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Trump passa ai fatti con Lukoil e Rosneft. Maxi sanzioni contro il petrolio russo

Lukoil

Le misure americane contro Rosneft e Lukoil hanno fatto schizzare il prezzo del Brent e scatenato reazioni a catena sui mercati energetici globali. Bruxelles segue l’esempio con un nuovo pacchetto di sanzioni sul gas liquefatto, mentre Londra si era già mossa in anticipo

Dalle parole ai fatti. Dopo aver paventato per settimane (se non mesi) l’imposizione di sanzioni contro la Russia, alla fine il presidente statunitense Donald Trump ha trasformato in azioni le sue minacce. Nelle scorse ore Washington ha infatti comminato una serie di sanzioni rivolte contro i due colossi petroliferi russi, Rosneft e Lukoil, come risposta alle reticenze mostrate da Mosca nell’accettare un cessate il fuoco lungo l’attuale linea del fronte e di portare avanti il dialogo negoziale, reticenze che hanno portato alla sospensione (almeno per il momento) del summit tra il leader Usa e il presidente russo Vladimir Putin che avrebbe dovuto tenersi a Budapest nel prossimo futuro. Anche diverse sussidiarie con sede in Russia, controllate da Rosneft e Lukoil, sono state oggetto di sanzioni nell’ambito di questa iniziativa, che potrebbe impedire loro di effettuare transazioni in dollari statunitensi.

I risvolti pratici sul lato economico sono stati pressoché immediati: i prezzi del petrolio sono aumentati dopo l’annuncio degli Stati Uniti, con il greggio Brent in rialzo del 4% a 65,20 dollari al barile giovedì mattina. Le azioni delle major petrolifere Shell e BP quotate nel Regno Unito sono salite del 2,5%, mentre TotalEnergies, quotata a Parigi, ha registrato un aumento dell’1,4%.

Il segretario al Tesoro Scott Bessent ha dichiarato che “dato il rifiuto del presidente Putin di porre fine a questa guerra insensata, il Tesoro sta sanzionando le due maggiori compagnie petrolifere russe che finanziano la macchina da guerra del Cremlino”, affermando che gli Stati Uniti sono pronti a intraprendere ulteriori azioni e che gli Stati Uniti incoraggiano i propri alleati a unirsi a loro e ad aderire al regime sanzionatorio. “Si tratta di sanzioni molto severe”, ha invece affermato il presidente Trump, “ci auguriamo che non durino a lungo. Speriamo che la guerra possa essere risolta”.

L’Europa sembra aver accolto l’appello di Bessent, approvando a poche ore di distanza dall’annuncio della Casa Bianca il diciannovesimo pacchetto di sanzioni ai danni del Cremlino, incentrato principalmente sul commercio russo di Lng (Liquified Natural Gas). Già la scorsa settimana, invece, la Gran Bretagna aveva posto sotto regime di sanzioni le stesse aziende colpite oggi dalla Casa Bianca.

Ma l’azione americana non sembra destinata a fermarsi alla sola imposizione delle sanzioni. Trump ha infatti dichiarato di voler discutere con il presidente cinese Xi Jinping la questione dell’acquisto di petrolio russo da parte della Cina in occasione di un incontro previsto per la prossima settimana in Corea del Sud, mentre lo scorso martedì il leader statunitense ha affermato che il primo ministro indiano Narendra Modi gli ha assicurato che il suo Paese ridurrà gli acquisti. Considerando che in seguito allo scoppio del conflitto in Ucraina queste due nazioni sono divenute i principali acquirenti del combustibile russo, un loro effettivo dietrofront su questo tema rappresenterebbe un danno non da poco per l’apparato economico (e militare) russo.

Sulla scia dell’azione americana si colloca la dichiarazione del premier finlandese Petteri Orpo, che ha invitato Trump a compiere un ulteriore passo autorizzando Kyiv a utilizzare i missili da crociera Tomahawk per colpire obiettivi in profondità sul territorio russo, sostenendo che “Putin crede solo nella forza”.


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