Forza Italia sta affrontando il passaggio decisivo da partito carismatico a forza istituzionalizzata, con Tajani nel ruolo di traghettatore del dopo-Berlusconi. La famiglia Berlusconi ha ancora un grande peso. Le prospettive di crescita dipenderanno dagli equilibri nel centrodestra e dalla progressiva ri-bipolarizzazione del sistema politico. La sinistra è tutta da definire. Colloquio con il politologo Marco Valbruzzi
Forza Italia si muove, cambia pelle, prova a trovare una nuova formula. Tra l’appello della famiglia Berlusconi ai “volti nuovi” e l’attivismo calibrato di Antonio Tajani e Roberto Occhiuto, anche la geografia degli eventi racconta una partita che va oltre il semplice rinnovamento. È la prima vera prova di maturità di un partito nato carismatico e oggi costretto a misurarsi con l’istituzionalizzazione, con tutti i nodi di potere che questo passaggio porta con sé. Come spiega a Formiche.net il politologo dell’università Federico II di Napoli Marco Valbruzzi, il dopo-Cavaliere ha aperto un interregno delicato: tra l’eredità ingombrante del fondatore, le ambizioni interne e una competizione nel centrodestra che potrebbe ridefinire non solo il futuro degli azzurri, ma gli equilibri dell’intero sistema politico.
Professor Valbruzzi, prima la famiglia Berlusconi che chiede volti nuovi per il partito, poi gli eventi di Antonio Tajani e Roberto Occhiuto per “promuovere” la propria immagine. Anche i luoghi non sono casuali. Cosa sta accadendo in Forza Italia?
Semplicemente, ma significativamente, Forza Italia per la prima volta nella sua vita sta affrontando un vero processo di istituzionalizzazione, ossia il passaggio da un movimento carismatico ad una organizzazione più strutturata internamente e sul territorio. Per un partito come Forza Italia è la vera prova del fuoco, che ovviamente condizionerà anche gli equilibri di potere all’interno della coalizione di centro-destra.
Se c’è una cosa che va riconosciuta al ministro degli Esteri è la capacità di aver tenuto assieme il partito e averlo fatto comunque crescere dopo la morte del Cavaliere. Ora che fase si sta aprendo?
Dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi, si è aperto uno strano interregno tra il carisma del passato derivante dal fondatore del partito e la necessità di una maggiore strutturazione burocratica. Tajani, che già nel 1993-1994 era nel gruppo dei collaboratori di Berlusconi nel lancio del nuovo partito, ha svolto perfettamente questa funzione di traghettamento del partito in una dimensione post-berlusconiana, facilitato in questo anche dall’appannamento del consenso, soprattutto al Nord, verso la Lega salviniana.
A che livello resterà il coinvolgimento della famiglia in questo processo di rinnovamento?
Questo è il vero nodo gordiano che nessuno, per ora, dentro Forza Italia riesce a sciogliere. Finché il peso economico e storico della famiglia Berlusconi continuerà a pendere, come una tagliola, sulla testa di Forza Italia, questo partito resterà intrappolato a metà del guado, tra eredità carismatica e necessità burocratica. Da questo punto di vista, un congresso vero prima delle prossime elezioni Politiche, tra due diverse idee del partito e del suo futuro, potrebbe essere un primo passo, inedito per Forza Italia, per superare l’ingombrante eredità del fondatore.
Potenzialmente, in prospettiva delle Politiche, che potenziale hanno gli azzurri?
Potenzialmente, hanno la possibilità di raddoppiare i propri consensi, trasformando un partito del 8-9% in una forza del 18, forse anche 20%. Però, tutto dipende dai rapporti degli altri partiti, soprattutto verso la Lega al Nord, dove la presa di Salvini si è allentata, e verso Fratelli d’Italia nel centro e sud Italia. In queste aree del paese si gioca per Forza Italia la partita più importante e molto dipenderà dalle posizioni che vorrà adottare definitivamente il partito di Giorgia Meloni: se compirà definitivamente la sua virata conservatrice, abbandonando le punte da destra radicale, per Forza Italia diventerà difficile allargare il proprio bacino di consensi. Ecco perché la sfida interna a Tajani arriva proprio da un esponente meridionale del partito…
Dall’altra parte della barricata Bonaccini e i suoi decidono di aderire alla maggioranza di Schlein. Tatticismi o convinzione che l’unità dem sia fondamentale per unire il campo largo?
Potrei dire che entrambe le motivazioni contano, sia la tattica che la convinzione. C’è sicuramene la convinzione che la partita politica nel 2027 si tornerà a giocare prevalentemente tra due fronti: uno compatto di centro-destra e uno ancora tutto da definire nel centro-sinistra, al quale si arriverà più per contrarietà che per vera adesione. E se questo è lo schema di gioco, tanto vale adeguarsi, come fanno Bonaccini & Co. Poi, c’è anche una certa dose di tatticismo: dimostrarsi leali ora, permetterà di farsi trovare pronti e dalla parte giusta della “barricata” una volta che, dopo le prossime Politiche e se queste non dovessero dare i risultati sperati, si dovesse aprire la partita per la leadership interna al Partito Democratico. A quel punto, Bonaccini potrebbe prendersi la sua rivincita su Schlein.
Se Forza Italia cresce che margine di manovra resta al centro? Mi vengono in mente in particolare Azione e il partito Liberal-democratico?
Con l’attuale sistema elettorale o quello, ancora più strampalato che il governo ogni tanto lascia immaginare per il futuro, il fantomatico “centro” è come l’Araba fenice: che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. In un assetto che anche le ultime elezioni regionali hanno spinto ancora di più verso una tendenziale ri-bipolarizzazione del confronto politico, lo spazio per le posizioni “isolazioniste” di centro, come quelle interprete da Azione, si riduce enormemente. Per inciso, questo è anche il motivo per cui al grande attivismo comunicativo di Calenda non corrisponde un altrettanto vivace dinamismo dei consensi.
















