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La Cina avara sulle terre rare può essere un’occasione per l’Ue. Report Merics

La stretta del Dragone sulle esportazioni di minerali critici, mai così evidente dopo il caso germanio, può essere quella leva psicologica per far uscire l’Europa dal torpore. E cercare nuove sponde commerciali, esattamente come fanno gli Stati Uniti

Se Pechino fa l’avara con le terre rare e i minerali critici, di cui è padrona indiscussa, per l’Europa è un problema. Nei giorni scorsi Formiche.net ha raccontato come una stretta di Pechino alle esportazioni di germanio, minerale fondamentale per l’industria della Difesa, abbia provocato un’impennata dei prezzi dello stesso germanio, mettendo a soqquadro un intero mercato. Eppure, questo cappio, può paradossalmente rappresentare un’opportunità per l’Europa. Almeno secondo gli esperti del Mercator institute for China studies (Merics), il più importante centro studi europeo dedicato alla Cina.

Ebbene, secondo il Merics, “l’industria della Difesa europea continua a fare affidamento sulle capacità di estrazione, lavorazione e estrazione mineraria della Cina per la fornitura di minerali e magneti per sistemi e tecnologie chiave. I missili europei utilizzano neodimio, praseodimio e samario per i magneti permanenti e disprosio per la stabilizzazione termica nei sistemi di guida, puntamento e controllo. Anche il missile a lungo raggio Meteor, realizzato da Mbda nell’ambito di un progetto congiunto che coinvolge Germania, Italia, Francia, Spagna, Svezia e Regno Unito, utilizza nitruro di gallio per i sensori di radiofrequenza e praseodimio per gli attuatori che convertono l’energia in movimento meccanico”.

Eppure, “l’Europa ha ora un’opportunità strategica per assumere impegni credibili per investire e acquisire terre rare. La guerra della Russia contro l’Ucraina e lo scetticismo del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, nei confronti della Nato hanno portato la spesa per la Difesa degli Stati membri dell’Ue a un aumento previsto di 381 miliardi di euro nel 2025, con un aumento del 37% rispetto al 2021. Oltre a ciò, l’Ue prevede di investire 800 miliardi di euro nella difesa attraverso il suo piano ReArm Europe/Readiness 2030, e la sola Germania prevede di spendere altri 500 miliardi in investimenti aggiuntivi per la difesa nel prossimo decennio. L’Europa farebbe bene a incanalare parte di questi fondi nell’approvvigionamento di terre rare”.

Secondo il Merics, “i Paesi europei hanno recentemente investito nell’estrazione, nella lavorazione e nel riciclaggio delle terre rare nazionali. La Francia, ad esempio, ha collaborato con il Giappone per creare il primo impianto europeo di riciclaggio e raffinazione delle terre rare su larga scala entro il 2026, con uno degli obiettivi di soddisfare il 15% della domanda globale di disprosio e ossido di terbio. Tuttavia, come altri progetti in Europa, il progetto Caremag dipende interamente dalla domanda commerciale, il che lo rende dipendente dalla forza dell’industria automobilistica ed eolica europea e dall’economia della regione nel suo complesso”. La tesi di fondo è che l’eccessiva dipendenza dalla Cina, potrebbe essere quella leva psicologica per cercare nuovi accordi con Paesi ricchi di terre rare, un po’ come stanno facendo gli Stati Uniti.

E infatti, come ricorda lo stesso Merics, “il governo degli Stati Uniti si è recentemente impegnato a garantire i prezzi per le terre rare statunitensi e ha acquisito una quota di proprietà della società statunitense di estrazione e raffinazione MP Materials. L’Ue ha finora stipulato 14 partenariati o memorandum sulle materie prime con Paesi lontani come Canada, Kazakistan, Ruanda e Argentina, e ha avviato 13 progetti strategici volti a garantire l’approvvigionamento di materie prime strategiche dall’esterno dell’Unione. Ciò dimostra che molti elementi di una strategia per le terre rare sono già in atto. Il successo ora dipende principalmente dalla volontà politica dell’Ue, che può essere favorita solo discutendo apertamente di terre rare e riarmo”.

 


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