Il presidente statunitense domani sarà in Egitto per la firma dell’accordo di Pace per Gaza. Trump ha invitato diversi Paesi, tra cui l’Italia, per dare maggiore peso politico al momento. Israele pianifica la fase due, pensando al disarmo di Hamas
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni dovrebbe partecipare a un vertice internazionale con il presidente statunitense, Donald Trump, in Egitto lunedì 13 ottobre. L’incontro, organizzato dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, che ha già mandato gli inviti a diversi governi interessati, rappresenterà un ulteriore passaggio politico-diplomatico per consolidare la tregua tra Israele e Hamas e avviare un percorso verso una pace duratura. La sede scelta è Sharm el-Sheikh, già teatro del cosiddetto “Accordo di Pace”, che proprio in quell’occasione sarà ufficializzato.
Alla riunione parteciperanno figure di primo piano dei governi di Germania, Francia, Regno Unito, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Turchia, Arabia Saudita, Pakistan, Indonesia e, appunto, Italia. A questa la lista iniziale elaborata dal Cairo, gli Stati Uniti hanno fatto delle aggiunte e ampliato l’invito a Spagna, Giappone, Azerbaigian, Armenia, Ungheria, India, El Salvador, Cipro e Grecia. Una fonte diplomatica, commentando indiscrezioni dei media, aggiunge che “anche l’Iran potrebbe sedersi al tavolo con noi” e che “sono i Paesi del Golfo a volerlo coinvolgere nel processo di tregua e nel percorso di pace collegato”. È comprensibile, visto il ruolo che Teheran ha nel tessere le fila del cosiddetto “Asse della Resistenza”, che riunisce vari gruppi combattenti regionali — tra cui Hamas.
Assente al vertice sarà Israele. Lunedì mattina Trump incontrerà il primo ministro Benjamin Netanyahu per un faccia a faccia dal forte valore, operativo e simbolico, dopo mesi segnati da critiche, pressioni e momenti di sostegno reciproco tra Washington e Tel Aviv. Successivamente, il presidente americano terrà un discorso davanti alla Knesset e incontrerà le famiglie degli ostaggi. Nel pomeriggio Trump volerà in Egitto per riunirsi con al-Sisi e partecipare alla cerimonia di firma con gli altri garanti dell’accordo di pace per Gaza — Egitto, Qatar e Turchia. Cerimonia trasformata in appuntamento internazionale con l’invito al vertice dei vari leader.
Nel frattempo, alla vigilia di queste evoluzioni, il ministro della Difesa israeliano, Yoav Katz, ha delineato la linea di Tel Aviv per la fase successiva: “La grande sfida per Israele dopo la fase di restituzione degli ostaggi sarà la distruzione di tutti i tunnel terroristici di Hamas a Gaza, direttamente da parte delle Idf e attraverso il meccanismo internazionale che sarà istituito sotto la guida e la supervisione degli Stati Uniti. Questo è il significato primario dell’attuazione del principio concordato di smilitarizzare Gaza e neutralizzare Hamas delle sue armi. Ho dato istruzioni alle Idf di prepararsi a portare a termine la missione”.
Il piano su cui ragiona lo Stato ebraico e quello su cui si muove la diplomazia internazionale non sembrano per ora particolarmente compatibili. Israele è più interessato ad attuare misure e implementazioni che possano portare benefici rapidi alla propria sicurezza nazionale. Gli altri attori coinvolti, regionali e non, cercano molto di più. La sfida è far combaciare queste esigenze più tattiche con la dimensione strategica — per imboccare un percorso verso una soluzione più o meno definitiva che eviti di ritornare agli scontri armati nei prossimi anni.