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Trappole, incastri e scommesse. Quante incognite sul puzzle siriano

Putin riceve a Mosca il ministro degli Esteri siriano per la cooperazione in materia di armamenti. Al-Sharaa vuole essere visto come un moderato, ma al contempo Trump vuole essere protagonista del dopo Assad (in esilio russo). Un puzzle ad incastri che non si è ancora definito nei suoi principali contorni. Italia presente per la ricostruzione

Come si stanno evolvendo i rapporti internazionali del nuovo governo siriano? Se da un lato Al-Sharaa ha compiuto una serie di passi diplomatici nella direzione del multilateralismo, dall’altro vanno registrati i movimenti di tre top players come Usa, Russia e Ue che stanno premendo per una serie di ragioni.

Lo scorso 8 dicembre è stato commemorato l’anniversario della caduta del regime di Assad e dell’ascesa del governo di transizione guidato dal presidente Ahmed al-Sharaa. Le sue prime mosse come la rinascita dell’esercito, l’istituzione di un governo tecnico e di un parlamento temporaneo, si stanno intrecciando con l’iperattivismo alla voce relazioni estere. Il sostegno degli Stati Uniti è ormai un dato riconosciuto così come le relazioni con altri Paesi europei, in primis l’Italia: restano sul tavolo numerosi e delicati dossier come il separatismo interno, la presenza jihadista sul suolo nazionale, la crisi economica, i progetti per la ricostruzione.

Tra Damasco e Mosca 

Il ministro degli Esteri siriano Asaad Hassan Al-Shaibani e il ministro della Difesa Murhaf Abu Qasra sono stati ricevuti al Cremlino dal presidente russo. Al centro dell’incontro le “cooperazione strategica nel settore dell’industria militare”. Come è noto l’esercito siriano è in una fase cosiddetta “zero”, ovvero va formato, costruito, foraggiato. Per cui dopo aver perso la base navale di Tartus, Mosca punta a recuperare posizioni, anche con riferimento alle relazioni tra Damasco e Gerusalemme. In questo senso Putin ha ribadito il “fermo sostegno” della Russia alla Siria e alla sua integrità territoriale, rinnovando “la condanna di Mosca delle ripetute violazioni israeliane del territorio siriano, descrivendole come una minaccia diretta alla sicurezza e alla stabilità regionale”.

Due mesi fa al-Sharaa, in occasione di un suo viaggio in Russia, ha confermato di voler onorare tutti gli accordi conclusi in passato tra Damasco e Mosca. Ma dal momento che la Russia è stata un sostenitore chiave di Assad durante i 14 anni di guerra civile siriana, non si comprende come ora possa parimenti supportare un governo in discontinuità con l’esiliato.

L’occhio di Washington 

Quattro giorni fa gli Stati Uniti hanno effettuato un attacco “massiccio” contro l’ISIS in Siria, con l’obiettivo di chiarire i contorni del loro impegno da un lato e mandare un messaggio esterno dall’altro. Il presidente Donald Trump ha spiegato che “stiamo colpendo con forza” le roccaforti dell’ISIS, in seguito all’imboscata del 13 dicembre nella città di Palmira. Oltre all’intervento in sé, spicca il coinvolgimento della Giordania (da cui i caccia sono partiti) e la postura della Casa Bianca dopo il vertice di novembre fra Trump e al-Sharaa, che di fatto hanno inaugurato una nuova era per i due Paesi, con l’ex leader jihadista (le cui forze di coalizione hanno rovesciato il regime di Bashar al-Assad nel 2024) che ha fatto valere il suo passato.

Non va dimenticato, inoltre, che lo scorso 13 dicembre il personale statunitense in Siria è stato bersaglio di un attacco terroristico, circostanza che ha stimolato la reazione Usa e rafforzato la convinzione trumpiana di voler costruire un Paese unito all’interno di una visione mediorientale basata sulla convivenza tra attori regionali. Chiaro il riferimento agli intrecci con gli accordi di Abramo, con Israele e con il mondo al di qua del Mar Rosso. Inoltre dagli Stati Uniti, come punto di partenza, è giunta la decisione di revocare la maggior parte delle sanzioni alla Siria per incoraggiare lo sviluppo economico locale.

Il ruolo dell’Ue nella Siria di domani 

Ma se Usa e Russia hanno compiuto passi visibili, resta da capire come l’Ue potrà essere presente e determinante nelle sorti complessive, anche alla luce dei dossier interconnessi, come la guerra in Ucraina, il tema migranti, la sicurezza nel Mediterraneo e la geopolitica. Bruxelles ha promesso nuovi aiuti alla Siria: non solo ha rimosso tutte le sanzioni economiche, ma in occasione della IX Conferenza di Bruxelles sulla Siria sono stati annunciati sostegni per 3,4 miliardi di euro. Di contro il governo di Damasco ha siglato una nuova Dichiarazione costituzionale e istituito commissioni per affrontare la giustizia di transizione.

Anche l’Italia ha compiuto una serie di mosse politiche nella direzione di Damasco: in occasione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Giorgia Meloni ha incontrato il Presidente della Repubblica araba siriana, sia per confermare il sostegno dell’Italia alla ricostruzione tramite investimenti di aziende italiane in numerosi settori di reciproco interesse, sia per ricordare gli impegni assunti dal Governo italiano in materia di cooperazione allo sviluppo nel Paese.

Israele continua a diffidare di al-Sharaa a causa del suo passato jihadista e per questa ragione preme sulla zona cuscinetto demilitarizzata dei due paesi subito dopo la caduta di Assad. Infine la Turchia, iper critica nei confronti di Israele per aver ritardato i colloqui di integrazione con la Siria. Secondo il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, il coordinamento delle Forze democratiche siriane con Israele rappresenta un ostacolo importante nei negoziati con Damasco. Dunque se Putin riceve a Mosca il ministro degli esteri per gli armamenti, al-Sharaa punta tutto sul proprio ruolo di moderato, ma al contempo Trump vuole essere protagonista del dopo Assad (in esilio russo). Un puzzle ad incastri che non si è ancora definito nei suoi principali contorni.


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