Il presidente ha salvato il fondatore di Binance, che era stato in carcere per quattro mesi a causa della violazione delle leggi antiriciclaggio, per cui l’azienda aveva dovuto pagare 4,3 miliardi di dollari. Una decisione simile l’aveva presa a inizio mandato per il cofondatore di BitMex. Una dimostrazione di come alla Casa Bianca considerino le monete digitali in maniera diversa rispetto alle precedenti amministrazioni
“La guerra dell’amministrazione Biden contro le cripto è finita”. È la portavoce della Casa Bianca Karolin Leavitt a spiegare il vero significato della grazia concessa da Donald Trump a Changpeng Zhao, fondatore della piattaforma Binance, il più grande exchange al mondo. L’attuale presidente ha più volte ribadito l’importanza delle cripto, considerandole niente meno che il simbolo della “libertà finanziaria americana”. Non è un caso quindi che già a marzo il tycoon aveva graziato Arthur Hayes, cofondatore di BitMex, colpevole di aver violato le leggi antiriciclaggio.
Una storia simile a quella di Zhao, finito in carcere per quattro mesi (era uscito a settembre di un anno fa) dopo essersi dichiarato colpevole per non aver rispettato le norme americane in tema di riciclaggio, per cui Binance era stata costretto a pagare 4,3 miliardi di dollari. Avendo causato “un danno significativo alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, la sua aziende venne esclusa dal mercato, ma a inizio anno aveva assunto il lobbista – nonché amico di Trump – Ches McDowell affinché Zhao potesse essere salvato dal presidente. Quest’ultimo si è preso a cuore la vicenda, sposando le tesi secondo cui il fondatore di Binance era vittima di persecuzione politica. Da qui la decisione di cancellargli la pena.
Potrebbe anche esserci un altro motivo che si nasconde dietro la decisione. Da qualche mese, Zhao si sta spendendo per sostenere l’azienda di criptovalute della famiglia Trump, la World Liberty Financial – dentro cui c’è anche l’inviato speciale Steve Witkoff. Molto del suo successo deriva infatti da Binance. La spinta iniziale, ricorda il Wall Street Journal, gliel’aveva data accettando un investimento di 2 miliardi di dollari da un investitore che aveva pagato con la criptomoneta trumpiana. Da quel momento il suo volume in circolazione era aumentato di 15 volte, generando introiti milionari per la famiglia Trump.
La grazia concessa non è solamente un cambio di favore. La promessa di Trump era di rendere l’America “la capitale mondiale delle criptovalute”, strizzando l’occhio a quel mondo lontano dalla classica finanza. E le aziende hanno apprezzato, come dimostrano i 135 milioni di dollari investiti durante l’ultima campagna elettorale a supporto del tycoon e degli altri candidati a favore delle cripto. Da quando è tornato alla Casa Bianca però ha dovuto fare un passo indietro, per evitare possibili conflitti di interessi, diventando così cofondatori “emeriti” della World Liberty Financial. A tenere i fili sono i suoi familiari.
È un amore reciproco quello tra il mondo delle cripto e la famiglia Trump. “La comunità Bitcoin ha accolto mio padre con un entusiasmo che non avevo mai visto prima e spero che questo sia stato ampiamente ripagato, perché amiamo questa comunità”, affermava Eric Trump a fine agosto da Hong Kong, durante la conferenza di Bitcoin Asia. “Il 90% del mio tempo lo trascorro in questa comunità”, precisava. Questo mondo non sembra avere confini. Come scriveva il Guardian la settimana scorsa, dai registri della Security and Exchange Commission (Sec) è emerso che un’azienda cinese starebbe offrendo condizioni agevolate per accedere alla sua tecnologia a un’azienda in cui Eric Trump detiene una quota del 7,5%. È l’American Bitcoin Corporation, fondata insieme al fratello Trump Jr due mesi dopo l’insediamento di loro padre e poi quotata in borsa a inizio settembre.
















