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Gli occhi dell’Ue su Meta. Il motivo della nuova indagine

Per l’ennesima volta la Commissione avvia un’indagine nei confronti dell’azienda di Mark Zuckerberg, stavolta per chiarire se abbia abusato della sua posizione per impedire ai fornitori terzi di promuovere i loro strumenti di IA su WhatsApp. Rimarrà nel contesto delle tradizionali leggi antitrust, senza scomodare il Dma. Non per questo l’America sorride

L’Unione europea vuole accendere, ancora una volta, la luce su Meta. La Commissione europea è pronta ad avviare una nuova indagine antitrust contro l’azienda di Mark Zuckerberg per alcuni strumenti di funzionalità di intelligenza artificiale su Whatsapp. L’annuncio delle autorità di Bruxelles è arrivato dopo l’indiscrezione del Financial Times che, tramite le sue fonti, è stato il primo a dare la notizia. L’obiettivo è fare chiarezza sull’introduzione del sistema Meta AI, lanciata a marzo in tutti i paesi europei dopo averla rinviata per via del sistema normativo che vige nell’Ue. In breve, si tratta di un assistente capace di suggerire prompt e aggiungere una parte del testo nei messaggi.

Il problema è ormai noto. Come denunciato dall’Ue più volte contro le Big Tech, anche in questo Meta potrebbe aver assunto una posizione dominante nei confronti della concorrenza. Da ottobre infatti ai fornitori di intelligenza artificiale è vietato utilizzare uno strumento che permette alle aziende di comunicare con i propri clienti – Whatsapp Business Solution – quando l’IA è il servizio principale. Sebbene possano utilizzarne altri, quello che temono a Bruxelles è che in questo modo Meta impedisce di utilizzare i loro servizi sull’app di messaggistica, imponendo i propri.

Sull’azienda ci sono già i fari dell’Italia, che a luglio ha aperto un’indagine per capire se abbia abusato della propria posizione per integrare i nuovi strumenti senza ricevere il consenso degli ultimi. E l’Europa potrebbe seguire l’esempio italiano, afferma la capa dell’antitrust europeo, Teresa Ribera, adottando misure provvisorie. “Dobbiamo affrontare già quello che sta accadendo e potrebbe essere necessario prenderle”, conferma.

Nelle sue argomentazioni, Riberia spiega che l’indagine parte da due denunce di aziende minori. Pur senza far nomi, una di queste potrebbe essere Interaction Company of California – startup fondata l’anno scorso da due tedeschi che hanno sviluppato Poke.com, un altro assistente di IA – che ha presentato ricorso all’autorità garante della concorrenza Ue. “Se a Meta verrà consentito di mantenere la sua nuova politica – avverte il fondatore e ceo Martin von Hagen – milioni di consumatori europei verranno privati della possibilità di usufruire di nuovi e innovativi assistenti basati sull’intelligenza artificiale come Poke.com”. Per questo si augura “un intervento rapido della Commissione”. L’altra azienda potrebbe essere invece la spagnola Luzia, ma non ci sono conferme ufficiali.

Secondo il Financial Times, la procedura che intende avviare l’Ue rientrerà nelle classiche norme antitrust senza sfociare nelle violazioni previste dal Digital Markets Act (Dma), la norma sui mercati digitali tanto criticata dagli Stati Uniti. Sotto certi aspetti, per Meta è peggio. Anche in questo caso rischia una sanzione pari al 10% del suo fatturato annuo e, come spiega la Commissione, un’indagine antitrust non ha tempi certi. La sua durata dipende da alcuni elementi, a partire dalla complessità del caso in questione e dalla collaborazione delle parti.

Dal comunicato di risposta pubblicato da Meta, sembra difficile evitare lo scontro. “Le accuse sono prive di fondamento”, tuonano da Menlo Park. “La crescente diffusione di chatbot di intelligenza artificiale sulla nostra Business App genera un sovraccarico dei nostri sistemi, che non sono stati progettati per supportare questo tipo di utilizzo. Tuttavia – precisano – il settore dell’IA è altamente competitivo e le persone possono accedere ai servizi che preferiscono in molti modi diversi: tramite app store, motori di ricerca, servizi email, integrazioni con terze parti e sistemi operativi”.


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