Sotto la pressione delle sanzioni imposte da Washington, Lukoil ha accettato l’offerta del gruppo svizzero Gunvor per la vendita di tutti i propri asset internazionali, in un’operazione che riguarda asset in cinquanta Paesi
L’impero del petrolio russo perde pezzi, almeno apparentemente. La compagnia petrolifera russa Lukoil avrebbe infatti accettato pubblicamente l’offerta avanzata dal gruppo svizzero Gunvor riguardo ai propri asset internazionali, che la stessa Lukoil aveva deciso di liquidare in seguito alla sua inclusione (assieme a quella di Rosneft) nella nuova lista di entità sanzionate da parte degli Stati Uniti, decisione presa dal presidente Usa Donald Trump nel tentativo di “esercitare pressione” su Mosca, la quale non avrebbe perseguito seriamente una possibile soluzione negoziale al conflitto in Ucraina.
L’operazione in questione, che riguarda nello specifico la vendita della Lukoil International GmbH (controllata con sede in Austria che gestisce gli asset esteri della compagnia russa), è però subordinata all’autorizzazione dell’Office of Foreign Assets Control (Ofac), l’agenzia del Tesoro statunitense che vigila sull’applicazione delle sanzioni internazionali. Lukoil ha aggiunto che, se necessario, le parti chiederanno una proroga della licenza temporanea rilasciata dal Tesoro Usa fino al prossimo 21 novembre per completare la transazione.
Lukoil è la seconda compagnia petrolifera russa e produce circa il 2 per cento del greggio mondiale. Il suo principale asset estero è il giacimento di West Qurna 2 in Iraq, dove detiene una quota del 75 per cento, che ad aprile ha raggiunto una produzione di 480 mila barili al giorno secondo quanto riportato dall’agenzia russa Interfax. Lukoil possiede inoltre la raffineria Lukoil Neftohim Burgas in Bulgaria e la raffineria Petrotel in Romania, oltre a terminal petroliferi e a catene di distribuzione carburanti in Europa, e anche a progetti di upstream e downstream in Asia Centrale, Africa e America Latina. In totale, più di cento entità in circa cinquanta Paesi rientrano sotto l’ombrello dell’ente.
Meno nota è invece la società acquirente. Gunvor, registrata a Cipro ma con sede a Ginevra, è stata fondata all’inizio del nuovo millennio dallo svedese Torbjörn Törnqvist e da Gennady Timchenko, oligarca russo molto vicino al presidente Vladimir Putin, che tuttavia ha venduto la sua quota nel 2014 dopo essere stato colpito dalle sanzioni statunitensi seguite all’annessione della Crimea. Ma proprio nello stesso anno il Dipartimento del Tesoro Usa aveva però affermato che Putin avesse investimenti in Gunvor, e che potrebbe avere accesso ai fondi della società, dichiarazioni mai confermate ma rimaste come un’ombra sulla reputazione del gruppo. Tuttavia, ad oggi le quote societarie sono detenute all’85% dallo stesso Törnqvist, mentre le quote di minoranza appartengono ai dipendenti.
L’accordo segna comunque un punto di svolta, considerando che per la prima volta, una delle maggiori società russe cede l’intero pacchetto delle sue attività estere a un gruppo occidentale. A riprova del peso delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti.
















