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Conte a Mosca. Ecco perché la pazienza degli alleati ha un limite

governo, Conte

A tirar troppo la corda si rischia di spezzarla. La sicurezza con cui il governo Conte ostenta un ottimo rapporto con l’amministrazione Trump ha certo un suo fondamento. C’è la simpatia personale fra i due capi di governo. C’è una certa empatia del Tycoon con i movimenti anti-establishment e la loro sfida lanciata in direzione Bruxelles. Ci sono settant’anni di rapporti privilegiati con l’alleato atlantico che prescindono dal colore dell’esecutivo. Sono basi solide, che tuttavia possono essere messe in discussione da un’eccessiva, spericolata torsione del governo italiano verso Oriente. In direzione Mosca, ovviamente.

Lì è atteso in queste ore Giuseppe Conte. Per un faccia a faccia con il primo ministro Dmitry Medvedev, antipasto del vero piatto forte, il primo incontro con il presidente russo Vladimir Putin. Tanti i dossier sul tavolo. La conferenza internazionale sulla Libia convocata da Conte a Palermo per il 13 novembre. Un’alta presenza istituzionale americana e russa, magari con la partecipazione degli stessi Trump e Putin, è ingrediente chiave per la buona riuscita dell’evento. Poi c’è l’economia: non solo gas e accordi commerciali, ma anche la possibile richiesta, ad oggi rimasta senza risposta, come ha ammesso il ministro agli Affari Europei Paolo Savona, di un acquisto di Btp. Come scrive Ilario Lombardo su La Stampa, sarebbero in molti fra i colonnelli leghisti a chiedere a Conte di valutare al Cremlino un piano B per il debito italiano, tanto più dopo la bocciatura ufficiale della Commissione del Def gialloverde. Un piano difficile però da conciliare con l’impegno, sancito nel bilaterale di luglio a Washington, del presidente Trump di aumentare gli investimenti in Italia. Il rischio è che a forza di corteggiare l’una e l’altra sponda il governo italiano non convinca nessuno.

Infine la guerra in Donbass e le sanzioni europee. Non è un mistero la posizione di Palazzo Chigi, ribadita in un ping-pong di dichiarazioni più o meno esplicite con il Viminale e la Farnesina. Da ultimo il ministro degli Esteri Enzo Moavero ha ribadito al Centro Studi Americani che l’Italia richiede sì a Mosca il rispetto del diritto internazionale, ma chiederà altresì a Bruxelles di allentare la morsa delle sanzioni sul mondo della società civile russa. Un’apertura cui l’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia Lewis Eisenberg ha risposto con un cortese ma netto dissenso: “Siamo d’accordo con l’Italia, abbiamo bisogno di dialogo e diplomazia con la Russia, ma c’è bisogno anche delle sanzioni, l’unico mezzo diplomatico che può dissuadere la Russia da future invasioni, le parole non sono abbastanza”. C’è poco spazio per le interpretazioni. Il monito di Eisenberg smentisce in parte la tesi secondo cui Conte sarebbe in viaggio alla volta di Mosca in veste non ufficiale di “ambasciatore”, o mediatore, di Donald Trump. Anche perché in questi giorni a Mosca un ambasciatore di Trump già c’è. È John Bolton, il suo consigliere per la Sicurezza Nazionale, che al Cremlino ha avuto già un faccia a faccia con l’omologo Nikolai Patrushev e con il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov. Oggi è atteso da Vladimir Putin. Il freddo che ha accolto il “falco” della Casa Bianca ha poco a che fare con il gelido autunno russo. È dovuto piuttosto alla recente decisione di Trump (e, pare, dello stesso Bolton) di tirar fuori gli Stati Uniti dal trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) che dal 1987, firmato all’epoca da Ronald Reagan e Michail Gorbačëv, teneva a bada la proliferazione missilistica nel Vecchio Continente.

Di questo dovrà tener conto il presidente Conte nella sua trasferta a Mosca, che si profila meno semplice di quanto il governo voglia far sembrare. “Patti chiari, amicizie lunghe” – commenta ai microfoni di Formiche.net Stefano Stefanini, già ambasciatore dell’Italia alla Nato e consigliere diplomatico del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – “È importante che l’Italia continui a dialogare con la Russia, ma il presidente del Consiglio deve stare attento a non fare promesse, come la rimozione delle sanzioni, che poi non può mantenere. Anche perché i russi col tempo si stancano di avere rassicurazioni verbali dietro cui non c’è nulla di concreto”. Bene il confronto, ma attenzione a non spostare il baricentro della politica estera italiana, ammonisce il consigliere scientifico di Ispi: “I nostri alleati europei e atlantici rimangono la base delle nostre relazioni internazionali, con loro abbiamo preso degli impegni. La Russia è un partner importante, ma l’idea che possa sostituire gli Stati Uniti, la Germania o il Regno Unito è semplicemente risibile”. Non è tutto. Conte ha l’occasione di mettere alle strette Putin, aggiunge il diplomatico: “Ci sarebbe anche da augurarsi che il presidente del Consiglio faccia presente al presidente Putin che abbiamo dei problemi con alcuni comportamenti della Russia, dall’attentato a Skripal a Salisbury al dispiegamento di missili con possibili testate nucleari a Kaliningrad. Ma forse è chiedere troppo”.



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