Non sono ancora venti di guerra, ma nel Mediterraneo orientale tira davvero una brutta aria, dove la crisi siriana sembra essere solo il preludio di tensioni ben più consistenti e rischiose, se non altro per il giro di soldi che ruota loro attorno.
Il premier Erdogan ha smentito la notizia con forza, ma la settimana scorsa la Marina turca ha chiesto l’autorizzazione al Ministero degli Esteri per impiantare una base militare a Cipro Nord. La triste vicenda dell’isola, è nota ai più, ma gioverà ricordarla, anche perché serve per fare capire la serietà della situazione.
Cipro è spaccata in due dall’intervento militare turco del 1974, ufficialmente effettuato per proteggere la minoranza turcofona e musulmana. Da quel momento, l’isola vive una situazione paradossale. Due terzi dell’isola, a maggioranza greca, fanno parte della Ue come Repubblica di Cipro, riconosciuta da tutta la comunità nazionale, ma non da Ankara. Particolare, questo, che rappresenta uno degli ostacoli più grossi all’ingresso della Turchia in Unione Europea. Un terzo della superficie è di fatto occupato dalle truppe turche e dal 1974 si chiama Repubblica turca di Cipro Nord, riconosciuta solo da Ankara, ma non dalla comunità internazionale.
Di fatto, un protettorato, sul quale la Turchia ha inviato oltre 40mila persone fra militari e coloni per creare un legame indissolubile con la Mezzaluna. Da quando poi sono state scoperte in fondo al Mediterraneo ingenti riserve di gas naturale, Cipro è passata da una questione etnico-religiosa, a un’opportunità irrinunciabile per mettere le mani sopra un tesoro da miliardi di dollari e soprattutto rompere la continuità di acque territoriali e zone economiche esclusive che la parte greca e Atene potrebbero vantare.
Per cementare le ambizioni di Ankara, in effetti, manca solo una base militare, che andrebbe a operare in un mare, il Mediterraneo Orientale, che negli ultimi anni sta diventando sempre più affollato e dove al momento circolano navi di almeno 12 Paesi, Stati Uniti e Russia in testa. Proprio Washington, nelle scorse settimane, ha aumentato la sua presenza militare in Grecia, segno che quella parte di Vecchio Continente è destinata a diventare sempre più calda.
Il presidente Erdogan, l’ha tagliata corta. “Non abbiamo bisogno di costruire una base a Cipro – ha detto ai giornalisti -. L’isola è molto vicina, in caso di bisogno con i caccia può essere raggiunta i pochi minuti”. Nessuno dei presenti, però, gli ha fatto notare che la base era per le forze marittime, non per l’aviazione e che la richiesta al ministero degli Esteri è già stata fatta.
Fonti militari, al contrario, dicono che una base nella zona di Famagosta, nella parte orientale dell’isola, sotto il controllo turco, potrebbe facilitare e non poco, il dispiegamento di navi da guerra che impiegherebbero meno e potrebbero rimanere di più nelle zone contese.
Insomma, Ankara si sta preparando a quello che potrebbe essere il più grande conflitto nel Mediterraneo sul medio termine e dove potrebbe vedersela con il Paese che al momento rappresenta il suo più grande alleato: la Russia. Mosca ha grossi interessi nella parte greca di Cipro e sta monitorando con attenzione le mosse di Ankara. Nell’area sono attivi anche Egitto e Israele, che stanno sondando i fondali con la Repubblica di Cipro e che non sono certo noti per i loro buoni rapporti con la Turchia. La premesse perché vada a finire male ci sono tutte.