Dal Master in Intelligence dell’Università della Calabria, Derrick de Kerckhove riflette sulla crisi del tempo lineare, sull’impatto cognitivo del digitale e sull’avvento dell’IA generativa. Una sfida che investe democrazia, istituzioni e sicurezza
Il tempo del XXI secolo ha smesso di scorrere in modo lineare. È fatto di istanti, di epifanie, di apparizioni che si susseguono senza garantire continuità. È dentro questa frattura che si ridefiniscono comunicazione, politica e intelligence. È il filo rosso della lezione tenuta da Derrick de Kerckhove, sociologo di fama internazionale, al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri, dal titolo “Comunicazione e sicurezza nel XXI secolo”.
Un intervento denso, che ha intrecciato filosofia, scienze cognitive e analisi dei media per leggere le trasformazioni profonde prodotte dalle tecnologie digitali e, oggi, dall’intelligenza artificiale generativa. “Non viviamo più in un tempo continuo, ma in una sequenza di presenze istantanee che la mente cerca poi di ricomporre in narrazione”, ha spiegato de Kerckhove.
Il tempo come epifania
Richiamando le riflessioni di Carlo Rovelli e Karen Barad, de Kerckhove ha messo in discussione l’idea tradizionale di tempo come flusso uniforme. Nel mondo quantistico e, per analogia, nell’esperienza digitale, il reale emergerebbe come una successione di istanti discontinui, che esistono in relazione all’osservazione.
La continuità, allora, non sarebbe una proprietà del mondo, ma una costruzione della mente. È la memoria a cucire insieme frammenti e a produrre l’illusione di una storia coerente. Ma questa coerenza, nel nuovo ecosistema tecnologico, diventa fragile.
È su questa cornice filosofica che si innesta l’analisi dell’impatto del digitale: se la coscienza partecipa alla costruzione del reale, le tecnologie dell’informazione non sono semplici strumenti, ma ambienti cognitivi che modellano percezione, pensiero e comportamento.
L’infosfera come ambiente mentale
Nell’epoca delle reti e degli algoritmi, la ricerca di informazioni avviene in spazi governati da logiche di personalizzazione e clusterizzazione. Il risultato è un sovraccarico informativo che, invece di ampliare gli orizzonti, tende a restringerli. “Le bolle informative non ci aprono al mondo, ma ci restituiscono un’immagine compiacente di ciò che già pensiamo”, ha osservato. La Rete consolida convinzioni, riduce il confronto critico e alimenta una cultura dell’immediatezza. Da qui, secondo de Kerckhove, nasce anche la degenerazione di una “politica follower”, che rincorre sondaggi, paure e reazioni istantanee, rinunciando al tempo lungo della visione strategica. Una società intrappolata nel presente perde profondità analitica, indebolisce il dibattito pubblico e mette sotto stress le stesse istituzioni democratiche.
La sfida per l’intelligence
In questo scenario, anche l’intelligence non è immune. La crisi dei processi cognitivi si riflette sulla capacità delle organizzazioni statali di investire in prevenzione, cultura e competenze.
De Kerckhove ha richiamato, seppur implicitamente, i rischi di mediocrità, di spoil system e di frustrazione delle professionalità interne: segnali di un ecosistema che privilegia il consenso immediato e l’apparenza a scapito della qualità. “Se la società perde profondità, anche l’intelligence rischia di smarrire la propria funzione strategica”, è il monito.
L’IA come acceleratore
L’avvento dell’intelligenza artificiale generativa rappresenta un’ulteriore accelerazione. La produzione automatica di testi e contenuti può amplificare la frammentazione del pensiero, sostituendo la riflessione con narrazioni istantanee.
L’IA appare come il prolungamento esterno della mente collettiva: ne riflette i bias, i limiti, la volatilità. Non crea dal nulla, ma riorganizza ciò che l’umanità già immette nell’infosfera. Eppure, il rischio più grande non è tecnologico, ma culturale: quello di abbandonare la fatica del pensiero critico.
Tra democrazia e datacrazia
Nella parte finale, de Kerckhove ha parlato apertamente di una crisi epistemologica: il passaggio dal mondo alfabetico al mondo digitale. Un’epoca di caos, in cui si profila il pericolo di un salto dalla democrazia alla datacrazia, il governo dei dati e degli algoritmi. Gli algoritmi, ha spiegato, non sono in competizione con l’alfabeto. Rappresentano piuttosto la tecnicizzazione di due strategie fondamentali dell’intelligenza umana: da un lato, la relazione simbolica, propria del linguaggio; dall’altro, il riconoscimento dei modelli, che precede persino la nascita, già nell’esperienza fetale del ritmo e delle frequenze. Nel digitale, queste due strategie si incontrano e si moltiplicano a vicenda, dando origine all’IA generativa. “Non è la fine dell’intelligenza umana, ma una sua estensione. La sfida è governarla, non subirla”.
Responsabilità e futuro
Se il mondo “si rappresenta” all’osservatore, allora nell’era digitale la realtà è co-creata dalla mente e dagli strumenti tecnologici. Da qui discende una responsabilità etica, quella di vigilare sulla qualità delle informazioni, sulle architetture cognitive e sulle narrazioni che plasmano l’esperienza. Per de Kerckhove, il futuro non è scritto: può essere segnato da un impoverimento cognitivo o, al contrario, da una crescita dell’intelligenza media globale, alimentata dalla collaborazione umana e dall’autoregolazione di un potere che, ancora una volta, può passare dalla forza bruta all’intelligenza.
La lezione al Master dell’Università della Calabria si chiude così come una riflessione che va oltre la tecnologia: un invito a recuperare profondità, complessità e pensiero critico, per non smarrirsi nella simultaneità del presente e per restituire senso al tempo, alla politica e all’intelligence del XXI secolo.















