Nel pieno del conflitto, le università ucraine hanno scelto di non fermarsi, trasformando la crisi in un’occasione per accelerare innovazione, ricerca e servizi civili. Tra formazione, digitalizzazione e capacità amministrativa, gli atenei ucraini stanno contribuendo alla gestione dell’emergenza e alla progettazione del dopo-guerra. Con l’esperienza italiana sul Pnrr che offre un modello utile per definire governance, coordinamento e responsabilità nella futura ricostruzione del Paese
Anche se il conflitto in Ucraina è ancora in corso, riflettere su come portare avanti il processo di ricostruzione post-bellica in modo preventivo sembra essere una scelta piena di senno. L’evento sulla ricostruzione dell’Ucraina tenutosi lo scorso luglio Roma è stato un primo grande passo avanti in questo senso, ma è sbagliato pensare che la discussione su questi temi si esaurisse in quel contesto. Al contrario, quella kermesse può essere interpretata come l’avvio di una più ampia serie di iniziative volte proprio a portare avanti i lavori iniziati lo scorso luglio.
In questo filone si colloca l’evento “Leadership, universities and resilience in times of war”, organizzato dalle docenti della Luiss Carolina de Stefano e Kristina Stoeckl e tenutosi presso i locali della stessa università in data 11 novembre, in concomitanza con la visita presso l’ateneo di una delegazione dell’Università Cattolica Ucraina (Ucu) di Lviv . Obiettivo del convegno è stato quello di approcciare in modo pragmatico le questioni di resilienza e ricostruzione nella dimensione universitaria, e più in generale in quella dell’istruzione superiore, seguendo un approccio di ampio respiro e coinvolgendo partecipanti con diversi background in un dibattito da cui sono emersi alcuni punti chiave sulla gestione di una situazione così complessa .
Nel pieno della guerra, le università ucraine (al pari di molte altre istituzioni del Paese) hanno dovuto far fronte a una pressione immensa. Ma anziché limitarsi alla sopravvivenza, gli atenei hanno assunto un approccio proattivo in un momento di krisis, cogliendo le opportunità fornite dalla tragedia per accelerare processi di sviluppo, innovazione e adattamento. Muovendosi lungo due direttrici: una è quella di contribuire alla vittoria e alla costruzione di una pace giusta e duratura; l’altra, quella di sostenere la resilienza della società civile.
Nel primo caso, l’idea è quella di integrare l’esperienza della guerra all’interno della formazione, sviluppando competenze reali e immediatamente utili al Paese. Ne sono un esempio i progetti collegati alla difesa, le iniziative di ricerca e sviluppo nel campo dell’intelligenza artificiale e la creazione di modelli linguistici avanzati pensati per rafforzare la sovranità digitale e la capacità di contrasto alla propaganda.
Per quel che riguarda la dimensione civile uno dei contributi più sostanziosi dato dal mondo universitario è stato quello per la modernizzazione amministrativa del Paese, promuovendo lo sviluppo e la diffusione di piattaforme per la trasparenza nelle procedure di procurement pubblico (come nel caso di ProZorro) e di ecosistemi digitali per la ripresa (ad esempio Dream), utilizzati dagli enti locali per garantire trasparenza, tracciabilità e accountability. Un risultato raggiunto formando gli studenti per soddisfare i bisogni odierni della società civile ucraina, facendogli acquisire competenze pratiche mentre forniscono un supporto concreto ai territori.
Dinamiche che ricordano da vicino il caso della gestione italiana del Pnrr, un tema su cui la Luiss e altri atenei del Paese hanno condotto analisi approfondite negli ultimi anni, e che fornisce spunti di riflessione importanti per l’Ucraina. L’esperienza italiana mostra infatti come un processo di ricostruzione e modernizzazione su scala nazionale richieda una regia centrale forte, capace di coordinare l’azione dei ministeri e, al tempo stesso, di coinvolgere direttamente regioni e comuni. Una ricetta che può rivelarsi preziosa ed efficiente per Kyiv, tanto quanto lo è stato per Roma.
















