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Il 2026 sarà l’anno della riforma della Difesa? Tutte le priorità delle Forze armate

Il capo di Stato maggiore della Difesa ha tracciato le linee di intervento per le Forze armate italiane in vista del 2026. Dalla modernizzazione dei mezzi alla crescita selettiva dell’organico, fino alla possibile razionalizzazione dell’operazione Strade Sicure, il quadro delineato evidenzia una trasformazione mirata a rispondere ai mutati scenari operativi e alle nuove minacce alla sicurezza nazionale ed europea. Il tutto in attesa della riforma complessiva della Difesa annunciata dal ministro Crosetto

Il 2025 volge al termine e, mentre da un lato proseguono i tentativi di dialogo sull’Ucraina e dall’altro la traiettoria del riarmo globale si consolida, la Difesa italiana si appresta ad entrare in un anno che potrebbe riservare più di una novità per il dispositivo militare nazionale. Non solo maggiori fondi destinati alle Forze armate, ma un vero e proprio processo di rimodulazione e rafforzamento, il cui obiettivo è avviare quella trasformazione resa necessaria dai mutati scenari operativi e dalle nuove minacce alla sicurezza nazionale ed europea. In un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore, il capo di Stato maggiore della Difesa, il generale Luciano Portolano, ha tracciato le principali linee di intervento su cui si focalizzeranno le Forze armate. Nel frattempo, si attende l’avvio della riforma della Difesa nazionale annunciata dal ministro Guido Crosetto.

Le capacità

Il capitolo degli investimenti assume contorni più definiti se si guarda alla distribuzione delle risorse tra le singole Forze armate. Nel quadro del Documento programmatico pluriennale, la Difesa italiana si muove su un volume complessivo di investimenti straordinari che supera i 18 miliardi di euro nel triennio 25-27, con una ripartizione che riflette sia le esigenze operative attuali sia le direttrici di sviluppo future.

All’Esercito andranno oltre 3,5 miliardi di euro, destinati in larga parte a finanziare la modernizzazione del parco mezzi. In cima alla lista, il rinnovo dei mezzi pesanti tramite lo sviluppo e l’acquisizione di un nuovo main battle tank basato sul Panther Kf-51 tedesco, passaggio ormai irrinunciabile vista l’inadeguatezza dei carri Ariete agli odierni scenari operativi e ai più recenti standard Nato.

L’Aeronautica militare assorbirà la parte più consistente degli investimenti, con oltre 4,5 miliardi di euro destinati al mantenimento e allo sviluppo delle capacità aeree, spaziali e di sorveglianza. Accanto ai programmi di rinnovamento della flotta aerea, assume un peso crescente il dominio spaziale, per quanto si denoti ancora l’assenza di una traiettoria chiara riguardo la possibilità di costituire una branca dedicata su modello della Space Force Usa.

Alla Marina sono assegnate risorse per circa 3 miliardi di euro, finalizzate al rinnovamento della flotta e al rafforzamento della capacità di proiezione e presenza nei mari di interesse strategico. Capitoli principali d’investimento in questo contesto, i nuovi cacciatorpediniere Ddx e le versioni Evo di Fremm e Ppa. Accanto a queste voci, una quota trasversale degli investimenti sarà destinata alle capacità interforze e multidominio, al dominio cyber e alla digitalizzazione complessiva dello strumento militare, con attenzione al contrasto delle minacce ibride.

L’organico

L’altro fronte strategico indicato da Portolano riguarda il personale. Fatta salva l’eventualità che il Parlamento vari una nuova normativa sulla leva volontaria nei prossimi mesi, al momento la travagliata Legge di Bilancio 2026 prevede un incremento di circa 10mila unità, con un’attenzione particolare ai profili legati alla cybersecurity, alla digitalizzazione e ai domini emergenti, con l’obiettivo di inserire almeno 5mila specialisti in grado di operare in contesti altamente digitalizzati. In questo senso, l’aumento riguarda più il piano capacitivo che quello quantitativo, ma il discorso su un aumento più consistente del personale in uniforme – specialmente guardando anche a come si sta muovendo il resto d’Europa – non potrà essere rimandato ancora a lungo.

Strade Sicure al capolinea?

Ulteriore questione sollevata da Portolano è la razionalizzazione dell’impiego del personale attualmente disponibile. Pur non invocando l’abolizione immediata dell’operazione Strade Sicure, che vede oltre 6mila unità delle Forze armate impegnate in mansioni di ordine pubblico su tutto il territorio nazionale, il capo di Stato maggiore suggerisce che sia giunto il momento di avviare un passaggio graduale di consegne che veda il ritorno delle Forze dell’ordine come titolari esclusive delle funzioni di presidio territoriale. 

Il 2026 sarà l’anno della riforma della Difesa?

Se quelle tracciate da Portolano nell’intervista sono azioni che si inseriscono nel solco della Difesa per come è strutturata oggi, novità ben più impattanti potrebbero emergere nel corso del prossimo anno, quando inizierà il percorso annunciato dal ministro Crosetto verso una riforma complessiva delle Forze armate. Tale riforma, nelle intenzioni del ministro, dovrà coinvolgere attivamente il Parlamento per garantire la massima condivisione di intenti e sforzi. Parimenti, la discussione parlamentare potrebbe avvicinare maggiormente i cittadini e l’opinione pubblica ai temi della Difesa nazionale, oltre gli steccati ideologici e con lo sguardo rivolto ai profondi mutamenti che interessano l’attuale scenario geopolitico europeo e globale. 

 


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