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Madrid sceglie l’asse con Pechino e volta le spalle a Washington

Il re di Spagna Felipe VI visiterà la Cina a novembre, in quella che sarà la prima missione di Stato di un monarca europeo a Pechino dal 2018. La visita, promossa dal governo Sánchez, mira a consolidare i rapporti economici e diplomatici con la Repubblica Popolare in un momento di crescente frammentazione della linea europea verso la Cina

Il re di Spagna Felipe VI si recherà in Cina a novembre per una visita di Stato, la prima di un monarca europeo a Pechino da sette anni. L’iniziativa, che sarà annunciata a breve dalla Casa Reale, segna un nuovo passo nella strategia del governo di Pedro Sánchez per consolidare i rapporti economici con la seconda potenza mondiale.

Secondo fonti diplomatiche, la missione reale, la prima di Felipe VI in Cina dal suo insediamento nel 2014, si inserisce nel quadro della “relazione di altissimo livello” tra Madrid e Pechino, come definita dal ministero degli Esteri spagnolo. L’obiettivo è rafforzare i legami commerciali in un momento in cui la Spagna tenta di diversificare le proprie partnership globali, anche a costo di irritare Washington.

Il premier Sánchez, alla guida di un esecutivo tra i più aperti verso la Cina in Europa occidentale, punta a intensificare gli scambi economici con Pechino. “L’Asia è la regione dove la Spagna non ha avuto una presenza storica. Per una politica estera globale bisogna parlare con tutti, soprattutto con Cina e India”, ha spiegato il ministro degli Esteri José Manuel Albares al Financial Times.

Pressioni da Washington

La scelta di Madrid arriva in un contesto di tensioni intermittenti tra Stati Uniti e Cina. Dopo mesi di attriti commerciali, il presidente Donald Trump e Xi Jinping hanno raggiunto un accordo temporaneo che sospende le restrizioni su terre rare e semiconduttori. Ma Washington continua a osservare con sospetto l’attivismo diplomatico spagnolo.

All’inizio dell’anno, il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent aveva avvertito che un eccessivo avvicinamento alla Cina sarebbe stato “un suicidio economico” per Madrid. Tono poi ammorbidito durante la sua visita in Spagna a settembre, quando il Paese ha ospitato colloqui tra rappresentanti di Washington e Pechino.

Albares ha ribadito che l’apertura verso la Cina non implica un allontanamento dagli Stati Uniti: “Abbiamo un buon dialogo con Pechino, ma restiamo alleati di Washington”.

Una missione economica e simbolica

Il viaggio del sovrano coinciderà con il ventesimo anniversario della “partnership strategica globale” firmata da Spagna e Cina. Felipe VI sarà accompagnato da una nutrita delegazione di imprenditori dei settori automotive, agroalimentare, energetico e farmaceutico.

L’interesse spagnolo è duplice: attrarre investimenti nel campo della mobilità elettrica e ridurre un disavanzo commerciale strutturale. Nei primi otto mesi del 2025, il deficit commerciale con la Cina ha raggiunto 26,9 miliardi di euro, pari al 77 per cento del totale. L’apertura di una fabbrica di batterie da 4 miliardi di euro del gruppo cinese Catl vicino a Saragozza è vista come un possibile volano industriale, sebbene persistano dubbi sulla disponibilità cinese a condividere tecnologia.

La linea spagnola nella frammentazione europea

La visita di Felipe VI arriva mentre l’Unione europea tenta di definire una posizione comune verso Pechino, tra esigenze di tutela industriale e necessità di cooperazione economica. La cancellazione della missione del ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul, in segno di protesta contro le politiche cinesi, ha mostrato quanto fragile sia oggi l’equilibrio europeo sul dossier.

In Spagna, tuttavia, la linea di Sánchez non ha suscitato opposizioni significative. A differenza di quanto accaduto in Regno Unito, Francia e Germania, il dibattito interno resta limitato. Madrid ha respinto anche le critiche americane dopo la decisione di affidare a Huawei un contratto da 12 milioni di euro per la gestione dei dati di intercettazioni, giudicata a rischio da Washington.

Autonomia strategica o dipendenza?

Dietro l’attivismo di Madrid c’è la convinzione che l’era del predominio unipolare statunitense sia conclusa. “La Spagna deve mantenere buoni rapporti con le potenze emergenti, India, Brasile, Paesi del Golfo, per restare rilevante”, spiegano fonti governative.

Ma non tutti condividono questa visione. Juan Luis Manfredi, docente di politica estera all’Università di Castilla-La Mancha, avverte che “la Cina è una potenza neocoloniale che usa la Spagna per aumentare la propria influenza in Europa”. Secondo l’accademico, Madrid “non dispone ancora della capacità di integrare diplomazia, difesa e cooperazione in una strategia coerente”.

Un equilibrio che, come osserva Charles Powell dell’Istituto Elcano, riflette in fondo la frammentazione europea sul tema: “Oggi tutti stanno rompendo i ranghi. La Spagna non è tra i più concilianti, ma nemmeno tra i più ostili”.


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