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Dallo spazio alla Terra, la cooperazione che fa rima con crescita. Scrive Lisi

Di Marco Lisi

La cooperazione internazionale nello spazio si afferma come nuova frontiera della diplomazia della crescita: non più relazioni asimmetriche tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo, ma partnership paritarie fondate su innovazione, interdipendenza e valore condiviso. L’economia spaziale, sempre più trainata dai servizi downstream, diventa motore di sviluppo sostenibile, export e dialogo globale, oltre le tradizionali logiche geopolitiche. L’analisi di Marco Lisi, inviato speciale per lo spazio del Maeci

La cooperazione internazionale rappresenta uno dei pilastri fondamentali della diplomazia moderna, in uno scenario geopolitico multilaterale ed in rapida evoluzione. È tuttavia ancora diffusa un’interpretazione potremmo dire “coloniale” della cooperazione, basata su concetti obsoleti quali quelli di Paese sviluppato e Paese emergente ed in via di sviluppo.

Queste categorie, oltre ad essere sorpassate, non rendono merito alla verità della situazione: i tradizionali asset del mondo occidentale (tradizione culturale, know-how industriale e tecnologico) rischiano di impallidire al confronto di altrettanto importanti asset che i Paesi cosiddetti emergenti possono mettere sul tappeto: risorse energetiche, risorse naturali, potenziale demografico, caratterizzato quest’ultimo da milioni di risorse umane giovani e sempre più culturalmente preparate.

Questa situazione è tanto più evidente se si parla di cooperazione internazionale in ambito altamente tecnologico e specificatamente nello spazio, dove scienza e tecnologia si intrecciano per promuovere lo sviluppo sostenibile e la crescita economica.

In un’era in cui l’esplorazione spaziale non è più appannaggio esclusivo di poche superpotenze, ma un’arena globale, concetti come la “diplomazia della crescita” emergono come paradigmi chiave. Questa forma di diplomazia, che coniuga innovazione tecnologica con obiettivi di politica estera, mira a rafforzare i legami tra nazioni attraverso partnership paritetiche, favorendo l’aumento dell’export, la creazione di valore reciproco e la valorizzazione degli asset nazionali.

Il termine “diplomazia della crescita” si riferisce a una strategia di politica estera che utilizza lo spazio come leva per stimolare l’economia nazionale e internazionale. In Italia, ad esempio, questo concetto è stato al centro della giornata iniziale degli Stati generali della Space economy del 2025, ospitata dal ministero degli Affari esteri, dove si è discusso di come la diplomazia spaziale possa fungere da motore di crescita, coniugando innovazione, sicurezza e cooperazione multilaterale. Come espresso dal vice-presidente del Consiglio, ministro Tajani, lo spazio non è solo un dominio scientifico, ma uno strumento diplomatico per negoziare accordi bilaterali e multilaterali che promuovono investimenti e trasferimenti tecnologici.

La diplomazia della crescita non si fonda sulla contrapposizione, ma sull’interdipendenza: i Paesi collaborano per creare valore, costruire infrastrutture scientifiche comuni e condividere i benefici economici derivanti dalle nuove frontiere tecnologiche. Lo spazio, per la sua natura intrinsecamente globale, diventa così un laboratorio di relazioni internazionali orientate al futuro.

Questa diplomazia si basa sulle positive previsioni sul ruolo dello spazio nella crescita economica globale.

Il dato ormai acquisito è che il valore globale dell’economia spaziale ha raggiunto i 613 miliardi di dollari nel 2024, di cui il 78% nel comparto commerciale ed il 22% in quello istituzionale/governativo, con una crescita del 7,8% rispetto all’anno precedente.

Per quanto riguarda il futuro, le stime prevedono che l’economia spaziale globale potrebbe raggiungere i 1.000 miliardi di dollari entro il 2032, con un impatto trasversale su settori come le telecomunicazioni, l’agricoltura di precisione, la ricerca di nuove risorse naturali e la mitigazione dei cambiamenti climatici.

Vale qui la pena di notare che, contrariamente a quanto normalmente creduto, la percentuale prevalente dei ricavi futuri non deriverà dalle attività spaziali manifatturiere, quanto dalle applicazioni e dai servizi, il cosiddetto downstream.

Le infrastrutture orbitali (upstream), che includono satelliti, lanciatori e stazioni spaziali, rappresentano il fondamento tecnico dell’economia spaziale, abilitando l’accesso allo spazio e le operazioni di base. Tuttavia, le applicazioni e i servizi downstream (user-oriented, come comunicazioni satellitari, navigazione, osservazione della Terra e applicazioni derivate in settori terrestri) sono i principali motori della crescita economica, generando la maggior parte dei ricavi e delle proiezioni future.

In altre parole, le infrastrutture upstream sono cruciali per abilitare l’ecosistema (senza di esse, nessun servizio), ma i servizi downstream contano di più nella crescita economica, rappresentando la maggior parte dei ricavi futuri e attraendo investimenti commerciali.

Ed è quindi proprio sul downstream, cioè su quella parte del business spaziale che beneficia trasversalmente tutti i settori dell’economia, che puntano primariamente molti governi dei Paesi emergenti.

Al cuore della cooperazione spaziale vi è la collaborazione paritetica, dove ogni nazione contribuisce in base alle proprie capacità, senza gerarchie dominanti.

La Stazione spaziale internazionale (Iss) ne è stata finora l’esempio paradigmatico: un progetto che unisce 15 nazioni, tra cui Usa, Russia, Europa, Giappone e Canada, attivo da quasi 30 anni. Qui, ogni partner fornisce moduli, tecnologie e astronauti, condividendo i rischi e i successi. Tale parità ha permesso di superare tensioni geopolitiche, come quelle tra democrazie occidentali e Russia, dimostrando come lo spazio possa essere un ponte per il dialogo.

Nei prossimi anni, con l’avvento delle stazioni spaziali commerciali e nazionali, la base di partecipazione si allargherà ulteriormente, con l’ingresso di nuovi attori, quali, ad esempio, la Cina, l’India, l’Africa (è recente la creazione dell’Agenzia spaziale africana) e gli Emirati Arabi.

Uno dei principali vantaggi della cooperazione internazionale nello spazio è l’aumento dell’export nazionale. Le partnership permettono alle industrie di accedere a mercati globali, esportando tecnologie, servizi e componenti. In Italia, la diplomazia spaziale ha facilitato accordi che posizionano le imprese nazionali come leader in settori come la robotica e i satelliti, contribuendo alla crescita dell’export aerospaziale. Molto di più ci si attende dal settore downstream, dove l’Italia è leader nel settore dell’Osservazione della Terra e sta sviluppando, grazie agli investimenti Pnrr, Iride, un grande sistema di costellazioni per la raccolta di immagini e dati, con valenza globale.

Alla base delle cooperazioni internazionali deve esserci la creazione di valore per tutte le parti coinvolte, in un rapporto intrinsecamente win-win, che crea valore reciproco attraverso la condivisione di risorse e conoscenze, valorizzando allo stesso tempo i rispettivi asset nazionali. Ma se il business è spesso la molla iniziale, il valore creato va oltre l’economico: include pace e prosperità, come sottolineato dalle iniziative di space diplomacy che mitigano tensioni e conflitti geopolitici.

Il futuro non è tuttavia sgombro da sfide e difficoltà: si richiede una governance globale dello spazio basata su principi di equità, trasparenza e sostenibilità, ma il quadro normativo internazionale, a partire dall’Outer space treaty del 1967, fatica a tenere il passo con l’evoluzione tecnologica e con la crescente presenza di attori privati. In questo contesto, la cooperazione internazionale diventa una condizione necessaria per evitare la frammentazione normativa e assicurare che la crescita nello spazio sia inclusiva, sostenibile e pacifica.

Affrontando insieme grandi sfide, dalla conservazione del nostro pianeta all’esplorazione lunare e di Marte, le partnership internazionali non solo avanzano la scienza, ma rafforzano la pace e la prosperità.

Lo spazio è il nuovo fronte della diplomazia, dove la crescita non è una somma zero, ma un bene collettivo che si moltiplica attraverso la cooperazione.


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