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Washington sceglie il Kenya per il primo accordo della strategia sanitaria America First

Con l’intesa Usa–Kenya viene inaugurato il nuovo modello bilaterale americano per la salute globale: più co-investimento, meno intermediari, maggiore autonomia dei Paesi partner e allineamento agli interessi strategici statunitensi. Attesi ulteriori accordi con altri Paesi africani nei prossimi mesi

Con la firma del nuovo Health cooperation framework tra Stati Uniti e Kenya, l’amministrazione Trump inaugura un modello di cooperazione sanitaria che segna una netta discontinuità rispetto al passato. È il primo accordo concluso nell’ambito della America first global health strategy presentata lo scorso settembre. La nuova linea ridefinisce gli obiettivi, gli strumenti e le priorità della politica estera sanitaria americana dopo la chiusura dell’agenzia Usaid, incorporata nel Dipartimento di Stato all’inizio dell’anno. Per Washington si tratta di un passaggio strutturale che punta a spostare l’architettura degli aiuti sanitari all’interno della diplomazia statunitense, puntare su accordi bilaterali vincolanti e chiedere ai Paesi partner un ruolo più attivo nel finanziamento dei propri sistemi sanitari. Un approccio che vuole combinare risultati di salute pubblica e coerenza con gli interessi strategici americani in un’ottica America first.

2,5 MILIARDI DI CO-INVESTIMENTO

Il patto quinquennale da 2,5 miliardi di dollari prevede che gli Stati Uniti contribuiscano con 1,6 miliardi, mentre il governo keniota si impegna a incrementare la spesa sanitaria nazionale di 850 milioni di dollari. L’obiettivo dichiarato quello di sostenere programmi contro Hiv/Aids, tubercolosi, malaria e altre malattie trasmissibili, costruendo al contempo le condizioni per una graduale autosufficienza.

ASSISTENZA ORIENTATA AGLI INTERESSI

Secondo il Dipartimento di Stato, la filosofia del nuovo ciclo di accordi bilaterali è chiara. Jeremy P. Lewin, sottosegretario per gli aiuti esteri, gli affari umanitari e la libertà religiosa, spiega che l’assistenza estera “è uno strumento della diplomazia e della strategia americana e ogni dollaro che spendiamo deve essere giustificato direttamente in questi termini”. Accanto a questo principio politico, gli Stati Uniti rivendicano una maggiore attenzione all’impatto delle risorse: “I nostri team tecnici esperti hanno mantenuto una concentrazione assoluta sul massimizzare i risultati sanitari, utilizzare le risorse in modo più prudente verso programmi ad alto impatto e creare incentivi positivi per l’autosufficienza e il controllo locale da parte dei Paesi beneficiari”, afferma ancora Lewin. Brad Smith, consigliere del Bureau of global health security and diplomacy, definisce il Kenya “un modello per il tipo di intese bilaterali nel settore della salute che gli Stati Uniti stipuleranno con dozzine di Paesi nelle prossime settimane e mesi”.

IL CONTENUTO DELL’ACCORDO

Per Nairobi il Framework rappresenta un impegno di co-investimento e una leva per accelerare le riforme interne, in particolare attraverso la nuova Social health authority. Il presidente William Ruto parla di un percorso “pienamente allineato e reciprocamente vantaggioso”. Aden Duale, ministro della Salute, sottolinea la convergenza delle priorità, mentre Ouma Oluga, segretario generale per i servizi medici, definisce l’accordo “un notevole distacco dal passato” che avrà un “impatto duraturo sulla salute di tutti”.

Tra le innovazioni previste: il trasferimento graduale dell’acquisto di farmaci e forniture al governo keniota; il passaggio all’organico nazionale degli operatori sanitari oggi finanziati dagli Usa; il potenziamento dei sistemi informativi e delle cartelle cliniche elettroniche; la creazione di meccanismi di rimborso per provider privati e organizzazioni religiose. Il nuovo impianto prevede inoltre che i finanziamenti non transitino più principalmente attraverso Ong o appaltatori internazionali, ma direttamente tramite le istituzioni del Paese partner. Al riguardo, il segretario di Stato Marco Rubio è esplicito: “non lo faremo più” riferendosi al precedente modello basato sul “complesso industriale delle Ong”.

UN RIALLINEAMENTO STRATEGICO

La firma con il Kenya arriva in un contesto più ampio di riallineamento strategico. Dopo la soppressione di Usaid come agenzia autonoma, molte attività storiche di cooperazione – dalle iniziative nutrizionali ai programmi di salute materno-infantile – hanno subito ridimensionamenti o sospensioni. Il nuovo impianto mira, dunque, a concentrare gli investimenti su poche priorità. Il documento strategico pubblicato a settembre aveva anticipato questo approccio: un sistema più essenziale, focalizzato sui risultati clinici e sulla responsabilizzazione dei Paesi partner.

Scriveva allora Rubio: “Dobbiamo mantenere ciò che funziona dei nostri programmi di assistenza sanitaria estera, correggendo rapidamente ciò che è rotto”. Nonostante le autorità statunitensi evitino di definire gli accordi come strumenti condizionanti, la selezione dei partner segue anche criteri politici. Per questo, aggiunge il sottosegretario Lewin, gli accordi sono progettati per assicurare che “Le risorse sovrane americane dovrebbero essere utilizzate per rafforzare i nostri alleati e non dovrebbero mai avvantaggiare gruppi non amichevoli verso gli Stati Uniti e i nostri interessi nazionali”.

Sebbene si attendano dozzine di accordi nei prossimi mesi, secondo le parole del sottosegretario Lewin e del consigliere Smith, afferma l’Associated press, non a tutti i Paesi africani saranno offerti accordi subito. La Nigeria — che resta al centro delle preoccupazioni statunitensi per la persecuzione dei cristiani – e il Sudafrica – su cui pesano divergenze politiche ampie, alimentate dalle accuse provenienti da Washington relative alla persecuzione della minoranza Afrikaner – difficilmente saranno tra i primi Paesi a firmare. Al contempo l’amministrazione riconosce al Kenya un ruolo crescente, anche sul piano della sicurezza. Durante la firma, Rubio ha ringraziato Nairobi per il ruolo all’interno forza internazionale in Haiti, un tema su cui Ruto ha ribadito l’impegno del proprio Paese.


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