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Un segnale ad Haftar e guerra alle fake news. Le novità dopo il viaggio di Trenta in Libia

Trenta

La sintesi fatta dal ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, al rientro dalla visita di due giorni in Tunisia e in Libia presenta qualche novità politica e operativa. Insistere sul “progetto inclusivo” per arrivare alla stabilizzazione della Libia, annunciando l’intenzione di incontrare il generale Khalifa Haftar dopo il presidente del governo di accordo nazionale riconosciuto dall’Onu, Fayez al Sarraj, evidenzia un approccio che sembra diverso da quello spiegato più volte da Matteo Salvini. Per esempio il ministro dell’Interno, al rientro dal suo primo incontro con le autorità di Tripoli, sollecitato sul tema disse che avrebbe avuto in futuro contatti anche con Haftar e con le comunità della Libia meridionale, “ma con posizioni di equidistanza. Non facciamo come i francesi, privilegiamo chi è riconosciuto dalle Nazioni Unite”. Trenta invece ha spiegato che “per arrivare alla stabilizzazione della Libia tutti i soggetti devono entrare nel processo”: significa che un’operazione di per sé complicatissima diventerebbe impossibile se qualcuno fosse considerato “più uguale degli altri”.

Naturalmente sarà facile per il governo spiegare che non ci sono differenze di vedute, tanto da ricordare che è la stessa posizione dell’Onu a prevedere l’inclusione: “Bisogna puntarci o non puntarci, questo governo ci punta” ha commentato il ministro. Forse avremo le idee più chiare già con l’audizione dei ministri Trenta ed Enzo Moavero Milanesi, titolare degli Esteri, giovedì 26 luglio dinanzi alle commissioni Difesa di Camera e Senato.

Dal punto di vista operativo, la novità sta nell’aiuto che l’Italia potrebbe dare alla Libia anche per combattere la disinformazione. Il riferimento del ministro della Difesa era alla missione italiana prevista a Ghat, nella Libia meridionale, qualche settimana fa e poi annullata dopo la diffusione di notizie sull’intenzione italiana di realizzare una base militare e l’occupazione dell’aeroporto di Ghat da parte di milizie locali. “La collaborazione ai confini Sud della Libia ci è stata richiesta ed è nostro interesse farla – ha detto il ministro Trenta -. Cercheremo di organizzare una missione di ricognizione, ma siamo stati vittime di fake news, di notizie date da gruppi contrari alla stabilizzazione”: bisognerà aiutare i libici anche sulla comunicazione strategica.

Viene in mente, a questo proposito, il 28° Reggimento “Pavia” che fa parte del Comando forze speciali dell’Esercito ed è l’élite nella comunicazione operativa. A proposito di forze speciali, il capo di Stato maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano, che ha accompagnato il ministro nei due giorni di visita, ha spiegato che i libici hanno chiesto un aumento dell’addestramento delle loro forze speciali che gli italiani curano già da tempo, oltre al supporto alla Guardia costiera e all’Aeronautica e “in aggiunta a tutto quello che può servire per mettere in condizioni i libici di operare con proprie gambe e con le proprie capacità”. Aiuto che per il ministro riguarderà anche il contrasto all’immigrazione e al terrorismo visto il rischio, “seppur minimo”, di infiltrazioni di foreign fighter tra i migranti. Ma saranno le prossime mosse politiche a far capire quanto tempo servirà per imboccare la strada giusta.



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