La raccolta differenziata dei rifiuti urbani supera il 74% al Nord, il 63% al Centro e il 60% al Sud. Tra le città con oltre 200mila abitanti, Bologna è l’unica che supera la media nazionale di raccolta sfiorando il 73%. Ecco il Rapporto Rifiuti Urbani 2025 dell’Ispra
Gli italiani hanno prodotto, nell’ultimo anno, circa 30 milioni di tonnellate di rifiuti con una crescita del 2,3% rispetto all’anno precedente. Questo nonostante l’economia del nostro Paese abbia fatto registrare un aumento del Prodotto interno lordo e dei consumi dello 0,7%. Cresce anche la raccolta differenziata su tutto il territorio nazionale che si attesta al 67,7% e il Mezzogiorno continua a ridurre il divario con il Centro e il Nord. Le percentuali più alte si registrano in Emilia Romagna (79%) e in Veneto (78,2%). Tra le città con oltre 200 mila abitanti, Bologna è l’unica che supera la media nazionale di raccolta sfiorando il 73%.
Sono alcuni dei dati contenuti nel Rapporto Rifiuti Urbani 2025 dell’Ispra, presentato a Roma lo scorso 11 dicembre. “Uno strumento fondamentale per il legislatore per orientare politiche e interventi adeguati – ha detto Stefano Laporta, presidente a fine mandato di Ispra – Ma anche per gli operatori economici e in linea con la legislazione europea e nazionale sull’economia circolare per creare modelli industriali più sostenibili e più competitivi. L’ambizione è di fare dell’Europa e del nostro Paese uno dei leader globali dell’economia circolare nel 2030”.
Nel dettaglio, la raccolta differenziata dei rifiuti urbani supera il 74% al Nord, il 63% al Centro e il 60% al Sud. A livello regionale le percentuali più alte si registrano in Emilia-Romagna (79%) e Veneto (78,2%), seguite dalla Sardegna (76,6%), Trentino-Alto Adige (75,8%), Lombardia (74,3%) e Friuli-Venezia Giulia (72,7%). Superano l’obiettivo del 65% anche le Marche (71,8%), la Valle d’Aosta (71,7%), l’Umbria (69,6%), il Piemonte (69%), la Toscana (68%), la Basilicata (66,3%) e l’Abruzzo (65,7%). Nel complesso, più del 72% dei Comuni supera la percentuale del 65% stabilito dalla legge. Tra le città con più di 200 mila abitanti, Bologna, con il 72,8%, si piazza al primo posto, seguita da Padova (65%), Venezia (63,7%) e Milano (63,3%). Poco più indietro troviamo Firenze (60,7%), Messina (58,6%), Torino e Verona (57,4%). Più in basso, anche se in crescita, si attestano Genova (49,8%), Roma (48%), Bari (46%) e Napoli (44,4%).
Per la gestione di tutti questi rifiuti, al 2024 sono operativi 625 impianti, così localizzati: 325 al Nord (52% del totale), 118 al Centro (19%) e 182 al Sud 829%). Più della metà sono dedicati al trattamento della frazione organica della raccolta differenziata, 334 impianti, 132 sono quelli di trattamento meccanico, 102 le discariche, 35 quelli di incenerimento e 12 quelli industriali che effettuano il coincenerimento. Il conferimento in discarica interessa soltanto il 15% dei rifiuti urbani prodotti, mentre il 54% viene inviato agli impianti di recupero di materia per il trattamento delle raccolte differenziate. La frazione organica (umido e verde) viene recuperata dal 24% degli impianti; le altre frazioni merceologiche da RD vengono trattate dal 30% delle strutture, il 18% viene incenerito e il 4% esportato.
“Il quadro che il rapporto fornisce è in linea con gli obiettivi che ci siamo posti con le riforme strutturali del PNRR, del Piano Nazionale Rifiuti e della Strategia per l’Economia Circolare – ha ricordato Laura D’Aprile, Capo Dipartimento Sviluppo Sostenibile del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – Vi è stato un significativo incremento della raccolta differenziata con alcune Regioni che hanno superato gli obiettivi nazionali. Risultati incoraggianti anche per quanto riguarda l’impiantistica. E soprattutto l’eccellenza del riciclo nella filiera degli imballaggi che hanno già raggiunto gli obiettivi al 2030. Dobbiamo metterla in sicurezza anche rispetto all’attuazione di alcune politiche comunitarie relative all’attuazione del Regolamento sugli imballaggi”.
E, a proposito di riciclo dei rifiuti urbani, il rapporto parla di un 52,3% riciclato, in crescita rispetto all’anno precedente e al di sopra dell’obiettivo del 50% previsto dalla normativa (il DLgs 116 del 2020) al 2020, ma ancora lontano da quel 55% che si dovrebbe raggiungere entro quest’anno e ancora più distante dal 60% da raggiungere entro 2030 e dal 65% al 2035. Per il raggiungimento degli obiettivi di riciclo dei rifiuti urbani risulta fondamentale avviare a recupero il flusso costituito dai rifiuti organici, “attraverso azioni che permettano di intercettare attraverso la raccolta differenziata e avviare a recupero la maggiore quantità possibile di frazione organica biodegradabile con una conseguente riduzione dei quantitativi di rifiuti avviati a smaltimento”. I rifiuti smaltiti in discarica, ricorda il rapporto, rappresentano quasi il 15% di quelli prodotti, in termini quantitativi 4 milioni e mezzo circa.
Discorso a parte per i rifiuti di imballaggio. Il nuovo Regolamento Ue, adottato nel dicembre 2024, si applicherà a partire dall’agosto del prossimo anno e nasce dall’esigenza di affrontare la gestione di questi rifiuti “per uniformare le leggi del mercato interno e promuovere l’economia circolare a basse emissioni di carbonio”. L’Italia, eccellenza tra i Paesi dell’Unione, ha già raggiunto, con il 76,7% di riciclo globale , e quello specifico per tutti i materiali della filiera (acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro) gli obiettivi previsti dalla normativa al 2025 (65%). E, tranne che per la plastica, anche quelli al 2030 (70%).
Come ha sottolineato Fabio Costarella, vice direttore generale del Conai, “i risultati raggiunti sono frutto di un lavoro che vede coinvolti istituzioni, imprese e cittadini che, attraverso i consorzi di filiera, fanno sì che i rifiuti di imballaggio vengano avviati a recupero e riciclo. Nuove sfide ci attendono. Stiamo mettendo in campo strumenti e risorse che servono per superarle. Le aziende stanno facendo un salto di qualità immettendo sul mercato imballaggi sempre più performanti e recuperabili. L’innovazione tecnologica, in questo senso, gioca un ruolo di primo piano. E, poi, è necessario il passaggio definitivo, da parte dei Comuni, alla tariffazione puntuale nella gestione dei rifiuti, perché solo in questo modo i cittadini utenti vengono responsabilizzati”.
L’ultima parte del rapporto è dedicata ai costi di gestione del servizio di igiene urbana che i Comuni, e quindi i cittadini, sostengono. L’analisi è stata condotta su 6.770 Comuni, pari all’85,7% del totale (7.896). Il campione corrisponde a poco più di 54 milioni di residenti, ossia il 91,7% della popolazione italiana che, a fine 2024, secondo i dati Istat, era di 58 milioni 934 mila 177 abitanti. Il costo medio nazionale annuo che ogni italiano sostiene per la gestione dei rifiuti urbani è di poco superiore a 214 euro. (In questi casi viene sempre in mente la famosa statistica dei polli di Trilussa). Al Centro spetta il costo più elevato con 256,6 euro per abitante; segue il Sud con 229,2 euro e il Nord con 187,2 euro a testa.
Il messaggio del governo è stato affidato alla viceministro del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Vannia Gava. “Il rapporto conferma un trend di miglioramento costante nella gestione dei rifiuti, ha detto la Viceministro, specialmente nella gestione degli imballaggi che conferma il posizionamento avanzato dell’Italia in Europa e la preparazione del sistema a gestire le nuove sfide regolatorie, ma allo stesso tempo evidenzia la necessità di rafforzare il mercato delle materie prime seconde, valorizzando le misure già avviate dal Ministero”. “I dati del rapporto, ha concluso la Gava, rappresentano un riferimento essenziale per programmare le nostre iniziative e affrontare con efficacia le sfide energetiche sostenendo sviluppo industriale e crescita sostenibile”.
















