I dati dell’Agenzia delle Dogane del Dragone dimostrano come le esportazioni di minerali verso l’Europa galoppino, segno inequivocabile di una dipendenza ancora molto forte. Non è lo stesso, però, per gli Stati Uniti. E dal Brasile brutte notizie per Pechino
Qualcosa negli Stati Uniti funziona. Ma non in Europa. Questione di dipendenza, da spezzare. C’è chi ci sta riuscendo e chi no, non ancora almeno. L’argomento sono sempre loro, le terre rare, il grande tema del presente e del futuro, insieme all’Intelligenza Artificiale. Ora, mesi fa la Cina, che possiede oltre il 70% delle miniere sparse per il globo, ha cominciato a centellinare la vendita di minerali critici, essenziali alle due industrie più importanti del momento, Difesa e tecnologia, a tutti quei Paesi che di terre rare sono poveri o comunque meno forniti del Dragone.
Isteria dei mercati a parte, la stretta è durata poche settimane, poi le esportazioni sono riprese regolarmente o quasi. Ma il messaggio è comunque arrivato: se si vuole rimanere dipendenti dalle forniture cinesi bisogna mettere nel conto che si può improvvisamente rimanere a secco, per il semplice volere di qualcuno che a Pechino schiaccia il bottone rosso.
Gli Stati Uniti non se lo sono fatti ripetere due volte, l’antifona è stata più che sufficiente. Tanto è vero che da quel momento Washington ha cominciato a tessere una fitta rete di accordi (Canada, Ucraina tanto per citare due casi) con tutti quei Paesi ricchi di minerali ma fuori dall’orbita cinese. Una strategia che ha la sua filosofia: in caso di nuovi shock c’è chi garantirà per gli approvvigionamenti degli Stati Uniti. E c’è un dato a dare corpo a questa tesi, quello che arriva direttamente dall’Agenzia delle dogane cinese.
E il quale racconta del volume delle spedizioni di magneti cinesi negli Stati Uniti crollato di quasi il 9% nel mese di novembre. Attenzione, il raffronto è annuo, quindi novembre 2025 contro lo stesso mese dell’anno prima. Il che dimostra in modo abbastanza eloquente come negli ultimi mesi gli Stati Uniti abbiano cominciato ad attrezzarsi, provvedendo a procacciarsi le terre rare, senza passare per la Cina. Insomma, la dipendenza americana dalla Cina, almeno sul terreno dei minerali critici, va scemando.
Ma per un modello che funziona, almeno per il momento, ce ne è uno che invece fa ancora acqua. Ed è quello europeo. I numeri sono ancora quelli delle Dogane cinesi, secondo la quale le esportazioni di magneti dalla Cina all’Unione europea sono aumentate a novembre2025 (rispetto a novembre 2024) del 59,5% su base annua, raggiungendo le 2.568,8 tonnellate. Tradotto, l’Europa è ancora molto, troppo, legata alla Cina nell’ambito delle forniture di minerali. Discorso diverso per gli Stati Uniti. Tutto questo mentre dal Brasile arriva una notizia piuttosto brutta per il Dragone. Il quasi monopolio cinese sulle terre rare scricchiola: la società mineraria Serra Verde, tra le più grandi del mondo, punta a nuovi partner e a processi di raffinazione fuori dall’Asia.
















