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Cosa ci dicono i nuovi chip di Baidu sulla corsa all’IA della Cina

Con i limiti all’export imposti dagli Stati Uniti, Pechino sta puntando tutto sull’autosufficienza, chiedendo ai propri colossi nazionali di trainare lo sviluppo tecnologico. Le novità annunciate dal Google cinese vanno in questo senso e dimostrano come l’alternativa cinese a basso costo stia insidiando i prodotti americani. Ma c’è ancora un divario e delle lacune da colmare

Baidu M100 e Baidu M300. La Cina si affida al suo cavallo di battaglia per sfidar gli Stati Uniti sull’Intelligenza artificiale. I due nuovi processori rappresentano un bel passo in avanti per Pechino, alle prese con le ormai note limitazioni all’export imposte dagli americani. Con l’M100, Baidu si focalizza sull’inferenza, ovvero l’utilizzo di modelli per rispondere agli input, e lo renderà disponibile fra pochi mesi, a inizio dell’anno scorso. Per l’M300, invece, bisognerà aspettare il 2027 e si tratterà di un processore più avanzato, più versatile, più adatto a gestire l’addestramento, la creazione dei modelli e l’inferenza. Infine, Baidu ha anche svelato la nuova versione del suo modello linguistico Ernie, da adesso capace di elaborare non solo il testo ma anche immagini e video, avvicinandosi ai rivali OpenAI, Google, Anthropic e Microsoft.

Per far fronte alle difficoltà del mercato, il Google cinese (come viene chiamato il principale motore di ricerca del gigante asiatico) si sta affidando alle nuove tecnologie. Durante la sua conferenza annuale, in cui ha svelato i due nuovi semiconduttori, Baidu ha anche annunciato il Tianchi 256, tanti quanti saranno i chip P800 che verranno messi insieme per ottenerne uno più potente. La realizzazione è stata possibile grazie alle architetture supernodo, ossia dei sistemi che uniscono centinaia di chip per compensare le carenze di un singolo semiconduttore. Nella seconda metà del 2026, l’azienda si prepone di lanciare anche un’altra versione del Tianchi che verrà utilizzato con 512 chip.

Questi strumenti saranno messi a disposizione delle aziende cinesi, che potranno così sfruttare semiconduttori potenti, a basso costo e sicuri visto che vengono controllati a livello nazionale.

La serie di annunci di Baidu non si ferma solo alle novità appena elencate, ma evidenzia un aspetto più grande. La Cina, come detto, deve barcamenarsi tra i tanti ostacoli strategici che il governo degli Stati Uniti le mette di traverso per impedirle di progredire nello sviluppo. Ma Pechino sta dimostrando di raggiungerlo anche tramite i suoi modelli nazionali, stimolandoli a far meglio. Tutti devono contribuire: non solo Baidu, ma anche Tencent, Alibaba, ByteDance, Huawei (anche quest’ultima sta adottato il supernodo per i suoi chip Ascend).

In questo modo la produzione e il consumo rimangono dentro le mura di casa, mentre al contempo viene lanciata una sfida ai colossi rivali, come Nvidia, leader indiscussa del mercato dei semiconduttori. Ma non più inarrivabile, visto che alcuni chip di Alibaba eguagliano (non tutte) le prestazioni dell’H20. Un’autosufficienza che si è fatta esigenza primaria dopo che il governo di Pechino ha accusato Nvidia di essere un pericolo per la propria sicurezza nazionale.

Restano ovviamente delle criticità e delle mancanze che non permettono di raggiungere gli Stati Uniti, almeno per il momento. Gli strumenti tech americani restano ancora superiori, mentre anche la Cina non è esente dal tema dell’energia, uno dei principali problemi legati all’intelligenza artificiale. Ma Pechino ha tracciato la strada che deve seguire se vuole accorciare il divario dagli Usa. Una strada che fa rima con il “fai da te”.


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