La Georgia si prepara alle elezioni amministrative del prossimo fine settimana, un voto locale che assume un significato politico e geopolitico di ben altra portata, tra proteste pro-europee, repressione governativa e opposizioni divise
Il prossimo fine settimana in Georgia si terranno una serie di consultazioni elettorali locali, il cui significato sembra però destinato ad essere molto maggiore di quello che avrebbero sulla carta. I principali leader d’opposizione del Paese caucasico stanno infatti spingendo molto sul piano retorico riguardo all’imminente appuntamento elettorale per rinvigorire le proteste che si protraggono da oramai quasi un anno, dopo che il governo filo-russo guidato dal primo ministro Irakli Kobakhidze aveva deciso di sospendere i negoziati per aderire all’Unione europea. Queste proteste sono continuate su base quotidiana, ma la partecipazione è diminuita a causa dell’uso da parte del governo di arresti mirati, multe e repressione negli apparati d’informazione.
Negli scorsi mesi, il governo georgiano ha concentrato la propria attenzione sulle Ong. Una serie di nuove leggi, tra cui gli emendamenti alla legge “On Grants” e la Foreign Agents Registration Act, ma anche la Foreign Agents Law causa di veementi proteste durante la primavera dello scorso anno, ha drasticamente limitato la possibilità per questi enti di ricevere finanziamenti esteri senza approvazione governativa, imponendo inoltre l’obbligo di registrarsi come “agenti stranieri”. Inoltre, a fine agosto la Procura georgiana ha congelato i conti bancari di sette tra le principali organizzazioni del Paese, accusandole di aver finanziato le proteste di fine 2024 e di aver sostenuto “azioni violente” contro la polizia, mentre i leader di alcune delle Ong sono stati interrogati in merito a transazioni personali e post sui social media, in un clima che molti descrivono come intimidatorio e politicamente motivato.
Ma le opposizioni non sono le uniche a stressare l’importanza delle elezioni amministrative. Bidzina Ivanishvili, il miliardario fondatore di Sogno Georgiano (il partito di governo), ha rilasciato una dichiarazione relativa proprio al prossimo appuntamento elettorale: “Nelle imminenti elezioni amministrative, nemici interni ed esterni smascherati vedono un’altra opportunità per fomentare disordini, compiere colpi di Stato e realizzare i propri obiettivi” ha detto Ivanishvili, senza però esplicitare chi siano questi “nemici esterni” (anche se il riferimento all’Unione Europea e agli Stati uniti appare alquanto palese).
All’appuntamento cruciale, però, le opposizioni sembrano arrivare disunite. Tranne due partiti, il centrista Lelo for Georgia e For Georgia, guidato dall’ex primo ministro del Sogno Georgiano Giorgi Gakharia (che dopo aver preso posizione contro il suo vecchio partito ha lasciato il Paese), le altre formazioni dell’opposizione hanno optato per il boicottaggio delle consultazioni. Una mossa che però potrebbe aver danneggiato le opposizioni e favorito le autorità governative.
“L’anno scorso a Tbilisi, il partito al potere ha ottenuto meno del 50% dei voti. L’opposizione ha ottenuto più voti. Quindi, se l’opposizione avesse presentato un candidato forte e unito, avrebbe avuto la possibilità di vincere le elezioni comunali a Tbilisi”, ha affermato a Radio Free Europe Thomas de Waal, senior fellow presso il Carnegie Europe, “Ma a causa di questo boicottaggio, è molto improbabile che ottengano i voti necessari per vincere le elezioni comunali a Tbilisi. Nel frattempo, Georgian Dream potrà affermare che si è trattato di elezioni competitive. Quindi, in questo senso, penso che il boicottaggio abbia avvantaggiato solo Georgian Dream”. Dal canto loro, i sostenitori del boicottaggio sottolineano le presunte violazioni nelle elezioni parlamentari dello scorso anno e suggeriscono che, anche in caso di vittoria dell’opposizione, i risultati potrebbero essere falsificati dalle autorità. Le opposizioni hanno convocato una protesta di piazza per il prossimo 4 ottobre, manifestazione che probabilmente sarà un buon termometro della situazione politica attuale.