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Ue e Africa, si ricomincia. Tarre rare, difesa e business (ma attenzione alla Cina)

Molti i progetti che necessitano del Mediterraneo (e quindi dell’Italia) per collegare Africa ed Europa, rendendo il mare nostrum ancora più strategico rispetto ad un oggi già gravido di centralità

L’Unione Europea è il maggiore investitore in Africa con 240 miliardi di euro solo nel 2023, ma ciononostate non è fin ad oggi riuscita ad imporsi come player geopolitico primario, superata Cina e Russia. Un trend che può e deve essere invertito, anche grazie all’Italia.

Una delle maggiori riflessioni progettuali che scaturiscono dal Vertice Ue-Ua in Angola si ritrova alla voce futuro, ovvero come potrà l’Ue migliorare il proprio status nel continente anche alla luce di una serie di cambiamenti oggettivi che si sono verificati negli ultimi tre anni. Le guerre, le strategie sulle terre rare (il 3 dicembte verrà pubblicato il nuovo piano per l’energia) e il Piano Mattei. Tutti elementi che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha bene in mente e che sta provando a utilizzare in modo utile al raggiungimento dell’obiettivo finale. Punto di partenza è il concetto di catene del valore, che von der Leyen ha cerchiato in rosso nelle sue valutazioni a Luanda.

Più investimenti in infrastrutture, materie prime essenziali, digitale, clima, transizione energetica: sono essenzialmente queste le promesse europee avanzate in occasione del settimo vertice tra Unione Europea e Unione Africana, che cade nel venticinquesimo anniversario di relazioni tra i due soggetti (l’Unione africana riunisce 55 ben nazioni del continente). Ma per far camminare meglio la cooperazione tra le parti occorre una maggiore integrazione economica e per questa ragione è stato siglato un memorandum tra la Commissione europea e il Segretariato dell’Area di libero scambio continentale africana. Su tutti spiccano i 94 milioni di euro destinati alle imprese gestite da giovani in paesi strategici come Ghana, Gambia, Costa d’Avorio, Mali, Senegal, Niger, Burkina Faso, Guinea, Uganda, Madagascar, Camerun e Sierra Leone. “Ora è il momento di investire in Africa e di collaborare con l’Africa”, ha osservato la presidente della commissione nel suo intervento nella consapevolezza che questo continente “ha tutto ciò che serve per garantire prosperità al suo interno e plasmare l’economia globale di domani, detiene il 60% delle migliori risorse solari al mondo, in un momento in cui la domanda globale di energia pulita è in forte crescita”.

La parola chiave è “vantaggi reciproci”. Come il progetto Global Gateway che, anche se in zona cesarini, prova a stemperare in chiave europea lo strapotere cinese a quelle latitudini con una spiccata attenzione ai metalli e alle applicazioni per la difesa; o come il corridoio di Lobito che avrà il pregio di cucire idealmente Zambia, Angola e Repubblica Democratica del Congo e Zambia e così allacciare i mercati regionali a quelli mondiali; o come la nuova attenzione verso l’Africa Orientale tramite il cavo Blue-Raman, un’infrastruttura digitale innovativa che permetterà di unire l’India alle economie europee. Ecco i passaggio sul concetto di win-win: si tratta di progetti che necessitano del Mediterraneo (e quindi dell’Italia) per collegare Africa ed Europa, rendendo il mare nostrum ancora più strategico rispetto ad un oggi già gravido di centralità. Bruxelles in questo senso può contare sull’apporto di Roma.


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