Il Pkk ha annunciato il ritiro totale delle proprie forze dalla Turchia, trasferendole nel Kurdistan iracheno, in linea con l’appello di Abdullah Öcalan alla smobilitazione. La mossa segna una nuova fase nel processo di pace con Ankara e punta alla transizione del movimento verso la lotta politica democratica
Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) ha annunciato il ritiro di tutte le proprie unità armate dal territorio turco, con il trasferimento delle forze nella regione autonoma del Kurdistan iracheno. La decisione, resa pubblica domenica attraverso l’agenzia di stampa Firat, segna una nuova fase nel processo di pace avviato con Ankara e un successo diplomatico per Recep Tayyp Erdogan, che durante i lunghi anni di presidenza ha speso impegno e capitale politico nella lotta al gruppo armato separatista.
Il gruppo ha spiegato che il ritiro rappresenta “l’attuazione della seconda fase del percorso verso la pace”, in linea con l’appello del leader storico Abdullah Öcalan, che lo scorso maggio aveva invitato i militanti alla smobilitazione e alla transizione verso un impegno politico non violento.
A luglio, un piccolo contingente di combattenti aveva già deposto simbolicamente le armi in una cerimonia nel nord dell’Iraq, gesto interpretato come la fine formale di un conflitto armato durato decenni contro lo Stato turco. Il Pkk, fondato alla fine degli anni Settanta e considerato organizzazione terroristica da Turchia, Stati Uniti e Unione Europea, aveva intrapreso la lotta armata nel 1984, provocando un conflitto che ha causato oltre 40.000 vittime.
Secondo la dichiarazione diffusa domenica, i combattenti ancora presenti in territorio turco verranno acquartierati nelle “Aree di difesa di Medya”, che comprendono la zona montuosa del Qandil, nella provincia di Sulaymaniyah, sede del quartier generale del gruppo. Il ritiro è stato annunciato ufficialmente nel corso di una conferenza stampa organizzata ai piedi del monte Qandil, alla presenza di 25 membri del Pkk.
Nel comunicato, il movimento curdo ha invitato il governo di Ankara ad approvare rapidamente le misure legislative necessarie per garantire la prosecuzione del processo di pacificazione e favorire la partecipazione dei propri militanti alla vita politica democratica.“Le riforme politiche e giuridiche indispensabili per la libertà e l’integrazione democratica devono essere adottate senza ulteriori ritardi”, si legge nella nota inviata anche ai media internazionali.
Dopo la cerimonia di disarmo estiva, il Parlamento turco aveva istituito una commissione di 51 membri, composta da rappresentanti di tutti i partiti, con l’obiettivo di definire il quadro legale e politico che accompagni la nuova fase del dialogo.
L’annuncio di domenica rappresenta dunque un ulteriore passo nel tentativo di chiudere un capitolo lungo e sanguinoso della storia turco-curda. Il Pkk, fedele all’indirizzo tracciato da Öcalan — detenuto dal 1999 e condannato all’ergastolo — afferma di voler ora proseguire la propria battaglia per i diritti dei curdi attraverso mezzi democratici, abbandonando definitivamente la via armata.
Pur definito da molti osservatori un passaggio di grande valore simbolico, l’annuncio non avrebbe un impatto operativo rilevante, poiché il Pkk mantiene ormai una presenza minima in Turchia. Resta però un segnale politico di peso, alla vigilia del previsto incontro tra il presidente Erdogan e una delegazione del partito filocurdo di sinistra Dem, protagonista dei precedenti colloqui tra Öcalan e le autorità di Ankara.
















