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Putin intrappolato nella sua guerra. La pace costerebbe troppo alla Russia

Fra l’immobilismo di Bruxelles sull’uso degli asset russi e la rarefazione delle trattative con Mosca, il conflitto è entrato in una fase di stallo che da un lato continua a provocare morte e distruzione in Ucraina e dall’altro nasconde le crescenti difficoltà del Cremlino. L’analisi di Gianfranco D’Anna

A Kyiv nessuno si illude che possa verificarsi il miracolo di un accordo di pace che scongiuri il quarto Natale di guerra. Dalle armi alla diplomazia, dalla politica all’economia, la situazione complessiva del conflitto è in bilico sull’agonia dell’incertezza. Una tragica agonia che danza beffarda sul miraggio di una pace ostaggio della guerra di Putin.

Sulla base di specifici dati economici, gli analisti di strategie militari temono che la Russia abbia già programmato un nuovo attacco totale all’Ucraina e all’ Europa. Lo evidenzierebbe la proposta di bilancio per il 2026-2028 presentato dal Cremlino alla Duma. Bilancio che alloca il 38% di tutta la spesa federale alla difesa e alla sicurezza interna, un livello record.

Cosa farebbero in caso di pace duratura tutte le aziende russe programmate a lungo termine nella costruzione di armamenti? Quindi, è in sintesi la conclusione degli analisti, Mosca dovrà sostenere una produzione bellica pressoché permanente, perché i costi, anche occupazionali, di una riprogrammazione produttiva sarebbero enormi e determinerebbero imprevedibili contraccolpi sociali. Constatazione che mette a nudo la situazione oltremodo critica in cui si è cacciato Putin: costretto a proseguire una guerra che non riesce a vincere perché la pace provocherebbe per la Russia una dirompente onda d’urto economica e sociale. Due alternative sulla pelle del popolo russo.

Nell’impossibilità di prevalere militarmente, il presidente russo sta surrettiziamente espandendo a macchia d’olio in tutta Europa la guerra ibrida, a colpi di operazioni segrete e attacchi dissimulati di tutti i tipi: elettronici, informatici, editoriali, finanziari e politici. Nel mirino soprattutto i Paesi che armano e finanziano la strenua resistenza di Kyiv.

Dopo l’esplicita denuncia della nuova direttrice del MI6, l’agenzia di spionaggio per l’estero del Regno Unito, Blaise Metreweli, che ha accusato la Russia di rappresentare una grave minaccia perché pianifica operazioni di sabotaggio, omicidi e attacchi informatici e con droni in tutta Europa, l’Associated Press ha documentato come dopo l’invasione dell’Ucraina si siano verificati 145 atti di sabotaggio, mimetizzati da incidenti, attuati in vari paesi europei dalla rete di agenti russi infiltrati.

Un reportage della Cnn evidenzia inoltre come la Russia utilizzi la flotta ombra, per il contrabbando di petrolio, anche come strumento di spionaggio per compiere intercettazioni e scattare fotografie di installazioni militari europee.

Ancora più preoccupanti le rivelazioni del quotidiano inglese The Guardian che scrive: “Secondo le agenzie di intelligence europee, i politici belgi e i dirigenti finanziari di alto livello sono stati oggetto di una campagna intimidatoria orchestrata dall’intelligence russa, volta a convincere il Paese a bloccare l’uso di 185 miliardi di euro di asset per l’Ucraina”.

Fonti d’intelligence hanno riferito al Guardian che sono stati presi di mira i vertici di Euroclear, la società belga di servizi finanziari che detiene la maggior parte dei beni congelati della Russia. Si tratta di 185 miliardi di euro (162 miliardi di sterline) dei complessivi 210 miliardi di euro di asset della banca centrale russa congelati dall’Unione Europea all’inizio dell’invasione dell’Ucraina.

I servizi di sicurezza occidentali, aggiunge The Guardian, ritengono che la campagna intimidatoria contro Euroclear e gli ambienti politici belgi sia opera del Gru, il più agguerrito direttorato dell’intelligence militare russa per compiere attentati, azioni di sabotaggio e disinformazione all’estero.

In attesa di uno spiraglio di pace nel cupo orizzonte di guerra, tralasciando la prospettiva di entrare a far parte della Nato, l’Ucraina è alla ricerca della migliore garanzia di sicurezza alternativa. Una garanzia di sicurezza analoga a quella dell’articolo 5 dell’Alleanza Atlantica che prevede l’intervento immediato degli alleati in caso di invasione o atto di guerra da parte della Russia.

Tuttavia, secondo gli esperti di strategie militari, a meno che l’Europa e l’Occidente non rischierino reparti militari di pronto intervento in territorio ucraino, le garanzie non scoraggerebbero la Russia. Per il presidente Volodymyr Zelensky infatti solo “la presenza di militari europei in Ucraina costituirebbe un deterrente e ridurrebbe le possibilità di una nuova invasione da parte russa”.

In effetti la Coalizione dei Volenterosi a guida europea è pronta da mesi a schierare reparti e mezzi in Ucraina, tanto che il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha suggerito che le forze di pace e deterrenza potrebbero monitorare una possibile zona smilitarizzata ed, eventualmente, “agire contro le corrispondenti incursioni e attacchi russi”. Ma manca l’avallo americano, anche se il premier polacco Donald Tusk afferma che Washington ha segnalato la propria disponibilità a rispondere con mezzi militari se la Russia tornasse ad aggredire l’Ucraina.

Tuttavia, la portata e le modalità di questo promesso coinvolgimento, anche indiretto, restano poco chiare e soprattutto non è affatto certo che Trump onorerebbe la promessa di intervento.

Così, nell’angoscia del presepe natalizio di una guerra che da 46 mesi divora l’Ucraina, la situazione complessiva del conflitto resta sospesa sull’agonia dell’incertezza.


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