Nel pieno delle guerre in Ucraina e in Medio Oriente, parlare di pace giusta è diventato un atto politico e morale. A Gorizia, la Fondazione Med-Or, insieme alla Camera di Commercio Venezia Giulia e partner regionali e internazionali, ha promosso un laboratorio diplomatico sul tema, coincidente con la notizia della firma da parte di Israele e Hamas dell’accordo proposto da Donald Trump per una tregua a Gaza
In un momento in cui le guerre in Ucraina e in Medio Oriente stanno ridefinendo l’ordine mondiale, parlare di pace – e ancor più di pace giusta – è un atto di resistenza intellettuale e morale. Senza cercare formule né slogan, ma provando indagare le condizioni che rendono possibile una pace fondata sulla giustizia, mercoledì la Med-Or Italian Foundation – insieme alla Camera di Commercio Venezia Giulia, all’International Strategic Network e a istituzioni regionali e accademiche – ha organizzato a Gorizia un laboratorio di analisi e riflessione diplomatica, arrivato con una tempistica formidabile. Nelle stesse ore, dai negoziati in corso Sharm el Sheikh usciva la notizia della firma di Israele e Hamas sull’accordo proposto da Donald Trump per trovare una via di pace a Gaza – e in futuro tra Israele e Palestina.
Se però la tempistica incrocia un’evoluzione di cronaca non pianificabile, il luogo scelto per l’evento non è stato casuale. Gorizia, che con Nova Gorica sarà Capitale europea della cultura 2025, rappresenta un simbolo di riconciliazione in un continente che un tempo si divideva con muri e confini rigidi. Questa geografia simbolica ha incorniciato una giornata di riflessione in cui voci europee, mediorientali e internazionali hanno cercato di coniugare l’aspirazione morale con il realismo politico.
L’interrogativo centrale dell’intero evento è ruotato attorno al se la pace, per essere sostenibile, debba anche essere giusta – e se la giustizia sia realmente raggiungibile nell’asimmetria dei conflitti contemporanei. La guerra a Gaza, il conflitto incarnito in Ucraina e il ritorno di logiche imperiali sono stati riferimenti costanti. La pace giusta è emersa come un concetto duplice: un ideale etico e una sfida pragmatica, che impone di affrontare le rivendicazioni senza legittimare l’aggressione, di conciliare la sovranità con la convivenza, e di restituire alla diplomazia una dimensione morale.
“Sono preoccupato di come il conflitto (in Medio Oriente, ndr) si stia infiltrando all’interno delle nostre comunità e della nostra società – ha evidenziato Massimiliano Fedriga, presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia — e di come una parte, mi auguro sempre minoritaria, e lo abbiamo visto di recente a Bologna, a Torino e a Roma, inizi a guardare con occhi di favore organizzazioni terroristiche che hanno cercato civili inermi per massacrarli. Ho guardato ogni singolo fotogramma del video su Saturday-October-seven.com e da lì si capisce bene cosa significhi terrorismo: Hamas è entrato nelle case per ammazzare consapevolmente cittadini, bambini, e non militari israeliani”. In sostanza, per Fedriga, “fino a quando ci sarà Hamas in Palestina la pace non potrà esserci”.
Molti interventi hanno messo in guardia dal ridurre la pace a un gesto retorico. L’inseguimento di una pace perfetta rischia di riprodurre la logica della vittoria anziché quella della riconciliazione. La pace giusta, al contrario, richiede compromesso: il riconoscimento che il risultato di una trattativa non è mai puro, ma necessario. È la posizione espressa, tra gli altri, dall’ambasciatore Francesco Maria Talò, Inviato speciale dell’Italia per il Corridoio India–Medio Oriente–Europa (Imec, che vede a Trieste uno dei suoi terminali), secondo cui bisogna puntare non a una pace ideale, ma alla più giusta possibile, quella che si può davvero realizzare.
Un’altra prospettiva è quella strutturale della giustizia. Senza un quadro che restituisca agency politica e rappresentanza, i conflitti della regione rimarranno ciclici. Il suo intervento ha riflesso una preoccupazione più ampia: che l’erosione del dialogo in Medio Oriente rifletta una crisi di comunicazione interna all’Europa stessa.
Le dimensioni economiche e strategiche hanno aggiunto un ulteriore livello di analisi. Nei panel dedicati alla sicurezza e all’economia è emerso come i conflitti stiano rimodellando le catene globali del valore e accrescendo le dipendenze da energia, logistica e tecnologia. In questa prospettiva, la pace giustaappare non solo come esigenza morale ma anche come necessità economica: la stabilità come precondizione per commercio, ricostruzione e crescita sostenibile. La fragilità del sistema globale, esposta da guerre e sanzioni, rende la pace un obiettivo insieme etico e pragmatico.
Al centro del dibattito è rimasta la convinzione che la diplomazia, più dell’idealismo, sia lo strumento decisivo della giustizia. Le guerre non finiscono spingendo l’acceleratore della distruzione, ma sedendosi attorno a un tavolo.
“Il tema — ha osservato il presidente della Camera di Commercio Venezia Giulia, Antonio Paoletti — è cercare di capire che non si fa la guerra distruggendo palazzi e uccidendo persone: alla fine è sempre un discorso di confronto diplomatico. Il messaggio che vogliamo dare è di sedersi attorno a un tavolo e discutere le condizioni. La diplomazia sempre vince”.
Nelle parole conclusive del ministro degli Esteri Antonio Tajani, Gorizia è “una città un tempo divisa, oggi simbolo di fratellanza europea”. Un’immagine che, oltre la cerimonia, racchiude il senso del dibattito: la pace non è un traguardo definitivo, ma un processo continuo di negoziazione, empatia e realismo. In un mondo sempre più polarizzato, la pace giusta potrebbe non essere un’utopia, ma semplicemente l’ultima forma di pace ancora possibile.
“Siamo molto soddisfatti del successo di questa conferenza organizzata insieme alla Camera di Commercio della Venezia Giulia e alla Regione autonoma del Friuli-Venezia Giulia”, commenta Letizia Colucci, direttrice generale di Med-Or. “Abbiamo potuto contribuire ad un dibattito di alto livello dedicato a temi fondamentali per il nostro Paese, di fronte ad una platea folta e attenta, in gran parte composta da giovani e studenti molto interessati”.
Per Colucci, “Gorizia rappresenta certamente un luogo simbolico di grande rilevanza per discutere di pace, economia, politica internazionale, considerato il suo portato di storia e cultura. È stato importante per Med-Or poter contribuire a questa discussione anche grazie alla presenza di alcuni membri del nostro international board e alla partecipazione dei relatori che hanno preso parte alle sessioni della conferenza”.