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Ucraina e Piano Mattei per l’Africa. La prima giornata di Meloni al G20

Il vertice di Johannesburg ha visto Meloni impegnata su due fronti. L’analisi con i leader europei sul piano Witkoff nella dichiarazione dei volenterosi, preoccupati per le limitazioni proposte alle forze armate ucraine; e poi la posizione del governo di Roma sulle aspirazioni e sul ruolo del Piano Mattei, che si ritrova nel cosiddetto “spirito di Ubuntu”

Sono due i filoni di lavoro che hanno visto impegnata la presidente del consiglio Giorgia Meloni in occasione del G20 di Johannesburg: da un lato i caminetti di analisi sulla guerra in Ucraina (dopo il contatto telefonico di ieri con il cancelliere tedesco), con la dichiarazione dei leader che puntualizzano una critica al piano per l’Ucraina alla voce “limitazioni proposte alle forze armate ucraine”; dall’altro il cosiddetto “spirito di Ubuntu”, alla base del vertice sudafricano e che secondo la premier si ritrova nella filosofia che ha guidato l’Italia attraverso la lente del Piano Mattei per l’Africa, ovvero “un modo nuovo di guardare al continente africano, non come un problema ma come una opportunità”.

In prima battuta spiccano le parole dei leader sull’Ucraina, ovvero il presidente Costa, la presidente von der Leyen, il primo ministro Carney, il presidente Stubb, il presidente Macron, il primo ministro Martin, la presidente Meloni, la primo ministro Takaichi, il primo ministro Schoof, il primo ministro Sánchez, il primo ministro Starmer, il cancelliere Merz e il primo ministro Støre. Tutti accolgono con con favore i continui sforzi degli Stati Uniti per portare la pace in Ucraina e tutti ritengono la bozza dei 28 punti un buon punto di partenza, che però richiederà ulteriore lavoro. Se i firmatari si dicono pronti a impegnarsi per garantire che una pace futura sia sostenibile, al contempo sono chiari sul principio che i confini non devono essere modificati con la forza. Inoltre, ed è l’elemento che spicca a Johannesburg, si definiscono “preoccupati per le limitazioni proposte alle forze armate ucraine, che renderebbero l’Ucraina vulnerabile a futuri attacchi”. In questo senso precisano che l’attuazione degli elementi relativi all’Unione Europea e alla Nato richiederebbe il consenso rispettivamente dei membri dell’Ue e della Nato.

In secondo luogo la prima giornata sudafricana è stata l’occasione per la presidente del Consiglio di declinare i temi del G20 alla luce del contributo, dialettico e pratico, rappresentato dal Piano Mattei. Lo ha sottolineato oltremodo Meloni nel corso del suo intervento quando ha ricordato che non può che definirsi “simbolico” un vertice del genere che si tiene per la prima volta in Africa, per cui è impossibile parlare di un modello di cooperazione e sviluppo per il futuro senza l’Africa. Passaggio nevralgico del suo intervento è stato quello relativo al passato (“ora conosciamo molto bene gli effetti reali della globalizzazione sfrenata, molto distanti da quelli che ne venivano decantati. E sono errori che non possiamo ripetere. L’Organizzazione Mondiale del Commercio ha bisogno di essere ripensata”) ma anche quello relativo al futuro. Un domani che in Africa può contare su una base progettuale chiamata Piano Mattei, grazie ad “un modo nuovo di guardare al continente africano, non come un problema ma come una opportunità”.

Il bivio che rende il tema diverso dal passato è quello che vira, deciso, verso sinergie ben strutturate con l’Unione Africana, le Nazioni Unite, le istituzioni finanziarie internazionali e l’Unione europea con il Global Gateway. Meloni cita i risultati che sta producendo, come il Corridoio di Lobito tra Angola e Zambia per collegare e far prosperare regioni oggi isolate, l’apertura a Roma dell’AI Hub for Sustainable Development, che coinvolgerà centinaia di start-up africane per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, fino all’utilizzo delle acque reflue nell’ambizioso progetto Tanit in Tunisia per il recupero di terreni improduttivi.

“Penso che nessuno possa davvero pensare di aiutare il continente africano semplicemente accettando che centinaia di migliaia di giovani africani paghino i trafficanti per raggiungere l’Europa – ha spiegato – Per questo, insieme alla Nigeria, e in partenariato con la Global Partnership for Education, abbiamo lanciato una campagna per raccogliere 5 miliardi di dollari e migliorare l’istruzione di 750 milioni di bambini in diverse Nazioni”. Infine il riferimento a quella zavorra che si chiama debito a proposito del quale l’Italia ha deciso di ridurre, nei prossimi dieci anni, il debito dei Paesi a reddito medio basso del 50% e soprattutto di riconvertire l’intero debito dei Paesi meno sviluppati in piani di investimento per quei Paesi. “Una scelta che considero una scelta di giustizia e di responsabilità, che speriamo altri seguiranno”, ha concluso.


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