A Danilo Toninelli deve piacer molto il balletto. Almeno a giudicare dalle recenti sterzate nel triangolo Alitalia-Ferrovie-Anas. La prova? Servita direttamente questo pomeriggio dal ministro, in visita a Berlino, da dove ha fornito indicazioni non meglio precisate sul futuro dell’ex compagnia di bandiera.
Piccolo pro-memoria: entro dicembre Alitalia dovrà restituire il prestito ponte da 900 milioni concesso dallo Stato che le ha permesso finora di operare. A onor del vero si è trattato di un contributo intaccato in minima parte, visto che in questi mesi la compagnia ha acquistato una certa redditività e anche un po’ di cassa, che le ha permesso in quota minore di autofinanziarsi. Quando i tre commissari, Enrico Laghi, Luigi Gubitosi e Stefano Paleari, saliranno da Toninelli, con ogni probabilità il ministro comunicherà loro il da farsi: e cioè, nessuna vendita della compagnia ma intervento massiccio dello Stato, affiancato per l’occasione da un partner industriale forte. Già ma chi?
LUFTHANSA MAI VERAMENTE IN PARTITA
E qui si arriva ai balletti di Toninelli. Al netto della retromarcia sulla cessione, il governo gialloverde ha sposato la causa della ri-nazionalizzazione, contrariamente al precedente governo che l’aveva messa in vendita, il partner industriale da affiancare a un ingresso pubblico per mano delle Ferrovie (o della Cdp), ha cambiato più volte identikit. Lufthansa non ha mai avuto vere chance di entrare nel vettore, per alcuni motivi precisi. Primo, i tedeschi con ogni probabilità non avrebbero mai accetatto un ruolo di minoranza nel capitale e, secondo, vi sarebbero entrati a precise condizioni, prima tra tutte un piano esuberi difficile da far digerire a sindacati e soprattutto al governo legastellato.
I TEDESCHI, I CINESI E GLI AMERICANI
Ostacoli che hanno tirato in ballo la Cina, attraverso un non meglio identificato fondo di investimento. Prospettive però che, e si arriva alla giornata odierna, sembrano essersi dissolte con l’ingresso nella scena di Boeing. Del possibile coinvolgimento del costruttore americano si era vociferato nei giorni scorsi, ma oggi Toninelli ha fatto capire che l’Italia non disdegnerebbe affatto un ruolo di Boeing dentro Alitalia. La società Usa “certamente può essere considerato un partner per Alitalia, considerato che costruisce aerei e ce ne servono tanti. Non parlerei oggi di compagnie aeree in particolare, anche se penso che Lufthansa non sia tra i partner più strategici”. Insomma, Lufthansa fuori, la Cina forse e Boeing new entry della partita, nonostante dall’azienda americana al momento non sia pervenuto nessun commento. Certamente, un peso massimo come Boeing dentro Alitalia, garantirebbe livelli di solidità difficilmente ragigunti dalla compagnia.
LO SLALOM DI FERROVIE
Venendo al soggetto pubblico che dovrà assicurare la presenza dello Stato in Alitalia, con ogni probabilità sarà Ferrovie con la regia di Cdp. Qui gli indizi che portano a Piazza della Croce Rossa sono tanti quanto i balletti di Toninelli. Fs ormai ha perso ogni possibilità di incorporare Anas, progetto stroncato su due piedi dal governo gialloverde, in particolare dal vicepremier Luigi Di Maio. Orfana di tale prospettiva, Toninelli ha aperto per il gruppo guidato da Gianfranco Battisti due strade. L’ingresso in una newco che dovrebbe rilevare Industria Italiana Autobus, l’ex Irisbus un tempo galassia Fiat in crisi di liquidità e a rischio chiusura (ma i giochi dovrebbero essere fatti perché Fs ha presentato nei giorni scorsi al Mise una manifestazione di interesse) e per l’appunto Alitalia. Dove è arrivata puntuale la sponda di Battisti. “Siamo un’azienda aperta, che guarda al futuro, e in questo senso se ci dovesse essere chiesto un impegno a valutare un piano industriale che può rendere sostenibile un business aeronautico, perchè non valutarlo?”. Anche qui, piccola sintesi: via Anas, dentro Irisbus e dentro (forse) Alitalia.
IL REBUS DI GENOVA
Un ultimo emblematico caso sugli stop&go del ministero di Porta Pia, la ricostruzione del ponte Morandi a Genova. Come noto il governo, per bocca dello stesso Toninelli, mira ad affidare a Fincantieri i lavori, dunque a un soggetto pubblico. Anche qui però c’è un po’ di consfusione, per un motivo molto semplice. Manca il commissario alla ricostruzione che dovrà supervisionare i lavori. Senza considerare che il decreto legge non è ancora stato approvato, nononostante il provvedimento sia approdato in Cdm la scorsa settimana.