Il governo di Washington annulla le leggi emanate degli Stati federali in ambito di intelligenza artificiale. La Casa Bianca non vuole una regolamentazione-spezzatino che freni il progresso, a vantaggio della Cina. Ma ci sono delle preoccupazioni anche tra i repubblicani, convinti che in questo modo viene concesso libero mandato alle Big Tech
“Dobbiamo essere uniti”. Dallo Studio Ovale, Donald Trump spiega in questo modo il suo ultimo ordine esecutivo. Con il nuovo documento, il governo di Washington non terrà più conto delle leggi promulgate dagli Stati federali in materia di intelligenza artificiale. Da tempo la Casa Bianca, pressata dalle aziende della Silicon Valley, ritiene necessario adottare un unico approccio per evitare una regolamentazione-spezzatino che potrebbe frenare il progresso. Tutto a vantaggio della Cina. Da adesso in poi, conta solo la parola dell’amministrazione repubblicana. Al Dipartimento di Giustizia è stato inoltre ordinato di scovare quegli Stati che non rispettano le regole e quindi si schierano contro il “dominio globale degli Stati Uniti sull’intelligenza artificiale”. A farlo sarà una task force, che avrà il potere di bloccare i finanziamenti nei confronti degli Stati irregolari.
Si tratta di un passo importante, ma tutt’altro che sorprendente. Già questa estate, il Partito repubblicano aveva cercato di far passare al Congresso una moratoria di dieci anni con cui vietava agli Stati federali di legiferare sull’IA. Stesso tentativo era stato avanzato qualche mese più tardi, in autunno. In entrambe le occasioni però la missione era risultata fallimentare. Ma il Gop non si è arreso di certo. Gli Usa vogliono mantenere il dominio sull’intelligenza artificiale, sfidato apertamente dalla Cina. E l’amministrazione Trump ritiene che bisogna procedere tutti nella stessa direzione, proprio come fa Pechino. “La Cina ha un solo voto perché ha un solo rappresentante, ovvero il presidente Xi Jinping, che decide e basta”, afferma il presidente americano dopo la firma sull’ordine esecutivo.
Il problema, che viene fatto notare sia da alcuni repubblicani sia dai democratici, è che in questo modo si mette a rischio la sicurezza degli utenti. Il vuoto normativo è stato infatti colmato dai vari governi federali, che sono intervenuti per sanare alcune storture. Ad esempio, quelle legate alla sicurezza. Le aziende tecnologiche sono state chiamate a rispettare alcuni standard per operare, a tutela dei consumatori. La California ha obbligato le varie aziende che realizzano i modelli di IA a effettuare dei test di sicurezza e a divulgare i risultati; Utah, Illinois e Nevada hanno imposto restrizioni alla raccolta dei dati; il South Dakota, invece, vieta per legge i contenuti illeciti.
Sebbene lo zar dell’intelligenza artificiale del governo, David Sacks, abbia assicurato che le leggi relative alla sicurezza verranno salvaguardate, secondo alcuni la direzione intrapresa è pericolosa e darebbe mano libera alle Big Tech. Tra i critici che abbracciano questa visione c’è anche la base Maga, compreso l’ex stratega Steve Bannon. La sua lotta contro le grandi aziende tecnologiche è piuttosto nota e ritiene che impedire agli Stati di legiferare possa essere un errore su cui è difficile porre rimedio.
La Casa Bianca è però decisa nell’andare avanti. Proprio giovedì sono state emanate delle linee guida che chiedono alle agenzie federali di utilizzare solo modelli di IA che non ricalchino le teorie woke. Dovranno seguire solo due principi, scrive Axios: quello della “neutralità ideologica” e della “ricerca della verità”. Che può essere solo una.
















