Il ceo della startup mette in guardia i suoi dipendenti. D’ora in avanti tutti gli altri progetti saranno messi da parte per migliorare le prestazioni di ChatGPT. L’ultima versione non soddisfa gli utenti, che si stanno affidando sempre più agli strumenti di Google e Anthropic. Non è solamente una lotta per la vetta, ma anche per la sopravvivenza
“Codice rosso”. L’ammissione delle difficoltà di OpenAI arriva direttamente da Sam Altman. Il Ceo della startup conferma ai suoi dipendenti che bisogna fare di più per migliorare le prestazioni di ChatGpt. L’ultima versione rilasciata ad agosto è tutt’altro che soddisfacente. Dalle funzionalità di personalizzazione, alla velocità fino all’affidabilità e la possibilità di rispondere a più output: il lavoro che li aspetta è tanto. Motivo per cui tutti gli altri progetti al momento possono essere messi in stand-by, rinviati a un momento più adatto. A dare la notizia è il Wall Street Journal, in un articolo in cui vengono confermate le preoccupazioni che circondano OpenAI. Non soltanto quelle relative ai sui mega investimenti, che daranno frutti non prima di qualche anno. Ma anche e soprattutto quelle legate alla concorrenza.
Google, ad esempio, ha appena lanciato una nuova versione di Gemini che nei benchmark ha superato OpenAI. Gli utenti registrati sono aumentati di 200 milioni tra luglio e ottobre, arrivando a quota 650 milioni. Anche Anthropic sembra procedere spedita diventando la principale rivale, scrive il Wsj.
Il momento dunque è critico, sotto certi aspetti anche decisivo. Qualche tempo fa la startup aveva dichiarato il “codice arancione” per ChatGPT, segno che qualcosa non stesse andando. Solitamente i colori utilizzati dall’azienda per indicare i livelli di urgenza sono il giallo (pericolo basso), l’arancione (medio) e il rosso (massimo).
Improvvisamente, la stella della startup più preziosa al mondo sembra splendere un po’ meno. Il suo problema, sostengono gli analisti, va forse ritrovato nella sua stessa natura. OpenAI si regge su finanziamenti privati esterni e i ricavi degli investimenti miliardari che ha annunciato si vedranno solamente in futuro. Nel frattempo bisogna continuare ad alimentare la macchina.
L’idea solamente ventilata da Sarah Friar, direttrice finanziaria dell’azienda, di ricevere denaro statale è stata vista come una richiesta d’aiuto. In parte lo era per davvero. “Il backstop, la garanzia che consente il finanziamento, può davvero ridurre il costo ma anche aumentare il rapporto prestito-valore, ovvero l’importo del debito che si può contrarre in aggiunta a una quota azionaria”, affermava a inizio mese in un evento organizzato proprio dal Wall Street Journal. Tradotto con termini più semplici, quello che chiedeva Friar era un fondo statale a sostegno dell’intelligenza artificiale.
Siccome qualcuno l’ha interpretato come un modo per riconoscere delle difficoltà, OpenAI è però dovuta intervenire per dire che in realtà non stava chiedendo questo. “Crediamo che i governi non dovrebbero scegliere vincitori e vinti e che i contribuenti non dovrebbero salvare le aziende che prendono decisioni aziendali sbagliate o che, in altri modi, perdono sul mercato”, affermava Altman consapevole delle responsabilità. “Se sbagliamo e non riusciamo a risolvere il problema, falliremo, e altre aziende continueranno a fare un buon lavoro e a servire i clienti. È così che funziona il capitalismo”.
















