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Ritorno ad un passato che non c’è più

Il governo del cambiamento ha introdotto una cesura nei confronti dell’atteggiamento degli ultimi anni, almeno sui conti pubblici. Lo ha fatto riportandoci indietro di 30-40 anni, ai tempi di Craxi, Forlani, Cirino Pomicino, etc. Un gran bel cambiamento, non c’è che dire…

Potrebbe anche non essere una tragedia, se nel frattempo il mondo non fosse cambiato completamente rispetto a quello di 30-40 anni fa. Se avessimo per esempio un sistema bancario che blocca le esportazioni di capitali, se il nostro debito pubblico fosse interamente in mano agli italiani (il 97% del debito era in mani italiane negli anni Ottanta), se il sistema produttivo fosse ancora in grado di sostituire le importazioni nelle produzioni (anche quelle che, all’epoca, erano considerate superflue, adesso sono assimilabili a beni di prima necessità, tipo elettrodomestici, informatica, etc).

Così come non è necessariamente un problema se viene fatta una manovra espansiva, con piena consapevolezza di quello che si sta facendo, dopo aver fatto previsioni accurate sui moltiplicatori fiscali (quale ricaduta in termini di reddito ha un’espansione fiscale) ed aver valutato tutte le alternative possibili.

Il problema è che il governo giallo-nero pare addirittura ostentare con orgoglio le contraddizioni interne, quasi che intendesse volontariamente non far capire dove sta/stiamo andando. Purtroppo, in economia, l’incertezza è un problema. Perché quando c’è incertezza, gli investitori vanno da un’altra parte, scappano. O chiedono rendimenti più alti per acquistare titoli (come quelli sul debito pubblico) che non è chiaro se e come verranno ripagati.

Una manovra in aperto contrasto con gli accordi già presi in sede europea può anche funzionare. Può anche essere portata avanti in maniera convinta se si hanno le spalle coperte da argomentazioni solide ed una strategia precisa. Che però, invece, ancora non si intravede.

Se l’idea era combattere la povertà, gli 8 miliardi stanziati (forse: lo scopriremo quando apparirà una versione definitiva del DEF) per il cosiddetto “reddito di cittadinanza” servono ad erogare 780 euro (al mese, ossia 9.360€ annui) a (8miliardi/9.360€=) 854.700 persone: briciole. Oltretutto, non tutti riceveranno 780€ al mese dallo Stato, visto che le cifre fornite da Di Maio parlano di 6 milioni di persone interessate (e infatti lo schema in alto ben illustra come non si tratti di una misura universale e incondizionata, ossia di un ‘reddito di cittadinanza’); 8 miliardi disponibili divisi per 6 milioni di persone da come risultato 1.333€ annui a testa, ossia 111 euro al mese. Può darsi che Di Maio abbia problemi a farsi due conti. Ma siamo sicuri che chi si aspettava di ricevere la cifra piena non sarà particolarmente contento di vedersene arrivare meno di un sesto.

Tralasciando le considerazioni che si potrebbero fare sull’agghiacciante “spesa etica” per decreto (oltre che le sciocchezze anticostituzionali dei destinatari solo italiani residenti da almeno 10 anni; o quelle ancora più ridicole degli acquisti da effettuare solo in negozi italiani, che vendono solo prodotti italiani, naturalmente però dotati di sofisticate apparecchiature elettroniche per la tracciabilità), è ragionevole aspettarsi che chi riceverà questa integrazione la spenda interamente. Ma questa spesa genera reddito in Italia?

Tutto quello che acquistiamo, dai limoni (spagnoli) alle arance (israeliane), dai mobili (svedesi) agli elettrodomestici (coreani, cinesi o tedeschi), dai prodotti alimentari (Svizzera) a quelli informatici (ancora Cina, Corea, Stati Uniti) accresce le importazioni, non la domanda interna: va cioè a finire all’estero, non in Italia. L’Italia non produce più nulla di ciò che viene venduto nella grande distribuzione. Persino tutto il made in Italy più pregiato è finito o sta finendo nelle mani di proprietari stranieri (Versace è solo l’ultimo esempio di una lunga fila). Basta che ci fermiamo un attimo a riflettere sulla provenienza della maggior parte dei prodotti che circondano la nostra vita quotidiana.

Quindi tranquilli: il resto d’Europa e del mondo, a parte qualche scaramuccia di facciata e qualche procedura d’infrazione per non perdere la faccia, sarà ben contento di una manovra espansiva in Italia… visto che va ad alimentare quasi interamente la domanda di prodotti esteri! Davvero geniale!

Il sospetto però è che, tanto per cambiare, tutto questo non interessi affatto al duo Salvini – Di Maio; basta che gl’italiani continuino a dargli il voto. E probabilmente hanno ragione; perché, purtroppo, a parte starsene rintanati in casa il giorno delle prossime elezioni, ad oggi non sembrano avere alternative credibili.


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