Delle due l’una: o l’incontro a Milano fra Salvini ed Orban era una questione privata, come hanno ribadito vari portavoce del M5S, ma allora non è chiaro perché dargli il risalto mediatico che ha ricevuto, anche dalla Tv di Stato; oppure è un preciso segnale politico, che interessa la linea di politica estera ed europea del governo. In questo caso il risalto mediatico è corretto, ma allora doveva essere giudicato nel merito con maggiore obiettività.
La strategia politica di Salvini, assolutamente resa chiara ed esplicita (occorre dargliene atto), è smantellare l’integrazione europea per come ha faticosamente cercato di emergere fino ad oggi. Dalla fine del secondo dopoguerra in poi, l’integrazione europea è stata il tentativo di superare le sovranità assolute ed esclusive degli Stati-nazione per fondare aree di decisione collettiva, e quindi di sovranità, condivise; di spezzare il legame perverso fra identità individuali (che sono plurime e complesse) e lealtà assoluta nei confronti dello Stato: quel legame che ha reso nel corso del diciannovesimo secolo i cittadini “sudditi” dei loro sovrani o dei loro sistemi parlamentari e che ci ha portato a due conflitti di dimensione mondiale.
È un progetto di portata storica ed indispensabile al futuro degli europei. Che tuttavia non lo hanno mai compreso in profondità; e i cui governi cercano di boicottarlo da settant’anni, consapevoli che la creazione di una genuina democrazia sovranazionale diminuirebbe il potere (di spazio sempre più risicato, nella grande interdipendenza mondiale) nelle loro mani. Un progetto quindi che può essere portato avanti solo se i cittadini europei si rendono contro che è nel loro interesse, contro quello dei loro governanti di turno, qualsiasi essi siano.
Lo stesso Macron ha fatto la scelta della condivisione della sovranità, si badi, solo per una questione interna: per togliere spazio alla narrazione del Front National sulla necessità (illusoria) di riappropriarsi della sovranità nazionale indebolita dall’interdipendenza europea e globale e per affermare una sovranità europea condivisa che ancora non c’è.
Ma invece di lottare per una prospettiva di condivisione della sovranità, Salvini ed Orban intendono promuovere il ritorno ai confini, all’Europa delle nazioni, al mito del cittadino-sovrano del suo Stato: tutti retaggi culturali di un’epoca che non c’è più, che finisce per consegnare il futuro degli europei a giochi di potere fra potenze di dimensione continentale. Retaggi che si annidano facilmente in contesti culturali arretrati ed economico-sociali disagiati; come infatti sono oggi Italia ed Ungheria.
Il modello-Orban (che vorremmo evitare di chiamare modello-Ungheria per rispetto dei milioni di cittadini ungheresi che non la pensano come Orban) è fatto di corruzione e clientelismo privatistico, di chiusura delle testate giornalistiche di opposizione (ma possibile che nessun gruppo editoriale italiano si sia mai preso la briga di scriverlo?), di cancellazione di qualsiasi sussidio pubblico (quindi collettivo, non privato di Orban) ad organizzazioni della società civile che non facciano gli interessi privati di Orban e della sua cricca, di una società col 2% della popolazione di immigrati in cui, stando alla percezione del cittadino medio, opportunamente alimentata dai mezzi di comunicazione, sembra ce ne siano quattro volte tanto, tanto da configurare un’emergenza che è solo virtuale. Un paese con un leader politico che vince perché ha truccato le carte del gioco democratico. Sarebbe questo il modello che fa gl’interessi degli italiani? Sarebbe questo il modello che Salvini vuole per l’Italia? Siamo sicuri che gli elettori leghisti siano consapevoli di quello che implica?
Ma soprattutto: siamo sicuri che il M5S ed il suo elettorato vogliano questo? Perché se è questo quello a cui aspirano, fanno bene a minimizzare la portata dell’incontro fra Salvini e Orban, lasciando che la Lega detti anche la linea di politica estera del governo, alla faccia di un partito di maggioranza relativa e di un Ministro degli Esteri che stanno in Consiglio dei Ministri a fare, evidentemente, solo le belle statuine. Se invece non fosse quello a cui aspirano, dovrebbero immediatamente chiedere a Salvini di riferire in Parlamento sul senso di quell’incontro e discutere, possibilmente col Ministro degli Esteri, della linea di politica estera del paese, già diventata estremamente ambigua nel giro di pochi mesi, rispetto alle tradizionali alleanze europee ed internazionali.
E naturalmente impegnarsi per trasformare questa inefficiente, perversa, farraginosa e tecnocratica costruzione europea in una genuina democrazia sovranazionale, ridando finalmente una effettiva dimensione politica alle scelte dei cittadini.