Lo strumento programmatico del Piano Mattei si somma ad una nuova stagione di rafforzamento della presenza italiana in Paesi nevralgici. Al momento l’Italia è rappresentata da una rete di 30 Ambasciate e di esperti per la sicurezza, l’ideale sarebbe incrementarla almeno del 20%. La missione di Tajani e Piantedosi non solo consolida la presenza italiana in un’area strategica per la sicurezza e la stabilità del Mediterraneo, ma ribadisce l’intenzione progettuale di Roma: ovvero usare il Piano Mattei per rimettere l’Africa al centro dei tavoli europei
La doppia missione di Tajani e Piantedosi in Africa è stata all’insegna del soft power, uno strumento che praticamente non si era quasi mai visto in Italia prima del Piano Mattei. La conferenza degli ambasciatori italiani in Africa promossa ieri lo dimostra e si pone come un buon viatico per rafforzare ulteriormente la nostra presenza consolare in quel continente. In molteplici occasioni, specialmente dalla crisi libica post uccisione di Gheddafi in poi, erano state avanzate precise critiche alla non-presenza italiana in Africa a livello diplomatico, a fronte dell’iper attivismo di altri players (come ad esempio la Turchia) che nel continente nero si sono caratterizzati per un impegno costante, in special modo durante gli ultimi due mandati di Erdogan. Per cui lo strumento programmatico del Pino Mattei con tutti i progetti che investono i 14 Paesi obiettivo si somma ad una nuova stagione di rafforzamento della presenza italiana in Paesi nevralgici. Al momento l’Italia è rappresentata da una rete di 30 Ambasciate e di esperti per la sicurezza, l’ideale sarebbe incrementarla almeno del 20%.
A Dakar, dopo la Conferenza degli Ambasciatori italiani in Africa e degli Esperti del ministero dell’Interno, presso l’Ambasciata italiana è stata inaugurata la nuova sede dell’Istituto Italiano di Cultura e gli uffici Ice e Simest. Con il ministro dell’Interno del Senegal Cissé inoltre è stato siglato un Accordo sulla Sicurezza, prima di incontrare il Presidente della Repubblica del Senegal Faye. L’accordo sulla Sicurezza rappresenta un vero e proprio “salto di qualità nei livelli di cooperazione tra le nostre Forze di Polizia”, ha spiegato il titolare del Viminale, dal momento che in virtù di uno scambio informativo, regolare e quantitativo, i due paesi riusciranno a contrastare in modo più efficace la criminalità organizzata.
Durante il business forum Italia-Senegal a Dakar sono state annunciate una serie di joint venture per migliorare sia il dividendo per le imprese senegalesi che per quelle italiane. In questa direzione emerge la proiezione economica italiana in Africa che parte dal Piano Mattei per distendersi in una serie di ambiti specifici: economici, commerciali, politico. “Non vogliamo avere un ruolo neocoloniale, piuttosto vogliamo avere un ruolo di partenariato”, ha proseguito Tajani. L’ultima tappa è oggi a Niamey, in Niger, dopo Mauritania e Senegal, dove hanno incontrato il premier Ali Mahaman Lamine Zeine, il ministro degli Esteri, Bakary Yaou Sangaré, e il ministro dell’Interno, Mohamed Boubacar Toumba. “È fondamentale sostenere questa amicizia per garantire la stabilità della regione, combattere l’immigrazione clandestina e il terrorismo”, ha detto Tajani, che si è detto favorevole ad aumentare la migrazione regolare, “abbiamo bisogno di lavoratori specializzati e siamo pronti ad accogliere lavoratori stranieri”. La giornata è proseguita con il ricevimento da parte del presidente del Niger, Abdourahamane Tchiani, prima di recarsi alla Base della Missione Italiana di Supporto in Niger (Misin), dove hanno incontrato il Comandante del Contingente, generale Ivan Cioffi, e i militari italiani.
Per cui la missione dei due ministri non solo consolida la presenza italiana in un’area strategica per la sicurezza e la stabilità del Mediterraneo, ma ribadisce l’intenzione progettuale di Roma: ovvero usare il Piano Mattei per rimettere l’Africa al centro dei tavoli europei.















