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Jimmy Lai e non solo, una mozione per tutti gli attivisti pro-democrazia di Hong Kong

L’iniziativa si colloca nell’ambito di un’attività di sensibilizzazione sostenuta anche dai parlamenti di Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia e dal Parlamento europeo. Il prossimo dicembre infatti saranno 5 anni dalla detenzione del fondatore ed editore di Apple Daily, quotidiano pro-democrazia di Hong Kong. L’intervento di Giulio Terzi

Il prossimo dicembre marcherà il quinto anno di detenzione di Jimmy Lai, fondatore ed editore del quotidiano pro-democrazia di Hong Kong,  Apple Daily.

Il giornale era impegnato a raccontare agli abitanti di Hong Kong e al mondo le manifestazioni oceaniche di milioni di cittadini di Hong Kong contrari, in particolare, all’adozione di una legge liberticida, quella sulla Sicurezza Nazionale.

Una legge imposta da Pechino all’ex colonia britannica nel 2020 che rende un potenziale bersaglio chiunque critichi o si opponga alla linea ufficiale del Partito Comunista Cinese.

È proprio sulla base di tale legge che Jimmy Lai è stato processato con le accuse di sedizione e collusione con forze straniere benché, come affermato ripetutamente dai suoi avvocati, non abbia mai proposto l’indipendenza di Hong Kong dalla Cina né abbia “tramato” con Paesi stranieri.

Il processo, il cui inizio è stato rinviato più volte, è terminato lo scorso agosto e dunque dovrebbe essere imminente il verdetto. Il rischio è che Lai riceva una “sentenza esemplare”. Il messaggio sarebbe chiaro: se un imprenditore e editore della sua portata viene condannato all’ergastolo, nessuno può sentirsi al sicuro.

La situazione è aggravata dalle condizioni di salute del 77enne ex editore che il carcere non fa che peggiorare, soprattutto se si considera che il detenuto ha già trascorso lunghissimi periodi in isolamento.

Il 27 ottobre si è svolta su mia iniziativa una conferenza stampa nella sala Nassirya del Senato sul caso di Jimmy Lai.

Abbiamo denunciato la gravità degli abusi dei diritti umani e della libertà di stampa avviata con la cessione nel 1997 di Hong Kong alla giurisdizione cinese, che ha determinato una sempre più evidente violazione della Dichiarazione sino-britannica del 1984.

Giulio Terzi e Sebastien Lai

Sono intervenuti il figlio di Jimmy Lai, Sebastien; Mark Sabah, direttore della Fondazione per la Libertà a Hong Kong; Eleonora Mongelli, Segretario Generale della Federazione Italiana Diritti Umani; Matteo Angioli, Segretario Generale del Comitato Globale per lo Stato di Diritto “Marco Pannella”.

A conclusione dell’evento ho preannunciato una mozione che ho poi presentato assieme ai colleghi Susanna Campione, Andrea De Priamo, Roberto Menia e Antonella Zedda. La mozione “impegna il Governo ad attivarsi presso le sedi opportune a tutela dei diritti di Jimmy Lai e di tutti gli attivisti pro democrazia a Hong Kong”.

L’iniziativa si colloca nell’ambito di un’attività di sensibilizzazione sostenuta anche dai parlamenti di Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia e dal Parlamento europeo.

Come sottolineato da Sebastien Lai, la chiusura dell’Apple Daily e di altri organi di stampa a Hong Kong ha segnato la fine della libertà per la quale suo padre si è sempre speso senza esitazione alcuna.

Nella classifica annuale per l’anno 2025 redatta da “Reporters sans frontières”, Hong Kong è oggi al 140° posto, retrocedendo dal 135° nel 2024, dall’80° nel 2020, dal 70° nel 2015 e dall’8° nel 2002. Una caduta dai primissimi agli ultimissimi posti di una eloquente classifica sulla libertà di stampa.

Jimmy Lai – si è ancora ricordato nella conferenza stampa al Senato – non voleva solo difendere un giornalismo libero ma un orizzonte più ampio: quello del principio “un Paese, due sistemi” alla base dell’accordo del 1984. Un impegno che è stato spazzato via dalla Legge sulla Sicurezza Nazionale e dall’autoritario stravolgimento della legislazione elettorale.

È in tale contesto che anche al vertice Ue-Cina dello scorso luglio Bruxelles ha ribadito profonda preoccupazione per i diritti umani in Xinjiang e in Tibet e per gli abusi contro gli “human rights defenders”, di cui Jimmy Lai è sempre stato assoluto protagonista esemplare.


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