Nonostante le due mozioni di sfiducia presentate da Rn e Melenchon, il governo guidato da Sébastien Lecornu domani non cadrà. Lo stop alla riforma pensionistica promesso dal capo dell’esecutivo gli ha garantito l’appoggio dei socialisti. Intervista al costituzionalista Stefano Ceccanti
Di fronte a un Parlamento diviso e a un Paese ancora segnato dalla protesta sociale, il premier francese Sébastien Lecornu sceglie di ritirare la riforma delle pensioni per dare ossigeno al suo governo. Una mossa che, secondo il costituzionalista Stefano Ceccanti, intervistato da Formiche.net, apre uno spiraglio per ricomporre il fronte riformista in vista delle presidenziali del 2027.
Professor Ceccanti, Lecornu ha dichiarato di voler ritirare la riforma dell’età pensionabile – che provocò una vera e propria rivolta – per tentare di dare corpo all’esecutivo. Ci riuscirà?
Sì. Anzitutto ci riuscirà nell’immediato perché domani il Governo non sarà sfiduciato. In secondo luogo dà una possibilità di riavvicinamento tra il centro e la sinistra riformista che è prezioso, specie in vista delle Presidenziali 2027 dove è importante evitare un ballottaggio agli estremi Le Pen (o Bardella)-Mélenchon. Col Governo Barnier è venuta meno l’idea di un rapporto privilegiato tra il centro macroniano e la destra moderata dei Repubblicani; con quello Bayrou l’autosufficienza del centro-centro, restava solo l’ipotesi di un rapporto privilegiato tra centro e sinistra riformista. Non solo per l’oggi, ma appunto nella prospettiva delle Presidenziali 2027.
Questa scelta non rischia di pregiudicare ulteriormente i già provati conti pubblici francesi e di aggiungere un ulteriore ostacolo al governo nei prossimi mesi?
È indubbio che ci sia un costo economico e che un sistema che manda in pensione a 62 anni non sia sostenibile. Tuttavia il costo è più a regime che non immediato e, comunque, i posti politici che si sarebbero pagati sarebbero stati ben peggiori. Uno scioglimento immediato con maggioranze forse ancora più incerte avrebbero creato un clima pessimo in vista delle Presidenziali 2027, che restano la scadenza decisiva.
Domani l’Assemblea voterà due mozioni di sfiducia che mirano ad affossare il governo. Una che viene dalla destra lepenista, l’altra da Melenchon. Che esito si aspetta sulle votazioni?
Dal momento che, a differenza dell’Italia dove si contano solo i Sì e i No, in Francia la sfiducia deve passare con la maggioranza assoluta dei componenti, quel quorum elevato non sarà raggiunto.
I 69 parlamentari socialisti sono diventati l’ago della bilancia. Quale sarà la contropartita che chiederanno?
In realtà quella che hanno già ottenuto, la sospensione della riforma e la ripresa di un dialogo sociale, che era poi la richiesta dell’importante sindacato riformista Cfdt, vicino ai socialisti. Si pone poi una questione interessante. Il segretario socialista Faure intende lavorare per sè in vista delle presidenziali o porrebbe lavorare per una candidatura che sarebbe più competitiva come quella di Glucksmann.
Tecnicamente, se il governo dovesse essere affossato, ci sarebbero le condizioni per tornare alle urne?
Come ha già dichiarato il presidente Macron se passasse la sfiducia si andrebbe allo scioglimento anticipato.
L’ex premier Gabriel Attal ha accusato il governo di essere “succube della sinistra” proprio per via della sospensione decisa sulla riforma pensionistica del 2023. Ma, realisticamente, Lecornu quali alternative aveva?
Nessuna, non solo sull’immediato in quanto un Governo può anche cadere, ma nella prospettiva delle Presidenziali. Una verità economica non è sempre una verità politica. Altrimenti con la riforma confermata e uno scioglimento al buio saremmo capitati in quella situazione paradossale che si esprime con la frase: “L’operazione è riuscita, ma il paziente è morto”. Le municipali di marzo saranno in particolare un test importante per capire, dopo questa scelta sul governo, sia i rapporti tra i socialisti e la parte restante della sinistra sia su quelli tra Repubblicani e Rn.