Il leader del Dragone non avrebbe retto alla raffica di dati negativi sull’economia cinese, a cominciare dagli investimenti, arrivati nelle ultime settimane. E durante la riunione del partito di fine anno si sarebbe scagliato contro quella spesa improduttiva e di scarsa qualità che non genera crescita
Adesso qualcuno dovrà dare spiegazioni. A Xi Jinping. Sono passate solo poche ore dalla riunione dei massimi dirigenti del partito comunista cinese per tentare di raddrizzare una situazione potenzialmente letale per l’economia del Dragone. E pare proprio che il leader cinese stavolta abbia perso le staffe. La caduta senza fine degli investimenti in Cina, sia di piccola, media o grande taglia, sta innervosendo sempre di più il presidente della Repubblica popolare. Non è possibile tallonare gli Stati Uniti e tenere testa all’India se in casa le cose non vanno come dovrebbero. Ovvero se il mercato non tira e i cinesi non comprano, non spendono, non investono.
Un leader nervoso
Nel corso della due giorni tra le prime linee del partito, sembra proprio che Xi abbia puntato il dito contro la spesa improduttiva dei cinesi. Una spesa “sconsiderata” l’avrebbe definita il lìder maximo del Dragone, perché poco impattante sulla crescita.
Xi Jinping attacca la spesa “sconsiderata. Una dura, durissima presa di posizione, che preannuncia misure draconiane per invertire il corso degli eventi. Il fatto è che a Pechino non ne possono più di assistere al declino della spesa, o meglio a una spesa che poco o nulla a che fare con la crescita dell’economia.
Il tallone di Achille del Dragone è, infatti, quello di cui si è sempre narrato nel recente passato: consumi interni deboli, il persistere della crisi nel settore immobiliare, sanità e trattamenti pensionistici.
“Dobbiamo impedire di precipitare in una bolla economica”, ha tuonato Xi durante la riunione del partito. Paventando, accusando l’economia di essere in piena involuzione, le misure che si rendono necessarie per limitare la guerra dei prezzi associata alla sovraproduzione.
Quello che ha chiesto Xi è una crescita di qualità, che implica il rinnovamento delle industrie tradizionali, la promozione di nuovi settori orientati al futuro e la modernizzazione del sistema industriale per renderlo più efficiente e sostenibile. Il successo non sarà più misurato soltanto dalla velocità o dalla scala della crescita, ma dalla capacità di innovare, dall’eccellenza tecnologica, dalla sostenibilità ambientale e dall’equità sociale.
Numeri che fanno male
I numeri, d’altronde, sono impietosi. Le vendite al dettaglio in Cina, un indicatore chiave della domanda delle famiglie, sono aumentate solo dell’1,3% a novembre rispetto all’anno precedente, nettamente al di sotto della previsione di crescita del 2,8%. La produzione industriale è cresciuta del 4,8% su base annua, al di sotto delle aspettative di un aumento del 5% e registrando la crescita più debole da agosto 2024.
Ma soprattutto gli investimenti in immobili sono diminuiti del 15,9% nei primi 11 mesi dell’anno, rispetto a un calo del 10,3% nel periodo precedente, sottolineando la gravità della crisi immobiliare. Anche il calo dei prezzi delle case si è intensificato a novembre, con i prezzi delle nuove case nelle città di primo livello che sono diminuiti dell’1,2% su base annua, mentre i prezzi delle case in rivendita sono calati del 5,8%. Non serve aggiungere molto altro.
















