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Ecco perché la Russia sta per impantanarsi. Report Bruegel

Il modello economico basato sull’industria bellica non è più in grado di reggere la pressione delle sanzioni e i continui voltafaccia del Paesi sulla carta amici di Mosca. A breve e nella migliore delle ipotesi, la Russia precipiterà nella stagnazione. Tanto che di quattro anni di resilienza rimarrà solo un ricordo

Resilienti, almeno fino a ieri. A poche settimane dall’inizio del quarto anno di guerra, è lecito chiedersi a che punto sia la notte per la Russia. Premessa: il copione della conferenza stampa di fine anno di Vladimir Putin era già bello e scritto. Nessuna sorpresa, va tutto bene, l’economia tiene, Mosca ha ossigeno e benzina per molti anni. Il mondo, però, da mesi conosce un’altra verità. Una verità fatta di sanzioni sempre più aggressive, Paesi fino a poco tempo fa amici che ora lo sono un po’ meno, preferendo guardarsi le spalle dal Cremlino e i suoi guai. Una morsa che ha finito con l’incrinare l’unico modello economico che finora ha permesso alla Russia di sopravvivere, quello basato sulla guerra e la produzione di armamenti.

La verità sulla Russia

Un rapporto dell’Istituto Bruegel, getta l’ennesima ombra sulla Federazione e i suoi equilibri. “Nel periodo 2022-2025, l’economia russa ha dimostrato resilienza, ovvero capacità di adattamento nonostante i crescenti costi della guerra in Ucraina e le ingenti sanzioni economiche e finanziarie imposte alla Russia dalla coalizione dei paesi occidentali”, è la premessa. “I conti pubblici, sebbene sotto pressione, sono rimasti sotto controllo. Tuttavia, dopo quasi quattro anni di guerra, i costi fiscali e parafiscali sono aumentati in modo significativo e hanno iniziato a mettere a dura prova la stabilità macroeconomica e finanziaria della Russia. L’inflazione si è mantenuta ben al di sopra dell’obiettivo della Banca centrale russa. Gli elevati tassi di crescita del 2023-2024, alimentati dalla spesa pubblica legata alla guerra e dal boom del credito alle imprese, hanno subito una decelerazione nel 2025 a causa di vincoli di capacità”.

Nero all’orizzonte

Ciononostante e alla luce di quanto detto, il governo russo ha ancora la capacità fiscale per continuare la guerra nel breve termine. Lo ammette lo stesso Bruegel. “Dispone di alcune riserve fiscali, può aumentare l’indebitamento interno e potrebbe cercare di aumentare ulteriormente la tassazione non sugli idrocarburi”. Ma ecco il punto. “Le prospettive a lungo termine appaiono molto peggiori. Debolezze strutturali e istituzionali, come le tendenze demografiche sfavorevoli, la continua dipendenza dalla produzione e dall’esportazione di idrocarburi e il clima sfavorevole per le imprese e gli investimenti, saranno amplificate dai costi della guerra e delle sanzioni, aumentando l’isolamento dall’Occidente e consolidando una strategia di sviluppo orientata all’interno”.

Insomma, “la resilienza della Russia non è illimitata. Il rallentamento della crescita e le crescenti tensioni macroeconomiche e fiscali nel 2025 segnalano ulteriori difficoltà in futuro. La Russia sembra disporre di uno spazio macroeconomico e fiscale sufficiente per continuare la sua guerra aggressiva nel breve termine. Tuttavia, questo spazio va svanendo gradualmente. La rapidità con cui ciò avverrà dipende dal livello dei futuri prezzi delle esportazioni di petrolio, che sono difficilmente prevedibili”, scrive il Bruegel.

L’impatto delle sanzioni

Non è finita. Non bisogna mai dimenticare le sanzioni, artefici dell’imminente peggioramento del quadro clinico russo. “Le sanzioni internazionali, anche se inefficaci nel fermare la guerra e il suo finanziamento, hanno già causato gravi danni al potenziale di crescita a lungo termine della Russia. Le misure di reciprocità adottate dalla Russia hanno peggiorato ulteriormente la situazione. Certo, la cooperazione commerciale e gli investimenti con la Cina e alcune altre economie emergenti possono aiutare ad attenuare l’impatto delle sanzioni nel breve termine ma non sostituiranno l’accesso alle innovazioni, alle tecnologie, al know-how, ai sistemi finanziari e ai mercati occidentali. Il mercato europeo del gas naturale russo, ad esempio, sembrerebbe essere chiuso per il prossimo futuro. Allo stesso modo, la sostituzione delle importazioni non è una soluzione per aumentare la produttività. Se a ciò si aggiungono le tendenze demografiche sfavorevoli, la continua dipendenza dalle esportazioni di idrocarburi e il clima sfavorevole per le imprese e gli investimenti, la stagnazione potrebbe essere lo scenario meno pessimistico”. Insomma, nella migliore delle ipotesi, la Russia si ferma.


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