La Cina accelera sulla conclusione dell’accordo di libero scambio con il Gcc, aumentando la pressione politica dopo oltre vent’anni di negoziati. Le parole di Wang Yi riflettono l’urgenza di Pechino, tra frizioni commerciali recenti e la crescente competizione europea nel Golfo
La Cina sta aumentando la pressione sul Consiglio di cooperazione del Golfo (Gcc) per arrivare alla conclusione di un accordo di libero scambio negoziato da oltre vent’anni. A Riyadh, al termine di un incontro con il segretario generale del Gcc, Jasem Mohamed Albudaiwi, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, il capo della diplomazia del Partito Comunista Cinese, ha invitato il blocco a “compiere l’ultimo passo e prendere una decisione”, utilizzando uno dei toni più diretti mai adottati da Pechino su questo dossier.
Il tempismo non è casuale. Le parole di Wang arrivano a una settimana dall’imposizione, da parte del Gcc, di dazi antidumping sulle batterie per auto cinesi, una misura che ha evidenziato frizioni commerciali crescenti tra Pechino e i mercati del Golfo. Allo stesso tempo, l’Unione europea (Ue) sta accelerando la costruzione di accordi economici bilaterali con i principali attori del Gcc, una strategia che potrebbe facilitare, nel medio periodo, la creazione di un accordo di libero scambio Ue-Gcc. In questo contesto, la Cina appare sempre meno disposta ad accettare ritardi e ambiguità in una regione considerata strategica.
Nel colloquio con Albudaiwi, Wang Yi ha inquadrato i rapporti Cina-Gcc come una relazione di lungo periodo, strutturalmente legata al percorso di sviluppo cinese. Ha ricordato come Pechino abbia avviato contatti con il Gcc fin dalle prime fasi della sua istituzione, sottolineando che l’evoluzione dei rapporti bilaterali è andata avanti “in larga misura di pari passo con il processo di riforma e apertura della Cina”. Un richiamo che non ha solo valore storico, ma serve a ribadire la centralità del Gcc nella visione strategica cinese.
Il pressing sull’accordo
Wang ha inoltre richiamato il salto politico rappresentato dal primo vertice Cina-Gcc del 2022, svoltosi proprio a Riyadh, che ha portato le relazioni a un nuovo livello. Da allora, Pechino ha presentato il Gcc come un pilastro della propria presenza in Medio Oriente e nel Global South, con un’agenda che combina cooperazione commerciale ed energetica, investimenti, Belt and Road Initiative e coordinamento su dossier regionali e multilaterali.
È però sul tema dell’accordo di libero scambio che il messaggio cinese si fa più netto. “I negoziati sull’accordo di libero scambio Cina-Gcc durano da oltre vent’anni e le condizioni sono ormai mature”, ha dichiarato Wang, aggiungendo che “è arrivato il momento di compiere l’ultimo passo e prendere una decisione”. Una formulazione insolita per la diplomazia cinese, che segnala una crescente impazienza e il tentativo di spostare la responsabilità politica di ulteriori ritardi sull’altra parte.
Wang ha rafforzato il messaggio inserendo il dossier in una cornice geopolitica più ampia. In una fase in cui “il protezionismo è in aumento” e “il libero scambio è sotto minaccia”, la conclusione di un accordo Cina-Gcc invierebbe “un forte segnale all’esterno in difesa del multilateralismo”. In questo senso, l’Fta non viene presentato solo come uno strumento economico, ma come una dichiarazione politica su apertura dei mercati, governance globale e allineamenti strategici.
Da questa impostazione emergono con chiarezza gli obiettivi di Pechino. In primo luogo, la Cina cerca maggiore prevedibilità. I dazi antidumping sulle batterie hanno sollevato interrogativi sulla stabilità del quadro regolatorio nel Golfo, un’area sempre più rilevante per l’industria cinese, anche nel contesto della transizione energetica. Un accordo di libero scambio consentirebbe di ridurre il rischio di misure unilaterali e di garantire regole più chiare.
Il peso sull’Ue
In secondo luogo, Pechino punta a consolidare l’accesso ai mercati del Gcc in una fase di crescente competizione. Oltre al settore energetico, il Golfo è diventato un mercato chiave per le esportazioni cinesi in ambiti come veicoli elettrici, batterie, infrastrutture e tecnologie digitali. Un Fta rafforzerebbe la posizione delle aziende cinesi e limiterebbe l’impatto di pressioni esterne.
Infine, la Cina guarda con attenzione alle mosse europee. L’Ue sta adottando un approccio più flessibile e bilaterale verso il Golfo, rafforzando i rapporti economici con singoli Stati membri del Gcc. Questi accordi potrebbero fungere da base per un futuro quadro Ue-Gcc, contribuendo a definire standard e regole prima che la Cina riesca a chiudere il proprio accordo. Dal punto di vista di Pechino, il rischio non è solo il ritardo, ma la marginalizzazione strategica.
La risposta del Gcc, affidata alle parole di Albudaiwi, resta positiva ma prudente. Il segretario generale ha definito la Cina un “partner strategico credibile e affidabile” e ha ribadito l’auspicio di raggiungere l’accordo di libero scambio “in tempi brevi”, senza però indicare scadenze precise. Una cautela che riflette la volontà del Gcc di mantenere margini di manovra in un contesto di crescente competizione tra grandi attori.
L’intervento di Wang Yi suggerisce che Pechino non considera più la prolungata attesa una posizione neutra. Elevando l’accordo di libero scambio a test politico di impegno verso il multilateralismo, la Cina alza il livello del confronto. Resta da capire se il Gcc sia pronto a compiere il passo finale o preferisca continuare a tenere aperte tutte le opzioni.
In questo quadro, come suggerisce il sito specialistico Cnky, il pressing cinese si sovrappone anche all’attivismo diplomatico indiano sempre più visibile nel Golfo e nel Medio Oriente allargato. Mentre Pechino accelera su un accordo commerciale chiave, Nuova Delhi consolida relazioni politiche, economiche e strategiche attraverso un impegno multilivello, dal dialogo con gli Emirati Arabi Uniti guidato dal ministro degli Esteri e alla visita del primo ministro Narendra Modi in Oman e Giordania (ed Etiopia). La coincidenza temporale non è casuale: riflette la crescente centralità del Golfo come snodo tra Asia, Africa ed Europa e la capacità dei Paesi della regione di attrarre e bilanciare agende esterne diverse. In questo contesto competitivo, l’approccio graduale e inclusivo dell’India si affianca, e in parte contrasta, con la pressione più diretta esercitata dalla Cina, ampliando lo spazio di manovra strategica del Gcc.
















