamo conflitti in tutta la regione indo-mediterranea, in un mondo fortemente interconnesso. Il terrorismo che proviene da Pakistan, Bangladesh, Siria, Yemen non colpisce solo le loro aree, ma si ripercuote anche sui diritti e sul futuro dei gruppi vulnerabili, soprattutto donne e bambini, in Europa. Dobbiamo trovare una soluzione per proteggere i più deboli tra noi.”
Quell’eco è inconfondibile. L’indottrinamento dei bambini nelle madrasse del Bangladesh, i rapimenti di ragazze appartenenti a minoranze in Pakistan e le soffocanti restrizioni dei talebani in Afghanistan risuonano ben oltre i confini locali. La violenza e l’ideologia migrano, influenzando le strade e le periferie europee.
Anna Maria Cisint, membro del Parlamento europeo, ha descritto ciò che accade quando l’islam politico domina: “Nei Paesi in cui l’islam politico detiene il potere, i diritti fondamentali vengono sistematicamente negati: l’uguaglianza tra uomini e donne viene cancellata e le libertà politiche e civili vengono ridotte. La teocrazia islamica è lo strumento utilizzato per imporre un messaggio contrario ai principi di dignità e libertà.”
Il suo avvertimento non era limitato a regimi lontani: “L’islam politico porta con sé anche una volontà dichiarata di conquistare e imporre le leggi coraniche in Europa, con l’obiettivo di minare le istituzioni democratiche e sostituire le basi della nostra civiltà con i dettami della Sharia. I segni, ormai evidenti, si vedono nei gravi episodi di sottomissione femminile a cui assistiamo ogni giorno nelle nostre città, dove giovani ragazze e adolescenti sono costrette dalle famiglie a vivere all’interno di gabbie islamiche. L’Europa, se vuole restare un continente di civiltà e libertà, deve difendere con fermezza i propri principi e valori fondanti: non ci può essere spazio per la radicalizzazione.”
Questi segni sono in effetti evidenti: le gang di adescamento emerse nel Regno Unito, le reti radicali in Francia e Germania, le famiglie che impongono restrizioni alle figlie in nome della tradizione. Troppo spesso le autorità hanno distolto lo sguardo, temendo di essere accusate di discriminazione.
Quella compiacenza è stata oggetto del monito più duro di Erik Selle, attivista europeo per i diritti delle donne e la protezione dei minori: “Non possiamo tollerare le gang di adescamento in Europa e le minacce alle nostre donne e ai nostri bambini”, ha dichiarato. “Non possiamo più tollerare élite europee compiacenti, polizia e media che sacrificano sicurezza e protezione in nome del multiculturalismo. Non possiamo tollerare che estremisti in Bangladesh, Pakistan, Afghanistan o in qualsiasi altro Paese trattino le donne peggio degli animali o opprimano le minoranze.”
Le sue parole hanno colpito al cuore della questione. L’estremismo prospera laddove le élite esitano, dove le istituzioni sono deboli e dove la sofferenza di donne e bambini viene trattata come un danno collaterale.
Il messaggio da Ginevra è che non si tratta solo di un problema di politica estera. È una questione morale. Se l’Europa vuole rimanere un continente di libertà, e se la comunità internazionale intende prendere sul serio i diritti umani, allora la difesa dei più deboli deve essere il punto di partenza, non l’ultima considerazione. Ogni matrimonio forzato, ogni ragazza ridotta al silenzio, ogni bambino abusato è una prova della nostra determinazione.
Ignorare questa realtà significa arrendersi ad essa.