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Tre anni di politica estera del governo Meloni. Risultati e obiettivi

Dalla nuova relazione con la Cina depurata della zavorra Via della Seta, al protagonismo in Ue e Nato; dalla special relationship con la Casa Bianca e l’Indopacifico, fino al Piano Mattei e alla centralità nella riunificazione balcanica, passando da aree mai battute prima come Asia centrale e America Latina. Che cosa ha fatto il governo Meloni sul piano internazionale

Quale bilancio fare in politica estera del primo triennio del governo guidato da Giorgia Meloni? In che modo le crisi politiche e belliche hanno impattato sulle decisioni di Palazzo Chigi? Su quali basi, valoriali e geopolitiche, è stata costruita da parte della premier la postura italiana nei dossier maggiormente impegnativi, come Nato, Ue, Stati Uniti, Mediterraneo, Balcani e Cina? Una ricognizione sulle principali sfide che il governo ha inteso affrontare può essere utile scomponendo i vari argomenti tarati sulle singole aree, al fine di mettere in evidenza che cosa ha prodotto il governo dal 2022 ad oggi, come si è trasformato il suo peso specifico tanto in Ue quanto nella Nato, perché ha deciso di attenzionare quadranti strategici ma fino a ieri poco battuti come l’Africa, l’Asia Centrale, il fronte sud: il tutto all’insegna di una sorta di proiezione globale non solo nel Mediterraneo, ma anche guardando a sfide affascinanti come le connessioni con l’Indo-Pacifico.

DIFESA, INTERNA E GLOBALE

L’approccio al macro tema della difesa è stato inteso dal governo in una doppia veste: la parte che tocca gli assetti interni, conseguenti alla rielaborazione geopolitica dello scacchiere internazionale dopo i fronti bellici e le minacce esterne e, conseguentemente, quella che investe il concetto di difesa Ue e l’impegno italiano nei fronti più caldi. Per cui accanto al controllo del territorio ecco confermarsi le missioni internazionali, le operazioni ad esse connesse, coadiuvate da nuovi assetti in alta e altissima prontezza operativa: nello specifico si tratta di 2.867 unità, 359 mezzi terrestri, 4 assetti navali e 15 assetti aerei. Una premessa tecnica per giungere al cuore della questione: la costruzione della nuova Nato, tramite il raggiungimento nel 2025 del 2% del pil, direttamente proporzionale al concetto di pilastro europeo dell’alleanza, imprescindibile per affrontare l’attuale panorama. In questo senso Roma ha portato a termine 8 accordi internazionali e 30 intese tecniche in ambito difesa, tra cui spicca il Gcap per lo sviluppo di sistemi d’arma di sesta generazione. Un passaggio nevralgico perché non riguarda esclusivamente la realizzazione del caccia di sesta generazione con partner di alto profilo, ma abbraccia l’evoluzione complessiva del sistema-Italia.

Inoltre il governo ha inteso porre una rilevante attenzione ai nuovi domini: Spazio, cyber, dimensione subacquea. Tre aspetti legati al merito delle singole aree ma al contempo uniti da un filo geopolitico e industriale, se solo si pensa al grande tema della difesa delle infrastrutture subacquee (come i cavi e gli interconnettori), dei sistemi informatici che governano interi paesi (come i siti dei trasporti, delle banche, degli enti locali), delle nuove autostrade spaziali. In questo senso spicca l’iniziativa legislativa italiana che ha inteso dotarsi della legge 90/2024, che rafforza la cybersicurezza nazionale con alcune novità strategiche anche per le Pubbliche Amministrazioni, oltre ad aver creato un Centro nazionale di crittografia. Anche lo Spazio è stato curato dal legislatore, tramite la legge 89/2025, nota anche come “Disposizioni in materia di economia dello Spazio”, che norma l’insieme delle attività spaziali, dando all’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) il ruolo di autorità tecnica nazionale per la regolamentazione e mira a sostenere le piccole e medie imprese nel settore, quindi coinvolgendo il settore produttivo italiano. Senza dimenticare il Piano del Mare 2023-2025, che coordina le politiche marittime nazionali e la nascita del Polo Nazionale della dimensione subacquea per studi e sviluppi di tecnologie. Il tutto va letto in una cornice di soft power che abbraccia una serie di iniziative peculiari, come il tour mondiale di Nave Scuola Vespucci che ha toccato tutti i Continenti, 32 Nazioni e 53 porti.

L’IMPORTANZA DELL’AFRICA

Il Piano Mattei per l’Africa, presentato a Roma nel gennaio 2024, sta procedendo lungo due direttrici di marcia: la progettualità concreta che si ritrova nella relazione con i singoli paesi coinvolti e l’intreccio geopolitico con le iniziative e le attenzioni di numerose istituzioni internazionali, come Ue (Global Gateway), Bei, Fmi e realtà africane. Tra le iniziative connesse ci sono il Corridoio regionale di Lobito (830 km di infrastrutture dall’Angola allo Zambia), il supporto allo sviluppo digitale africano e la creazione dell’AI Hub a Roma; il raddoppio delle borse di studio destinate alle Nazioni africane; lo sviluppo delle filiere agricole, del sistema idrico e dell’accesso all’energia; l’impiego di 248 mln per convertire il debito dell’Africa in progetti di sviluppo di risorse impegnate per progetti nei 14 Paesi. Inoltre l’attivismo progettuale italiano in Africa vede il favore degli Stati Uniti, interessati ad una prospettiva che possa in qualche modo stemperare l’invasività cinese in quel continente, anche a seguito del disimpegno francese dal Sahel e della lunghissima crisi strutturale libica. Il concetto del sud globale prende le sue mosse proprio da una consapevolezza geografica che si fa geopolitica.

SOSTEGNO ALL’UCRAINA

Più volte è stato ribadito come il primo passo in politica estera del governo non è stato il sostegno all’Ucraina semplicemente perché quell’appoggio a Kyiv era stato manifestato dal Meloni già nei primissimi giorni successivi all’invasione russa e, quindi, ben prima di salire a Palazzo Chigi. Le conseguenti politiche messe in campo a partire dal 2022, come i numerosi pacchetti di aiuti, seguono la direttrice di marcia volta a perseguire una pace giusta e duratura, garantita nel mentre da una serie di sostegni.

L’IMPEGNO NELLA CRISI MEDIORIENTALE

L’impegno sulla crisi mediorientale è stato da subito proiettato verso l’assistenza umanitaria, infatti l’Italia è stata la prima nazione occidentale per evacuazioni sanitarie da Gaza, compresa la cura e l’assistenza ai civili palestinesi in loco e negli ospedali italiani. Un quadro in cui non può non essere citata l’operazione umanitaria Food for Gaza, che ha permesso concretamente l’invio di aiuti (2mila tonnellate di farina, 200 tonnellate di altri aiuti alimentari e sanitari, 60 tonnellate di mangimi per animali, 15 camion donati). In secondo luogo Roma si è distinta per iniziative in campo culturale, come le borse di studio a studenti palestinesi e corridoi universitari. Un retroterra che ha permesso all’Italia di arrivare al tavolo egiziano della pace, dove sono state apposte le firme al piano Trump, che verosimilmente vedrà una sorta di “consiglio di amministrazione” a garanzia del piano con l’ex premier inglese Tony Blair e anche con Giorgia Meloni.

UNO SGUARDO ALL’AMERICA LATINA

Una delle novità messe in campo dal governo Meloni è stata la volontà di rafforzare il legame con l’America Latina, un quadrante in passato non sempre sufficientemente attenzionato da Roma nonostante il “vento favorevole” rappresentato dalla lingua e dalle numerose comunità di connazionali in loco, definite dal premier “la migliore e più ampia rete diplomatica del Paese”. Ciò fa parte di un generale risveglio dell’attenzione sull’America del sud, su cui le relazioni bilaterali stanno già avendo un positivo peso specifico complessivo. Ad esempio, la premier italiana dopo il G20 si è recata in visita bilaterale in Argentina. Un contesto in cui l’attenzione dell’Ue per il Sud America si traduce in un voler accelerare le sue politiche a quelle latitudini, anche grazie al trattato Mercosur, senza dimenticare che anche l’amministrazione Trump ha interesse ad essere più presente nel Sud America (altro elemento programmatico comune sulla rotta Washington-Roma).

LA RIUNIFICAZIONE BALCANICA

C’è una formula-chiave, nata nel 2022, che riecheggia nel rapporto tra l’Italia e il costone balcanico: il concetto di riunificazione balcanica. L’ha citato il premier per sottolineare una sorta di processo fondamentale anche per il futuro europeo, dove l’Italia sta offrendo un oggettivo sostegno. Lo dimostrano le numerose conferenze ad hoc promosse da Roma, accompagnate dallo strumento del business forum con paesi in difficoltà come la Serbia, in oggettivo progresso come la Croazia e guardando ai nuovi payers che avvertono la presenza e il sostegno italiano come Albania e Kosovo. Non è un caso che il rapporto tra Edi Rama e Meloni sia stato subito intenso, sia in riferimento al progetto-immigrazione con i centri inAlbania, sia nel coordinamento su tematiche che Bruxelles ritiene primarie nell’economia complessiva del processo di adesione, come la legalità, il progresso normativo, le relazioni commerciali, la garanzia delle libertà individuali.

Ecco perché accanto al Piano Mattei e al fronte sud, l’Italia globale vuole recitare il ruolo di pivot nel costone balcanico, con un marcato sostegno all’integrazione dei Balcani Occidentali nella Ue e con una oggettiva richiesta di Italia da parte di quei paesi. Numerose sono le manifestazioni di disponibilità giunte a Roma al fine di stimolare la presenza delle aziende italiane in loco, così come più volte osservato da Meloni, secondo cui “l’integrazione nell’Ue è un elemento chiave, la complementarietà tra la nostra manifattura e il sistema economico dei Balcani è crescente, nella nostra preziosa diversità, siamo tutti europei”.

CAMBIO DI PASSO SULLA CINA

Il cambio di passo rispetto al governo Conte è di merito e di metodo. Si può avere un rapporto equilibrato con la Cina attraverso il nuovo partenariato strategico, ma senza firmare impegni politici come la Via della Seta. Una mossa all’insegna del pragmatismo che deve gioco forza mescolarsi, ma in positivo, con il multilateralismo. Lo scorso anno si sono celebrati i 700 anni dalla morte di Marco Polo, occasione che Meloni ha colto per immaginare una nuova fase nelle relazioni fra i due paesi, ovvero un piano d’azione triennale che serva a rilanciare la sfida dell’interscambio e del commercio: “Se vogliamo un mercato libero deve essere anche equo”, ha spiegato. Nel 2024 ha effettuato la sua prima visita da premier a Pechino, mostrando anche un indirizzo legato alla contingenza europea, come il dossier legato all’auto elettrica con cui la Cina intende occupare fette di mercato, tra cui quello europeo. Per cui il nuovo rapporto con il governo Xi si poggia su una progettualità legata al partenariato bilaterale (compreso un memorandum sulla collaborazione in settori trainanti come commercio, investimenti, tutela della proprietà intellettuale e delle indicazioni geografiche, agricoltura e sicurezza alimentare, ricerca e formazione, ambiente, cultura e turismo) ma con alcune precisazioni: il cuore del piano è non far mancare un vantaggio reciproco alle relazioni commerciali, con l’assicurazione che le aziende operino in regime di libero commercio, quindi con particolare attenzione alla concorrenza.

LA NOVITÀ DI ASIA CENTRALE E CAUCASO

Un’altra novità messa in piedi dal governo è stata quella relativa ad una attenzione verso Paesi in cui mai l’Italia aveva manifestato interesse: quelli a cavallo tra Caucaso e Asia centrale. Le relazioni con Turkmenistan, Kaszakhstan, Uzbekhstan dimostrano che una nuova regionale geopolitica va arata, con costanza e cognizione di causa, alla luce di due elementi: da un lato la decisione di questi Paesi di svincolarsi dall’abbraccio “mortale” della Russia e quindi guardando più all’Ue e, dall’altro, la strategicità infrastrutturale ed energetica di tali Paesi, come il Trans-Caspian Transport Corridor, che collegherà l’Europa e l’Asia.


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