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Perché il caso Kavanaugh va oltre la poltrona della Corte Suprema Usa

Quando venerdì il senatore conservatore dell’Arizona Jeff Flake è entrato in un ascensore del palazzo del Senato in cui si sarebbe dovuto tenere il voto per ratificare la scelta del giudice indicato dal presidente Donald Trump per la Corte Suprema, Brett Kavanaugh, ha avuto un incontro decisivo per la sorte — almeno momentanea — del processo di nomina. Entrato nella stanza della Commissione Giustizia, il repubblicano ha chiesto un delay, ossia un rinvio del voto definitivo di una settimana (che sarà intensa, per la vicenda, per Trump e per la storia degli Stati Uniti).

Kavanaugh è in mezzo a una crisi prodotta dalle denunce pubbliche alzate contro di lui da alcune donne, che dicono di essere state molestate dall’attuale giudice quando ancora era uno studente del college — erano gli anni Ottanta. Una di loro, giovedì, dopo che la sua denuncia era uscita sul Washington Post settimane prima della nomina di Kavanaugh (circostanza che esclude una vendetta politica) s’è seduta davanti a quella commissione e ha raccontato tutto con composta sicurezza, una testimonianza piuttosto convincente. Poi ha parlato il nominato, difendendosi con aggressività.

Il senatore Flake era stato colui che aveva chiesto che la donna, una professoressa di Palo Alto, fosse invitata in audizione davanti ai colleghi. La riteneva credibile, e pensava che la  vicenda fosse un aspetto da non sottovalutare nel conferire l’incarico a un giudice che nei prossimi anni deciderà, col suo voto nel gruppo di nove della Corte, scelte giurisprudenziali fondamentali per il futuro dell’America. Flake ha ascoltato la professeressa Cheostine Blasey Ford, ma il giorno dopo l’audizione aveva annunciato che avrebbe comunque votato la ratifica a Kavanaugh — Il senatore, personaggio chiave della storia, chiuderà la sua carriera politica a breve, teoricamente è più sciolto da vincoli di partito, ma far saltare la nomina di un giudice conservatore è dal punto di vista psicologico un passaggio complicato, sebbene il suo sarebbe il voto swing, ossia quello che potrebbe cambiare la maggioranza di uno di cui i repubblicani godono in quella commissione incaricata della ratifica (“ratifica” perché dopo a dare il voto decisivo sarà l’intera aula del Senato).

Venerdì mattina, poco dopo aver dato il suo assenso, Flake è arrivato in aula, ha parlato con i membri del Partito democratico, e ha detto che invece avrebbe votato il semaforo verde a Kavanaugh soltanto se fosse stato possibile affidare all’Fbi l’incarico di indagare sul caso, anche solo per una settimana (Flake aveva contatto al volo Rod Rosenstein, vice procuratore generale, che gli aveva detto che in fondo un’indagine di una settimana sarebbe stata possibile, sebbene probabilmente non avrebbe scoperto cose diverse da quelle già note). Sulla mossa a sorpresa di Flake c’entra quell’ascensore: lì il senatore ha incontrato due donne (Ana Maria Archiate e Maria Gallagher) che in passato hanno subito molestie, e la sua idea politica (votare il giudice conservatore) è stata schiacciata definitivamente dal peso della responsabilità.

La conferma di Kavanaugh “dice a tutte le donne di rimanere in silenzio, perché se parlano verranno ignorate”: “Non smetta di guardarmi”, diceva Gallagher a Flake che ascoltava turbato a testa bassa: “Mi guardi e mi dica in faccia che quello che mi è successo non ha importanza”. Siamo ai tempi del #MeToo, non si possono ignorare certi episodi, e per questo pare che Flake abbia chiesto il delay, che ha trovato sponde tra i voti dei democratici — ovviamente contrari a Kavanaugh, con le ragioni politiche che hanno trovato sfogo sulla vicenda personale.

È una storia eccezionale, tutta, su cui c’è un’attenzione straordinaria dei media e dell’opinione pubblica americana, che ha mosso coscienze e scatenato reazioni (il numero verde per le vittime di molestie sessuali negli Usa ha visto negli ultimi giorni crescere le telefonate del 201%) e un estratto del discorso con cui Flake — successivamente  pressato per ore dai suoi colleghi repubblicani — ha annunciato la richiesta di rinvio al chairman della commissione, il collega repubblicano Chuck Grassley, è assolutamente descrittivo di come stanno le cose: “Dobbiamo fare tutto il possibile per essere sicuri di compiere il nostro dovere con una nomina così importante. Il paese è lacerato”. E il presidente non ha potuto tirarsi indietro. Trump sembra sia rimasto molto turbato dall’audizione di Ford (e forse c’entra anche il fatto che la più influente delle sue figlie, Ivanka, molto in vista nell’ambito di certi argomenti, potrebbe aver mosso qualche sensibilità in più).

Dopo aver detto che le parole di Ford, “una donna eccellente” erano “credibili” e “molto convincenti”, Trump ha annunciato di aver “ordinato all’Fbi di condurre un’indagine supplementare per aggiornare il fasciciolo sul giudice Kavanaugh. Come richiesto dal senato, questo aggiornamento deve essere limitato nel suo obiettivo e completato in meno di una settimana”, perché — ha detto — “i senatori “devono fare quello che ritengono giusto. Devono sentirsi a proprio agio con la loro coscienza”, e che “qualsiasi cosa loro ritengano necessaria è ok”.

Attenzione: Trump s’è trovato praticamente costretto ad autorizzare l’indagine, anche per mettere un po’ d’ordine nel partito (da non dimenticare che tra circa quaranta giorni si vota per rinnovare la maggioranza dei seggi alle camere alle elezioni di midterm), però finora aveva considerato affidare il dossier all’Fbi come una scelta “inutile” e “inopportuna”. Mercoledì, in una rara conferenza stampa individuale, Trump diceva che le accuse di molestie non sono roba da Fbi, che tra l’altro il giudice era già passato sotto la lente dell’agenzia, e che i democratici avrebbero dovuto trovare altri pretesti per impedirne la conferma. Le accuse sono “una farsa”, diceva il presidente: ma il suo atteggiamento è cambiato dopo aver ascoltato Ford (l’audizione di giovedì è stata pubblica).

L’indagine dell’Fbi è già partita, anche se non è chiaro quale sarà la sua consistenza (il Bureau ha effettivamente già condotto i controlli di rito su Kavanaugh, senza trovare niente di anomalo e soprattutto senza tirar fuori certe faccende). Sarà ascoltata dai Federali anche  Deborah Ramirez, che ha raccontato al New Yorker di aver subìto violenze da Kavanaugh mentre frequentavano Yale, e forse Mark Judge, amico storico di Kavanaugh e compagno in quelle vicende. Nei prossimi giorni, invece, parlerà pubblicamente Julia  Swetnick, diventata lunedì la terza donna a denunciare abusi da parte del giudice.

In Senato, dove i repubblicani hanno una maggioranza di 51 seggi contro 49, Susan Collins del Maine e Lisa Murkowski dell’Alaska — due senatrici che non amano Trump, come Flake — non hanno ancora detto cosa voteranno, e per questo l’inchiesta dell’Fbi può avere un grosso peso: la nomina di Kavanaugh ancora non è per niente scontata. Intanto America Magazine, il potente giornale dei gesuiti americani, ha ritirato il suo supporto per la nomina di Kavanaugh dopo le testimonianze del giudice e della sua accusatrice.

 

 

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