Le campagne di disinformazione condotte nei confronti dell’Italia, emerse con nuovo vigore negli ultimi giorni, “non dovrebbero essere messe in secondo piano dai nostri servizi d’intelligence, perché – sebbene in misura minore rispetto agli Stati Uniti – hanno l’intento e l’effetto di influenzare l’opinione pubblica”.
È quanto spiega a Formiche.net Corrado Giustozzi, esperto di sicurezza cibernetica presso l’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid) per lo sviluppo del Cert della PA e membro del Permanent Stakeholders’ Group dell’agenzia dell’Ue Enisa.
LE INGERENZE
Per l’esperto di cyber security, “i tweet diffusi dalla rete di troll svelata dal sito Five Thirthy Eight.com e la campagna contro il Quirinale mostrano che c’è stata una chiara attività mirata a influenzare anche gli utenti del nostro Paese. Ora sarà importante passare da un’analisi quantitativa, cioè sul numero di questi messaggi, a una qualitativa, ovvero sul perché siano stati diffusi”.
PERCHÉ LA RUSSIA?
Seppur non ci siano ancora evidenze di un collegamento diretto tra queste attività e partiti italiani, né Lega né Movimento 5 Stelle, Giustozzi ritiene che Mosca sia in cima alla lista degli attori più plausibili dietro un’operazione del genere. “Per condurre campagne su così vasta scala c’è bisogno di un’organizzazione molto forte e strutturata, che solo uno Stato può avere. La Russia è uno di questi. E, anche se non è il solo, è quello che forse avrebbe più interesse a farlo in questo momento”.
RAGIONI STORICHE
La ragione di tutto ciò, spiega l’esperto, la si intuisce in parte dal contesto geopolitico. “In linea generale, anche online, ognuno cerca di guadagnare consenso tra chi non è suo alleato. E Bruxelles e Washington al momento non sono tra i migliori amici di Mosca”. Ci sono, però, anche ragioni tecniche e storiche per giungere a queste conclusioni. “Sappiamo con certezza che in Russia c’è una struttura, l’ormai celebre Ira – Internet Research Agency – che svolge attività disinformative e che ritorna anche nel caso italiano di cui si discute in queste ore. In più, non va dimenticato che quella della disinformazione – la nota disinformatia – è un’arma tradizionale dell’intelligence russa sin dalla Guerra Fredda”.
LE RAGIONI
Le indagini sugli ultimi eventi proseguono e al momento è difficile stabilire con certezza che ci sia la Russia dietro il proliferare di tweet di populisti, aggiunge Giustozzi, ma “i messaggi propagandati sono compatibili con alcuni obiettivi chiari”. Tali metodi, aggiunge l’esperto, “non hanno come obiettivo quello di sostenere un candidato piuttosto che un altro ma piuttosto quelli di creare divisioni, alimentare uno scontro polarizzato che alimenti sfiducia e rabbia nell’opinione pubblica, come avvenuto nel caso della Brexit e di diversi momenti elettorali in Occidente. Creare questo clima significa gettare le basi per passi successivi”.
COSA DEVE FARE L’INTELLIGENCE
In questo scenario complesso, la nostra intelligence, commenta l’esperto, “non sta sicuramente trascurando la questione, ma l’ha forse posta in secondo piano. Naturalmente questa può essere una scelta, anche legittima se dettata dalla necessità di concentrare tempo e risorse su pericoli considerati più urgenti da affrontare”. Il tema è diventato nel frattempo oggetto di dibattito politico. Il Partito Democratico chiede l’apertura di una Commissione d’inchiesta e l’argomento potrebbe essere tirato fuori durante la prima audizione del direttore del Dis Alessandro Pansa davanti al nuovo Copasir, in programma lunedì prossimo. “Non entro nel merito delle questioni politiche, ma credo che l’effetto che queste attività di interferenza hanno sui processi democratici non vada sottovalutata. Non è possibile dire con precisione l’influenza recente del fenomeno nel nostro Paese, ma iniziare a chiederselo seriamente è un necessario punto di partenza. La discussione, infatti, non è più sul se ma sul quanto”.