Nove arresti e 8 milioni sequestrati: dietro la solidarietà palestinese, fondi per la jihad scoperti dall’inchiesta di Genova che svela la rete di Hamas in Italia
Una vasta operazione della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e della Direzione Distrettuale di Genova, culminata oggi con l’arresto di nove persone e il sequestro di oltre otto milioni di euro, ha riportato sotto i riflettori un tema cruciale: il rapporto tra le reti di solidarietà “umanitarie” e il finanziamento del terrorismo internazionale.
Secondo gli inquirenti, dietro le sigle di alcune associazioni con sede in Liguria e Lombardia si sarebbe celata una struttura stabile di Hamas, l’organizzazione palestinese designata dall’Unione Europea come gruppo terroristico in ogni sua articolazione, sia politica che militare.
Per la Procura raccoglievano fondi porta a porta, con il nobile pretesto di aiutare donne e bambini di Gaza devastati dalla guerra. Appelli accorati sui social, eventi in moschee e piazze, promesse di medicine e cibo per i più deboli. Poi, dietro le quinte, quei soldi – oltre 7 milioni di euro – finiscono in mano a chi spara razzi e pianifica attentati. È la storia di una cellula italiana di Hamas smantellata dalla Digos genovese e dalla Guardia di Finanza, in un blitz che ha portato a 9 arresti e al sequestro di tre associazioni.
Dalle donazioni solidali ai fondi per la jihad
L’indagine, coordinata dal procuratore distrettuale Nicola Piacente e diretta dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Giovanni Melillo, trae origine dall’analisi di operazioni finanziarie sospette avviata dopo l’attacco del 7 ottobre 2023 contro Israele. Ma, spiegano fonti giudiziarie, le movimentazioni sotto osservazione risalirebbero a molto prima.
Secondo l’accusa, attraverso una rete di associazioni formalmente dedite all’assistenza del “popolo palestinese”, sarebbero transitati circa sette milioni di euro poi destinati a soggetti e organizzazioni collegati a Hamas nella Striscia di Gaza.
Il cuore italiano della rete
Al centro del sistema, scrivono gli inquirenti, vi sarebbe Mohammad Hannoun, da anni punto di riferimento del mondo pro-palestinese a Genova. Hannoun, insieme ad altri esponenti italiani e stranieri, avrebbe costituito la cellula italiana di Hamas, utilizzando la storica Associazione Benefica di Solidarietà con il Popolo Palestinese (A.B.S.P.P.) e la sua evoluzione in A.B.S.P.P. O.D.V., ma anche nuove entità come La Cupola d’Oro e La Palma, create per aggirare le restrizioni bancarie dopo i primi blocchi dei conti.
L’ipotesi investigativa individua in Hannoun e nei suoi collaboratori non semplici attivisti umanitari ma membri del cosiddetto “comparto estero” dell’organizzazione, incaricato di promuovere e finanziare la causa di Hamas in Europa. Ai vertici del gruppo viene attribuita la destinazione “occulta” del 71% dei fondi raccolti a progetti e persone legati all’organizzazione islamista.
Una rete europea coordinata con Gaza
Dalle indagini emergono collegamenti tra la cellula italiana e figure di vertice del movimento palestinese, tra cui Osama Alisawi, ex ministro di Hamas a Gaza, considerato il principale beneficiario dei flussi di denaro provenienti dall’Italia. I pm liguri avrebbero rintracciato scambi di comunicazioni, documentazioni digitali interne e partecipazioni a riunioni internazionali di esponenti affiliati, anche in Turchia.
La rete, inoltre, non si limitava all’Italia: gli investigatori segnalano contatti costanti con colleghi e associazioni nei Paesi Bassi, in Austria, Francia e Regno Unito, coordinati attraverso la European Palestinians Conference, ritenuta dagli inquirenti una piattaforma per il comparto estero di Hamas.
Beneficenza, propaganda e legittimazione ideologica
Nel materiale sequestrato e nelle intercettazioni compaiono anche riferimenti diretti alla “jihad con il denaro”, messaggio più volte rilanciato dai vertici dell’organizzazione islamista dopo il 7 ottobre 2023.
Per la magistratura italiana, le attività di solidarietà svolte dalla A.B.S.P.P. rientravano in pieno nella strategia della da’wa di Hamas: un sistema di progetti caritativi e culturali che, oltre a fornire aiuti alla popolazione, mira a consolidare consenso politico e reclutamento.
Dietro la facciata caritatevole, quindi, la componente civile dell’organizzazione avrebbe alimentato la sua infrastruttura militare, finanziandone anche le famiglie dei detenuti e dei “martiri” di attentati contro civili israeliani.
La posizione della Procura
Nel comunicato congiunto, Melillo e Piacente ribadiscono che l’inchiesta non intende in alcun modo sminuire la gravità delle violenze contro la popolazione palestinese, per le quali si attende il giudizio della Corte penale internazionale. Tuttavia, sottolineano, quei crimini “non possono giustificare né legittimare atti terroristici” come quelli compiuti da Hamas.
L’operazione genovese, nel frattempo, conferma come l’Italia continui a essere terreno di attenzione per le reti di finanziamento del jihadismo internazionale, sempre più spesso mascherate da iniziative di cooperazione e solidarietà.
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha dichiarato che l’operazione ha “squarciato il velo” su attività pericolose dietro iniziative pro-palestinesi, sottolineando il sostegno a organizzazioni terroristiche islamiste e l’attenzione massima del governo. Il centrodestra ha accolto l’inchiesta come smascheramento di un “sistema pericolosissimo”, con reazioni positive sull’intervento delle autorità.
Il vicepremier Matteo Salvini ha commentato a Radio Libertà l’operazione della Digos di Genova affermando che “ci sono alcuni milioni di fenomeni che dovrebbero chiedere scusa” e “c’è qualcuno che non ha capito niente: era in piazza dalla parte sbagliata”. Il ministro delle Infrastrutture ha aggiunto: “stando a quanto leggi, la Guardia di Finanza e gli investigatori ritengono che finanziassero illegalmente il terrorismo islamico basandosi su alcune associazioni onlus in Italia. L’idolo dei pro pal che per qualche giorno hanno bloccato l’Italia sarebbe, secondo gli investigatori, un finanziatore del terrorismo, dei massacri del 7 ottobre. Spero che vengano presi tutti, spero che vengano espulsi quelli che sono in Italia illegalmente e spero che – ha chiosato Salvini – il processo di pace prosegua nonostante i pro pal”.
















