L’aumento delle spese militari non è solo questione di numeri, ma anche di come verranno condotti questi investimenti e con quale scopo. In un mondo sempre più instabile, l’Italia e l’Europa sono chiamate a fare la loro parte. Con la comunicazione del documento di finanza pubblica alle Camere è ufficialmente iniziato l’iter che porterà agli aumenti concordati in sede Nato. Maggioranza e opposizioni metteranno da parte le proprie divisioni in nome della sicurezza nazionale? L’intervista di Airpress al senatore Enrico Borghi
In data odierna, il governo ha trasmesso alle Camere il Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp), all’interno del quale è contemplato un aumento delle spese militari di circa 12 miliardi di euro entro i prossimi tre anni. Il tema è tra i più delicati nell’agenda politica e riguarda direttamente la sicurezza nazionale e il posizionamento dell’Italia in Europa e nella Nato. Airpress ne ha parlato con Enrico Borghi (Italia Viva), membro della Commissione Affari esteri e Difesa del Senato.
Senatore, il documento finanziario approvato dal governo e comunicato alle Camere prevede che l’Italia aumenti le spese per la Difesa di 12 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Ritiene che questa cifra sia un buon punto di partenza, soprattutto di fronte a uno scenario internazionale sempre più fosco, che ha obbligato anche l’Europa a rivedere la propria strategia per la Difesa e alle minacce che continuano ad allarmare i Paesi del vecchio continente?
Inutile girarci attorno: oggi viviamo in un mondo pericoloso, più pericoloso che nel recente passato. I flashpoint globali hanno nomi che conosciamo: guerra russa in Ucraina, armamento cinese come concorrente/avversario dell’Occidente, Corea del Nord, Iran, jihad, Gaza, Africa. E già se ne annunciano altri. Per poter esercitare un’adeguata influenza, l’Europa deve muoversi unitariamente rispetto alle sfide che si aprono, in particolare in merito al terrorismo e alla questione migratoria, così come rispetto all’incombente minaccia russa e a quella sistemica cinese. Pensare di costruire risposte autarchiche come singoli Paesi, sganciati tra loro o peggio ancora in competizione, significa avere poche possibilità di successo, e scarsa capacità di incidere.
L’aumento della spesa militare è legato anche agli impegni assunti in sede Nato sul 5% del Pil per la difesa entro il 2035. L’Italia parte da una soglia bassa crede che riesca a raggiungere questa soglia nei tempi previsti?
Intanto rimarrei nel contesto dell’aumento del 3,5%. Il resto è poco più che letteratura. A noi preme che esso sia inserito in una cornice europea. Abbiamo presentato un disegno di legge, che la maggioranza lascia nei cassetti perché imbarazzata dal doversi esprimere, sulla ratifica della Ced (Comunità europea di difesa, ndr) voluta da De Gasperi. In questa cornice va promossa la sicurezza del continente europeo, attraverso la formazione di una difesa europea sovranazionale nel suo carattere, strutturata in istituzioni comuni, Forze armate integrate e un budget comune. Occorre ripartire da lì.
L’iter legislativo prevede che ora la palla passi al Parlamento, che tipo di discussione si aspetta in aula, anche di fronte alle divisioni evidenti tra maggioranza e opposizione sugli scenari di politica estera più delicati? Pensa che le cifre saranno oggetto di un braccio di ferro tra le diverse forze politiche?
Intanto, spero che il governo faccia chiarezza al proprio interno. Salvini, con la consueta logica del Capitan Fracassa, a Pontida ha detto che queste spese devono andare per non meglio precisate funzioni interne. Insomma, cambiamo le uniformi ai vigili urbani e poco più. È evidente che dentro la maggioranza devono fare chiarezza, anche in rapporto al “vannaccismo”. Se lo faranno, troveranno in Parlamento forze politiche della minoranza serie e responsabili e pronte al confronto di merito.
Tra poco sarà pubblicato il Dpp (Documento programmatico pluriennale) della Difesa, con gli impegni più urgenti e le priorità immediate. Quali ambiti dovremo andare a irrobustire, a suo avviso?
Intanto, alla buon’ora! Mi pare che in proposito le indicazioni fornite dai vertici delle forze armate nelle audizioni parlamentari, e significativamente quella del capo di Stato maggiore Portolano, siano state molto utili per rispondere a questa domanda. Seguirei quelle indicazioni.