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Ecco la Dottrina Donroe degli Usa nell’Indo-Pacifico

Nel 2025 la politica statunitense nell’Indo-Pacifico si è mossa secondo una logica sempre più funzionale e selettiva, riconducibile alla cosiddetta “Donroe Doctrine”: controllo degli spazi strategici, uso mirato di partner e strumenti economici, riduzione degli impegni politici vincolanti. Dalla riallocazione dell’assistenza estera alle ambiguità del Quad e alla gestione prudente del dossier Taiwan, emerge un approccio orientato alla gestione della competizione con la Cina più che alla costruzione di un nuovo ordine regionale

Nel 2025, la postura americana nell’Indo-Pacifico ha iniziato ad assomigliare sempre meno a una strategia di alleanze e sempre più a una gestione funzionale degli spazi. Il Washington Post ha definito questo approccio “Donroe Doctrine”, una rilettura trumpiana della Dottrina Monroe: non più promozione di valori o ordine liberale, ma difesa selettiva di interessi vitali e prevenzione di intrusioni esterne ritenute destabilizzanti.

Trasposta sull’Indo-Pacifico, la logica resta la stessa, ma cambia il metodo. Qui la Donroe Doctrine non assume toni apertamente coercitivi: prende invece la forma di un controllo indiretto, basato su partner regionali, strumenti economici, infrastrutture critiche e sicurezza marittima. L’obiettivo non è espellere la Cina dalla regione — ipotesi irrealistica — ma limitarne la capacità di dominare nodi logistici, porti, corridoi economici e spazi marittimi strategici.

Un primo segnale concreto è arrivato dalla recente Indo-Pacific Foreign Assistance Conference ospitata dal Dipartimento di Stato. L’assistenza estera americana viene esplicitamente riallineata a tre priorità: rafforzare alleanze funzionali, sostenere gli interessi commerciali statunitensi e contrastare il crimine transnazionale. Dai corridoi economici nelle Filippine agli investimenti portuali nel Pacifico, fino alle iniziative Quad su infrastrutture e sicurezza marittima, emerge una mappa chiara: l’Indo-Pacifico come spazio da rendere operativo e sicuro, non come ordine politico da istituzionalizzare.

In questo quadro si inserisce anche la riunione degli ambasciatori del Quad tenutasi a Pechino mentre la Cina conduceva esercitazioni militari su larga scala intorno a Taiwan. L’incontro ha rappresentato un segnale di coordinamento prudente e gestione della crisi. Il Quad va oltre la deterrenza, resta operativo, ma privo di una spinta politica forte: summit rinviati, impegno statunitense intermittente, ruolo ridotto a piattaforma flessibile di signaling.

Taiwan rimane lo stress test centrale di questa impostazione. Washington continua a sostenere l’isola sul piano operativo, ma evita di trasformarla nel fulcro di una narrativa ideologica di confronto. Anche qui, la Donroe Doctrine applicata all’Asia privilegia ambiguità e controllo selettivo rispetto a impegni vincolanti.

Il bilancio del 2025 restituisce dunque un Indo-Pacifico gestito più che governato. Una regione in cui gli Stati Uniti cercano di preservare margini di manovra, contenere rischi e proteggere interessi chiave senza assumersi il costo politico di una leadership ordinatrice. Non una dottrina compiuta, ma un metodo: flessibile, transazionale, funzionale. Con tutte le sue contraddizioni.

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