La decarbonizzazione è un processo ormai irreversibile, ma le sole rinnovabili non possono bastare a garantire la sicurezza energetica di un Paese industrializzato come l’Italia. Nuove crisi geopolitiche e un costante aumento della domanda di elettricità renderanno necessario abbracciare la tecnologia nucleare. Il confronto a Terrazza Civita tra Luca Mastrantonio, Franco Cotana, Ferruccio Resta e Gilberto Pichetto Fratin
Forse l’Italia è davvero pronta a riaccendere il nucleare. La macchina si è messa in moto da tempo, complici una serie di fattori che, se messi in sequenza, indicano una strada piuttosto ben battuta. La guerra in Ucraina, tanto per cominciare, ha mostrato all’Italia tutta la sua fragilità in termini di fonti energetiche, costringendo il Paese, una volta staccato il tubo del gas dalla Russia, a una riscrittura della mappa energetica, con la ricerca di nuovi canali di approvvigionamento, Africa e Stati Uniti in testa.
Contestualmente, l’aumento dei prezzi delle bollette, ha rimesso al centro del dibattito politico la necessità di rivedere il mix energetico nazionale. Il governo, da parte sua, si è messo in moto, gettando le basi per un disegno di legge delega, ora approdato in Parlamento, che, una volta approvato senza troppi stravolgimenti, darà mandato allo stesso esecutivo per mettere in posa i primi reattori di ultima generazione (gli small reactors), grazie a uno stanziamento di 60 milioni spalmanti su tre anni, accompagnati dall’istituzione di un’apposita authority di vigilanza. In mezzo, c’è un consenso crescente verso il ritorno dell’atomo, a 38 anni dallo spegnimento delle vecchie centrali e la consapevolezza del fatto che ormai il nucleare è considerato a tutti gli effetti energia pulita.
Di tutto questo si è parlato, con vista sui Fori Imperiali, in occasione del dibattito Verso il nucleare? Scenari strategici per il futuro dell’energia in Italia, organizzato presso Terrazza Civita, dal club Orizzonte Italia, Swg e Kratesis e con il supporto di Enel e Rse. Animatori del confronto, moderato dal presidente di Kratesis, Roberto Arditti, i vertici di Nuclitalia, la società pubblica incaricata di realizzare le nuove infrastrutture per l’atomo, ovvero il presidente Ferruccio Resta e il ceo Luca Mastrantonio, Franco Cotana, ceo di Rse e Riccardo Grassi, head of research Swg. Unitamente al ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin.
Il consenso, si diceva. Come ha messo subito in evidenza la nuova ricerca di Swg, presentata per l’occasione (un precedente sondaggio, sempre a cura di Swg, affermava come la metà degli italiani è a favore della costruzione di centrali nucleari di nuova generazione, con il 17% di assolutamente favorevoli e il 31% di moderatamente positivi, mentre abbastanza contrario si dice il 15% degli intervistati), la questione energetica, agli occhi degli italiani, è un fattore centrale per la crescita del Paese al pari della solidità del tessuto industriale o finanziario. Nel confronto con gli altri principali Paesi europei, però, “la percezione è che l’Italia parta piuttosto svantaggiata, soprattutto rispetto ad un Paese come la Francia che fa un massiccio impiego del nucleare”.
Tuttavia, nella percezione degli italiani “se le centrali fotovoltaiche ed eoliche sono considerate le meno inquinanti e le più sicure, quelle nucleari sono le più efficienti e le seconde, dopo le fotovoltaiche, per costi, il che le pone complessivamente al terzo posto tra le tipologie di fonti di energia preferite. Forte è il bisogno informativo: solo una minoranza degli intervistati si ritiene molto o abbastanza informata sui temi della produzione e della gestione del nucleare. Il nucleare attira per la sua possibilità di soddisfare efficacemente i bisogni energetici del futuro, ma spaventa ancora per le questioni della gestione delle scorie e della sicurezza”. Al netto di ciò è ampiamente diffusa l’idea che il nucleare di cui si parla oggi sia molto diverso da quello di 30 anni fa, il che, sintetizza l’indagine, “spinge il 48% della popolazione a schierarsi a favore del ritorno ad un utilizzo dell’energia nucleare nel prossimo futuro”. Tanto che un eventuale referendum consultivo vedrebbe la prevalenza del sì, con un italiano su cinque che non è però in grado di esprimere una posizione.
Cotana ha avviato il dibattito focalizzando il suo ragionamento sulla transizione. “L’energia elettrica oggi è un vettore estremamente strutturale per la decarbonizzazione, se dobbiamo sostituire la benzina, il gasolio, per i trasporti ecco che siamo dinnanzi a una sfida enorme: la rete elettrica di 40-50 anni fa è oggi non più all’altezza. Una rete che deve oggi mantenersi in equilibrio tra produzione e domanda, altrimenti succede quello che abbiamo visto in Spagna, che è frutto di una cattiva interconnessione del Paese con il continente, oltre a una spinta, eccessiva, delle rinnovabili che in Spagna valgono l’80% del mix. Nessuno vuole limitare le rinnovabili in Italia, ma proprio per garantirne lo sviluppo dobbiamo avere delle fonti energetiche continue, cosa che fotovoltaico ed eolico non sono”. Quanto al nucleare, “nel momento in cui il processo di riduzione dei costi delle nuove tecnologie nucleari sarà ben avviato, le Nazioni che avranno saputo creare una base industriale interna beneficeranno di un indiscutibile vantaggio competitivo rispetto a quelle che decideranno di perseguire la decarbonizzazione con le energie rinnovabili e il gas naturale in impianti con cattura e stoccaggio di carbonio”.
Tornando a Nuclitalia e al suo ruolo, il presidente Resta ha rimarcato il ruolo degli small reactors. “L’atomo è divisivo e non è sostitutivo delle rinnovabili. Ma avere il nucleare significa rispondere un domani a esigenze energetiche crescenti e i reattori di ultima generazioni sono il primo passo. Pensiamo ai data center, senza l’atomo non potremo averli. Così come senza atomo non potremo governare delle crisi geopolitiche che, inevitabilmente, ci saranno. E senza nucleare non possiamo fare una buona politica industriale. Insomma, scegliere il nucleare oggi vuol dire avere delle carte da giocare domani. Perché il futuro va sicuramente nella direzione di un crescente fabbisogno energetico. Senza atomo, difficilmente questo fabbisogno potrà essere soddisfatto”.
Le conclusioni sono state affidate poi al ministro Pichetto Fratin. “L’Italia in futuro non potrà prescindere dal nuovo nucleare che oggi a livello di ricerca e sperimentazione sta esplodendo e che ci vede tra i primi paesi per livello di conoscenza. Oggi abbiamo la necessità di decarbonizzare e la necessità di rispondere alla domanda crescente: ogni ricerca su Google, su un cellulare, consuma come una lampadina da 40 watt per 9 minuti, quindi proviamo a fare la somma dei consumi”, ha sottolineato il responsabile dell’Ambiente. “Il tema della decarbonizzazione è oggi un tema europeo, c’è la necessità di includere il nucleare di nuova generazione in una visione integrata per contribuire concretamente alla decarbonizzazione del Paese. Poi, pandemia e Ucraina hanno contribuito a una presa di coscienza e cioé che ci serve più energia. La domanda di energia continuerà a crescere e sta già aumentando, rendendo necessario pianificare strategie realistiche e sostenibili, in grado di coniugare efficienza, sicurezza e tutela ambientale. Tutte le previsioni dicono che la domanda di energia aumenterà, quello che a me sta a cuore é fare dell’informazione, raccontare, anche da un punto di vista scientifico il nucleare. Ora c’è il ddl delega in Parlamento, su cui auspico un dibattito che faccia emergere le potenzialità di questa tecnologia”.