Quella della giustizia è una riforma che renderà il nostro Paese migliore tutelando sia i cittadini, che avranno un giudice terzo, sia la magistratura. Sono fiducioso che il referendum possa andare bene. Il sorteggio spezzerà il legame con le correnti. E i due Csm sono una garanzia di imparzialità. L’Alta Corte? Un’idea di Violante. Colloquio col viceministro Francesco Paolo Sisto
Tanti padri, tutti diversi e con una storia che fa capolino su pressoché ogni latitudine politica. Matteotti, Calamandrei, Chiaromonte, Terracini, Moro, Giovanni Falcone. La separazione delle carriere dei magistrati – architrave della riforma sulla giustizia divenuta legge dopo l’ultima votazione in Senato – è, prima di tutto “un’operazione di cultura costituzionale ”. Francesco Paolo Sisto, viceministro di Forza Italia alla Giustizia tratteggia il risultato della votazione quasi come una tela rinascimentale. Fatta di colori differenti che si compenetrano. D’altra parte, dice nella sua intervista a Formiche.net, “non è una riforma contro qualcuno, ma a tutela dei cittadini e dei magistrati”.
Sisto, la narrazione che arriva dall’altra parte della barricata, però, è differente. Come se lo spiega?
In parte queste resistenze me le spiego. Chi è sempre stato abituato a gestire il potere assecondando logiche correntizie, è comprensibile che si schieri contro una riforma che invece interviene spezzando proprio questo legame patologico. Ma, tengo a sottolinearlo, questa non è una riforma contro la magistratura, anzi, ne favorisce la sana meritocrazia.
Qualcuno sostiene che il ruolo del pm sarà rafforzato. Un’eterogenesi dei fini?
Se il Pm guadagna un punto, il giudice ne guadagna dieci. È un problema eufemisticamente inesistente: l’impianto complessivo della riforma si snoda proprio attorno al ruolo della magistratura giudicante. Per noi è fondamentale garantire la terzietà del giudice, diverso da chi accusa come da chi difende. Con questo provvedimento, nei fatti, diamo attuazione a quanto stabilito dall’articolo 111 della Costituzione, parità delle parti dinanzi al giudice, terzo, imparziale e quindi necessariamente diverso. Lo spirito che ci ha mosso ricalca quello dei Padri Costituenti, una riforma di pura ispirazione costituzionale.
Qui si arriva al punto più dibattuto: la separazione delle carriere dei magistrati e l’istituzione dei due Csm.
L’obiettivo di fondo è quello di proteggere il cittadino, ma anche il magistrato, evitando “parentele” fra chi giudica e chi indaga e accusa. Non si è mai visto che un arbitro tedesco sia designato a dirigere una partita fra Italia e Germania! Fuori di metafora: se vogliamo che il giudice sia davvero terzo, deve, per diversità genetica, rispondere a un Csm analogamente diverso da quello a cui rispondono i pubblici ministeri e viceversa.
Il sistema del sorteggio per i componenti lei pensa possa essere efficace?
È un metodo che libera il magistrato dal peso insopportabile delle correnti. Interviene proprio per spezzare il legame tra Csm e Anm: forse inelegante, ma indispensabile per esorcizzare i fantasmi, ahimè reali, evocati da Luca Palamara. Coloro che siedono nell’organo di autogoverno della magistratura devono essere scevri da tali inaccettabili condizionamenti e potere esercitare al meglio le proprie funzioni.
Non è, dunque, un tentativo di subordinare la magistratura al potere esecutivo?
Questa, per dirla con Mel Brooks, è una balla spaziale, montata ad arte nel tentativo di screditare la riforma. Lo dimostrano i fatti e le norme: l’articolo che sancisce l’autonomia e la indipendenza di tutta la magistratura, all’interno della riforma, è rimasto intatto. E nessuno
intende sottoporre i Pm al potere esecutivo!
A sinistra i partiti di minoranza gridano all’attacco alla democrazia. Eppure, anche a sinistra negli anni più di una voce si è levata per sostenere la bontà della separazione delle carriere dei magistrati. Un cortocircuito?
Più che altro il tentativo di delegittimare il lavoro fatto non solo dal governo, ma da una larga parte del Parlamento. Perché, giova ricordarlo, anche alcune forze di opposizione hanno appoggiato questa riforma. Veniamo al punto: per capire, senza andare troppo indietro – mi viene in mente la bicamerale D’Alema – basta tornare alla mozione Martina del 2019, sottoscritta da autorevoli parlamentari dem, tutt’ora seduti nei banchi di Palazzo Madama, laddove si sosteneva la necessità di separare le carriere tra magistratura requirente e giudicante. Hanno cambiato improvvisamente idea?
E l’Alta Corte per i provvedimenti disciplinari?
È un altro degli architravi della riforma. Anche su questo, però, va ricordato, a riprova della trasversalità della riforma, che l’idea dell’Alta Corte è di Luciano Violante: non propriamente una personalità politica con idee sovrapponibili a quelle dell’attuale esecutivo.
In Aula c’è chi ha sventolato cartelli con la scritta “Pieni poteri”. Come risponde?
Le fake news si commentano da sole. Quella dei pieni poteri è un’altra posizione totalmente incomprensibile e che non ha alcun riscontro fattuale nella riforma appena approvata. Uno slogan deviante e del tutto fuori tema.
Con ogni probabilità tra fine marzo e metà aprile ci sarà il referendum confermativo. Pensa che potrà dare un esito positivo?
Sono fiducioso. Sinceramente, dopo avere ascoltato di tutto e di più , non ci sono motivi reali per opporsi alla riforma della Giustizia. Qual è il cittadino che, entrando in un’aula di tribunale, non vorrebbe un processo penale più equo nel quale il giudice è equidistante da chi accusa esattamente come da chi difende? È per questo che parlo di riforma spiccatamente culturale.
Il giusto processo, però, passa anche dalle tempistiche del processo. Come agisce la riforma in questo senso?
Sulla velocizzazione dei processi siamo già intervenuti, raggiungendo, ben prima dei tempi parametrati dall’Ue, i risultati che dovevamo raggiungere. Di più: entro il 2026 arriveremo al complemento degli organici della magistratura, continuando con i concorsi, proseguiremo nell’investire sul processo telematico, miglioreremo ancora edilizia e logistica.
Come legge, in prospettiva della fase referendaria, il ruolo dell’informazione?
Va fatta corretta informazione, evitando derive capziose e polemiche strumentali come quelle già in parte montate all’indomani dell’approvazione definitiva. Il terrorismo ideo-psicologico a cui abbiamo assistito in questi giorni non è accettabile.
Forza Italia dedica l’approvazione della riforma a Silvio Berlusconi. Tuttavia, la battaglia per la separazione fu, tra gli altri, anche di Marco Pannella.
È verissimo. La riforma ha tanti padri, di sensibilità politiche molto differenti, talvolta. Berlusconi ieri e Tajani oggi hanno raccolto e vivificato il progetto e innestato questa battaglia di civiltà. La trasversalità costituisce la dimostrazione che non si tratta di una riforma del governo, ovvero contro qualcuno. È una riforma che renderà l’Italia un Paese con una giustizia migliore.
















