Con un settore da 56 miliardi di produzione e 54 miliardi di export, l’Italia avvia una riforma che ridisegna regole, spesa e distribuzione farmaceutica. Al ministero della Salute la presentazione del ddl delega sul Testo unico. Sguardo non solo all’organizzazione del sistema, ma anche alla sicurezza strategica
“Il ddl non è un semplice intervento normativo, ma rappresenta la volontà politica di arrivare a una riforma strutturale del settore”. Così il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha definito il disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei ministri sul Testo unico della legislazione farmaceutica, sottolineando come l’attuale cornice fosse “frammentata, stratificata e a volte contraddittoria”. L’obiettivo, ha ribadito, è arrivare a “una legislazione moderna, sostenibile e interamente al servizio della salute pubblica” e ad un quadro che “garantisca equità nell’accesso alle cure, sostenibilità economica del sistema, valorizzazione dell’eccellenza anche scientifica italiana”. “Non accetteremo compromessi al ribasso e non intendiamo ridurre la portata innovativa di questa riforma. La riforma non può e non deve diventare un terreno di contrattazione per interessi di parte, l’unica categoria che ci deve guidare è quella dei cittadini, il loro diritto alla salute e il loro diritto a un sistema efficiente”, ha concluso il ministro. Il cuore della riforma riguarda la riorganizzazione dei canali distributivi, con particolare attenzione al ruolo delle farmacie di prossimità, la revisione dei meccanismi di spesa e l’interoperabilità delle banche dati sanitarie.
GEMMATO: STOP AL GROVIGLIO LEGISLATIVO
“È finita l’epoca dei provvedimenti spot”, così il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, che ha la delega specifica sulla materia, ha ricordato come oggi il settore farmaceutico sia regolato da circa 700 norme distribuite in 100 provvedimenti diversi e interventi 20 leggi di bilancio. “Un groviglio legislativo che penalizza l’equità di accesso ai farmaci, crea differenze territoriali e ostacola l’industria”, ha spiegato. Da qui l’idea, lanciata l’8 maggio scorso, di un Testo unico che superi la stratificazione normativa ancora legata a due regi decreti del 1934 e 1938, ormai anacronistici.
L’ITER E LA COMMISSIONE DI ESPERTI
Dopo il confronto con gli stakeholder del 31 luglio e l’approvazione in Cdm il 18 settembre, il percorso si dovrebbe entro il 2026 – ha spiegato Marco Mattei, capo di Gabinetto del ministero della Salute – con quella che ambisce a essere una vera e propria riforma e non un riassunto di norme esistenti. Sul sito del Ministero è già disponibile una sezione dedicata, in italiano e inglese, che seguirà passo dopo passo l’evoluzione della riforma. L’obiettivo è quello di garantire anche l’engagement degli stakeholder internazionali nello sviluppo del TU. Un iter che si svolgerà in collaborazione con il ministero dell’Economia e delle finanze, quello delle Imprese e del made in Italy, dell’Ambiente e della sicurezza energetica, della Giustizia, delle Semplificazioni e Aifa. Accanto al lavoro politico-istituzionale, verrà istituita una commissione di studi indipendente. “Serve tenere insieme l’aspetto giuridico con quello tecnico”, ha osservato Mattei, a sostegno della necessità di un approccio multidisciplinare. La commissione, secondo quanto riportato nel corso della conferenza stampa, dovrebbe includere giuristi, affiancati anche da tecnici-scientifici ed economici.
PAYBACK
Il sottosegretario ha ricordato i passi intrapresi dal governo per alleggerire il peso del payback. Lo sforamento della spesa, ha spiegato “quest’anno ammonta a circa 4 miliardi di euro, con una compartecipazione dell’industria pari a 2 miliardi a favore delle Regioni”. Tra le azioni portate avanti dall’esecutivo l’innalzamento del tetto di spesa per gli acquisti diretti dall’8,3 all’8,5%; lo spostamento di alcune categorie di farmaci, – come le gliflozine – dalla distribuzione diretta a quella convenzionata; l’allocazione dei farmaci a innovatività condizionata nel Fondo degli innovativi, per un massimo di 300 milioni; e l’inserimento degli antibiotici reserve all’interno del fondo farmaci innovativi. Guardando alle sfide aperte, Gemmato ha richiamato innanzitutto l’invecchiamento della popolazione e il crescente costo dell’innovazione farmaceutica, fattori che rendono necessario “incrementare gradualmente la quota di spesa, oggi ferma al 15,3%”. Ha poi sottolineato l’opportunità di alzare ulteriormente il tetto della spesa diretta, per adeguarlo ai reali fabbisogni del sistema, auspicando, infine, l’apertura di una riflessione sulla prevedibilità della spesa, da affrontare “con equilibrio: garantendo da un lato la sostenibilità dei bilanci regionali, dall’altro offrendo alle imprese farmaceutiche la stabilità necessaria per programmare investimenti e bilanci preventivi”.
OLTRE I CONFINI
La riforma viene letta anche in chiave strategica. “Non è solo un tema sanitario, ma geopolitico”, ha osservato il sottosegretario, richiamando la dipendenza europea dall’importazione di principi attivi: l’80% arriva oggi da Cina e India, con fragilità evidenti sulla supply chain. Un terreno sul quale “c’è convergenza con la riforma della legislazione europea”, pur con divergenze sul fronte della proprietà intellettuale: “Chi investe in ricerca va sostenuto – ha detto Gemmato – evitando che questa fugga fuori dai confini italiani ed europei”.