Le banche tedesche hanno un nuovo tipo di cliente. Non l’imprenditore in giacca e cravatta che viene a chiedere un prestito per la sua azienda. E nemmeno il manager della multinazionale. Ma un prelato a capo di una delle innumerevoli diocesi della Germania. Perché le due chiese tedesche, protestante e cattolica, hanno un immenso patrimmonio, immobiliare e non, da far fruttare al meglio. E con in bassi tassi di interesse che pesano sugli investimenti tradizionali, è meglio per la chiesa di Germania rivolgersi a chi può consigliare come diversificare il portafoglio.
In Germania, come racconta Bloomberg, c’è un autentica corsa a banche e finanziarie di monsignori, vescovi o più semplicemente parroci con un minimo di piglio economico. Obiettivo, trovare forme alternative di investimento, soprattutto ora che il Qe della Bce è agli sgoccioli. E la posta in gioco è decisamente alta.
“Sulla base delle mie stime”, ha spiegato Carsten Frank, esperto di settore, “le due chiese, incluse le loro imprese, custodiscono asset di un valore di circa 345 miliardi di euro, escludendo le organizzazione Caritas e Diakonie (sorta di associazione caritativa, ndr). Somme ingenti, ma in passato gestite in modo non sempre efficiente. La diocesi di Eichstätt (Baviera), per esempio, ha bussato alle banche dopo aver perso svariati milioni in rischiosi investimenti immobiliari”.
Di più. “La facoltosa arcidiocesi di Monaco, guidata dal cardinal Reinhard Marx, che è anche presidente del Consiglio per l’economia della Santa Sede, è una delle poche a pubblicare i rendiconti finanziari: dall’ultimo disponibile risulta un patrimonio di 3,5 miliardi di euro, inclusi 1,5 miliardi di impieghi finanziari. In queste scelte, conferma il portavoce Christoph Kappes, il parere dei professionisti è fondamentale”.
Insomma, c’è un cospicuo stock di patrimonio in cerca della giusta collocazione. “Soprattutto nell’attuale contesto di bassi tassi di interesse, un investimento in obbligazioni buy-and-hold convenzionali non può più ottenere un rendimento sufficiente”, ha affermato Philip Schaetzle, responsabile di Metzler Asset Management GmbH a Francoforte. “Si tratta una diversificazione più ampia, per la quale le chiese ora cercano aiuto”, ha aggiunto.
A spingere la chiesa tedesca tra le braccia dei consulenti finanziari contribuisce come detto anche la Bce: i tassi bassi e il Quantitative Easing hanno reso poco redditizia la tradizionale strategia di investimento dei religiosi. I rendimenti sicuri, ma modesti dei bond sovrani non bastano più a sostenere le costose iniziative benefiche. Soprattutto, come il resto della popolazione europea anche il personale delle chiese è sempre più vecchio e, quindi, gli oneri pensionistici a carico delle due chiese sono in aumento.
Infatti, come datore di lavoro, hanno anche “considerevoli obblighi pensionistici verso i propri dipendenti”, ha dichiarato Eberhard von Alten, manager di Feri Trust. All’inizio del 2018, von Alten era entrato a far parte dell’asset manager di Bad Homburg della diocesi di Mainz, dove lavorava come direttore finanziario dal 2009. “Il volume del mercato è difficile da stimare perché non tutti gli enti ecclesiastici hanno pienamente valutato e divulgato il loro patrimonio”.
Tra gli investimenti alternativi alle obbligazioni, sembra andare per la maggiore tra il clero tedesco il settore immobiliare ma anche il private equity, che a detta dei prelati si concilia meglio con i canoni della sostenibilità.