Il nuovo report di JPMorgan Chase e Tony Blair Institute avverte che senza riforme profonde su difesa e crescita l’Unione Europea rischia l’irrilevanza in un ordine globale segnato dalla competizione sistemica tra Stati Uniti e Cina. In un mondo multipolare e frammentato, la geopolitica diventa una variabile strutturale anche per le decisioni economiche e industriali
L’Unione Europea rischia l’irrilevanza se non accelera un processo di riforma profondo, capace di rafforzarne l’autonomia strategica in un contesto globale segnato da una competizione sistemica senza precedenti tra Stati Uniti e Cina. È una delle conclusioni centrali di “World Rewired: Navigating a Multi-Speed, Multipolar Order”, il rapporto elaborato dal JPMorganChase Center for Geopolitics in collaborazione con il Tony Blair Institute for Global Change.
È una lettura che incrocia le attenzioni che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso nell’incontro di fine anno con gli ambasciatori, e che anche oggi il ministro della Difesa Guido Crosetto ha espresso durante gli auguri di Natale al personale in missione, e che ha affrontato in profondità il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata analizzando il playbook italiano portato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni sul campo del Consiglio Europeo. Temi che Formiche.net e Decode39 si prefissano di affrontare con costanza anche attraverso il racconto di prodotti come il World Rewired dell’istituto finanziario statunitense.
Il documento porta la firma di due figure di primo piano del mondo politico ed economico globale: Tony Blair, primo ministro britannico dal 1997 al 2007 e oggi alla guida di uno dei think tank più influenti sul cambiamento globale, e Jamie Dimon, chairman e ceo di JPMorgan Chase, la più grande banca statunitense per asset. Una combinazione che conferisce al report un peso che va ben oltre l’analisi accademica, collocandolo all’incrocio tra decisione politica, strategia industriale e sicurezza economica.
Il quadro delineato è netto. La convergenza di trasformazioni strutturali – dalla rivalità geopolitica al progresso dell’intelligenza artificiale, dalla frammentazione del commercio globale alle tensioni energetiche – sta ridisegnando mercati, istituzioni e alleanze. In questo contesto, i Paesi e i blocchi che in passato hanno potuto contare sulla protezione militare statunitense mantenendo al contempo forti legami commerciali con la Cina si trovano oggi sotto pressione. Per l’Europa, la conclusione è chiara: senza una maggiore integrazione su difesa e crescita economica, la capacità di incidere nello scenario globale è destinata a ridursi.
Il report sottolinea come l’Unione non possa affrontare la competizione sistemica né con Washington né con Pechino se non è in grado, prima di tutto, di “stare in piedi da sola”, a partire dalla sicurezza. La riforma, si legge, non è una scelta opzionale ma una condizione necessaria per restare rilevanti in un ordine internazionale sempre più frammentato e competitivo.
Un’attenzione particolare è riservata anche al ruolo delle cosiddette middle powers, come l’India e i Paesi del Golfo, che emergono come attori centrali in un sistema multipolare “a più velocità”. Tuttavia, il documento evidenzia anche i limiti di strategie di multi-allineamento: dalle tensioni commerciali legate all’energia ai vincoli crescenti nelle scelte tecnologiche, lo spazio di ambiguità si sta restringendo.
A chiarire l’approccio del report è Derek Chollet, Head of the JPMorganChase Center for Geopolitics ed ex alto funzionario dell’amministrazione statunitense, che definisce il mondo attuale come un ambiente “sempre più contestato” su tecnologia, commercio, difesa ed energia. “Il rapporto esplora un mondo complicato e cosa significhi per imprese e organizzazioni, indicando le tendenze che i leader devono osservare mentre navigano in questo nuovo contesto geopolitico”, spiega Chollet, sottolineando come i cambiamenti demografici globali e l’ascesa delle potenze intermedie offrano nuove opportunità, ma anche nuovi rischi.
Il messaggio di fondo è rivolto tanto ai governi quanto al settore privato: la geopolitica non è più uno sfondo, ma una variabile strutturale delle decisioni economiche. E per l’Europa, con una nuova National Security Strategy statunitense totalmente incentrata sul concetto di “sicurezza economica”, il tempo delle mezze misure sembra ormai scaduto.
















